Potrebbe sembrare uno dei tanti documentari musicali, ma è molto di più; i film sono di epoca, natura e provenienza diverse, ognuno con i suoi meriti.
Cape Fear (J. Lee
Thompson, 1962, USA)
Non vi lasciate ingannare … il titolo è lo stesso ma quello che probabilmente conoscete è il remake di questo film, diretto da Scorsese nel 1991, con protagonisti Robert DeNiro e Nick Nolte. Questa originale e prima trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo è nettamente superiore, soprattutto per le interpretazioni di Robert Mitchum e Gregory Peck. Buona la regia del poco noto J. Lee Thompson (che l’anno prima aveva diretto un altro film di successo: I cannoni di Navarone) e ottime fotografia e scenografia. Recuperatelo e, anche se probabilmente già conoscete la trama, sono certo che resterete soddisfatti.
Triana pura y pura (Ricardo
Pachón, 2013, Spa)
Come scritto in apertura, pur contando sulla musica che sul parlato, in questo documentario c’è tanta storia, assolutamente sconosciuta ai più, forse anche a molti appassionati di flamenco. Ci istruisce in merito alla espulsione dei gitani del quartiere di Triana (dall'altro lato del Guadalquivir, il fiume di Siviglia, rispetto al centro della città) nel quale erano installati fin dalla seconda metà del ‘400. Nel barrio convivevano gitani di vari ceppi (balcanici, centroeuropei, asiatici) e regolarmente si riunivano nei patios de corrales per cantare, ballare e divertirsi. A seguito di questa cacciata alla fine degli anni ’50 si dispersero, si adattarono a vivere in alloggi di fortuna e scomparirono le allegre riunioni finché, nel 1983, alcuni volenterosi convinsero tutti i più popolari cantaores, bailaores e tocadores (benché ormai anziani) a riunirsi per un grande spettacolo collettivo e spontaneo nel gran teatro Lope de Vega a Siviglia.
Si realizzò così
una festa irripetibile nella quale si esibirono personaggi famosi dell’ambiente
gitano come El Titi, Farruco e Pepa la Calzona
(ottuagenaria e cieca, eppure ballava … la potete vedere verso la fine del trailer). Fra interviste e riprese originali di
quello spettacolo anche chi non conosce niente di quel mondo potrà almeno farsi
un’idea dello spirito con il quale quegli artisti si riunivano e si divertivano
senza bisogno di scenografie, costumi eccetera. Consigliato.
Milou en mai (Louis Malle, 1990, Fra)
“Classico” film francese dell’epoca, descrittivo dei rapporti di una famiglia alle prese con una morte (e un’eredità) in una grande magione di campagna. Man mano che giungono parenti e affini per il funerale le cose si complicano e vengono alla luce vecchie ruggini, gelosie e rapporti non proprio idilliaci fra la dozzina di probabili eredi. Come prevedibile, il mattatore è Michel Piccoli, il Milou del titolo, anziano fratello della defunta. Con il suo fare spontaneo e ingenuo nonché parecchio svagato, in un modo o nell'altro riesce a tenere testa a parenti e avvoltoi interessati ad accaparrarsi parte dell’eredità. Film praticamente corale con tanti caratteri diversi che si scontrano, mentre dalla radio o dai nuovi arrivati si seguono le notizie che giungono da Parigi in merito al maggio del ’68, con timori crescenti della famiglia benestante in questione. Film che ben ritrae un certo tipo di ambiente borghese, con tutte le sue fisime e preoccupazioni, particolarmente sentite in quel periodo “rivoluzionario” che ha lasciato il segno in tutta Europa.
Thank You for Smoking (Jason
Reitman, 2005, USA)
Film indipendente basato su una arguta satira politico-sociale che vede al centro del tema i danni causati dal tabacco, ma il discorso (sempre di taglio satirico) si allarga ai cosiddetti seminatori di morte: i lobbisti non solo del tabacco, ma anche dell'alcol e delle armi negli Stati Uniti. Per quanto possano essere chiaramente ironiche e al limite del surreale, le argomentazioni del protagonista (portavoce ufficiale della lobby del tabacco) sono basate su una logica perversa e dialetticamente ineccepibili. Cala un poco nel gli ultimi 20 minuti con una quasi presa di coscienza del protagonista e con il perfezionamento dei rapporti con suo figlio che per lo più vive con la madre separata. Buono il cast nel quale, fra tanti attori non troppo noti, in parti secondarie appaiono anche i premi Oscar Robert Duvall e J.K. Simmons. Arguto e divertente, non adatto ai fanatici del politically correct.
The Man from Snowy River (George
Miller, 1982, Aus)
Uno dei numerosi,
ma per lo più sconosciuti in Europa, western australiani. Badate, non sono veri
western girati in Australia (similmente a quelli girati in Spagna o Italia all’epoca
degli spaghetti western) ma storie simili a quelle dei western con poche
pistole, nessun nativo, ma tanti cavalli e bestiame di allevamento. Bella la fotografia
e spettacolari gli scenari, ma le riprese risultano un po' ripetitive e la
sceneggiatura tende al melodrammatico, scadendo ancora di più nella parte
romantica. Buone le interpretazioni del cast quasi tutto australiano, con l’eccezione
di Kirk Douglas che interpreta un doppio ruolo di due fratelli dal carattere
completamente diverso che non si parlano da 20 anni. Guardabile (bello
visivamente) ma certamente non avvincente.
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