venerdì 26 marzo 2021

micro-recensioni 61-65: 2 spagnoli e 3 messicani di taglio “sociale”

I due spagnoli che sono connessi dalla presenza di Ana Mariscal, propongono due spaccati quasi contemporanei della Spagna franchista, molto in contrasto fra loro per essere uno ambientato nella capitale con gran parte dei protagonisti che sopravvivono in vari modi al limite della povertà e l’altro nelle società ricca e borghese legata al mondo delle feste, corride e teatri. Fra i messicani, due sono indicati come western (ma fra charros e cowboy c’è una grande differenza, non solo culturale) e si svolgono in ranchos, l’altro è un’arguta satira della moderna società metropolitana.

 

Segundo López, aventurero urbano (Ana Mariscal, 1953, Spa)

Scoperto grazie alle segnalazioni della Filmoteca Española, si tratta del primo film diretto da una donna in epoca franchista. Ana Mariscal, attrice ben nota nel decennio precedente, subito dopo la fine della guerra civile, dovette comunque superare tanti ostacoli e fondare una sua casa di produzione per portare a termine il progetto. In questo film realista ha solo un ruolo da co-protagonista in quanto i due veri protagonisti sono un uomo di mezza età che per la prima volta si trova in una grande città (Madrid) e la sua “guida”, un giovane orfano che vive per strada. La sceneggiatura diede un certo fastidio al regime e dovette essere “limata” in più punti in quanto non mostrava il livello di vita pubblicizzato da Franco. Proprio per questo taglio fuori dalla norma rende il film interessante, per il suo aspetto sociale.

Patio andaluz (Jorge Griñán, 1958, Spa)

Vista la sua prima regia, ho scorso la filmografia di Ana Mariscal e ho trovato questo film che mi attirava anche per il titolo e per il poster che mostrava ciò che era lecito aspettarsi: musica, ballo e corrida. Guardando i due film a breve distanza, fin dalle prime scene risalta il linguaggio e l’accento ben differenti, segue l’ambiente. I protagonisti sono un torero/cantante e ill suo fedele assistente, una cantante di coplas, una bailaora di flamenco, un nobile. Intrecci, gelosie, corteggiamenti e bugie si susseguono a buon ritmo e con vari cambi di situazione. Nell’essenza si tratta di una buona commedia romantico-musicale, con interessanti scenografie e costumi.

  

Dos gallos de pelea (Raúl de Anda, 1953, Mex)

Vero cineasta prolifico e poliedrico, Raúl de Anda nell’arco di una cinquantina di anni produsse 127 film, ne sceneggiò 105, ne diresse 40 e fu attore in 33. Attraversò tutto il periodo della Epoca de Oro, fra commedie popolari drammatiche, musicali e di charros (come questa) ma anche film di più che buon livello (p.e. produsse Rio Escondido, diretto da Emilio Fernández el Indio e interpretato da Maria Felix). In questa commedia ranchera/musicale due cugini terribili, veri charros possidenti, pur essendo buoni amici continuano ad affrontarsi e farsi dispetti anche molto pesanti che causano scalpore, mettono in grande difficoltà il loro padrino (presidente municipal) e a repentaglio la vita di entrambi. Classica commedia ranchera popolare, con canzoni, balli, musica, cavalli e pistolettate, con gli inevitabili intermezzi romantici.

Ay Chabela ...! (Juan José Ortega, 1961, Mex)

Altra storia emblematica di rivalità fra charros, ma stavolta è più seria essendo questione di famiglie e proprietà che coinvolgono non solo i giovani (fin da quando erano piccoli) ma anche i genitori, rancheros di morale ed ideali molto diversi. La rivalità fra i figli continua anche quando questi sono avviati giovanotti e (ovviamente) corteggiano le stesse ragazze. Oggettivamente, non è un granché, con sceneggiatura scontata e cast mediocre. Interessante solo l’inserimento nella storia del mito americano e i conseguenti contrasti culturali, che provocano accese discussioni in seno alla famiglia.

Los mediocres (Servando González, 1965, Mex)

Continuando a cercare i film del sempre sorprendente Servando González, ho trovato questo film a episodi, 5 storie con i protagonisti paragonati ad altrettanti animali: tacchino, rospo, scorpione, vipera e scarafaggi. Episodi “morali” e di aspra critica sociale, di genere e ambienti sociali e lavorativi molto diversi e durata varia dai pochi minuti a oltre mezz’ora. Interessante come sempre lo stile narrativo di Servando González.

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