martedì 9 marzo 2021

micro-recensioni 56-60: cinquina con 3 a tema razzismo e 3 Mankiewicz

È vero che 3 + 3 non fa 5, ma No Way Out diretto da Mankiewicz rientra in entrambe le categorie. Partito con il filone razzismo nei film americani dell’immediato dopoguerra, ho completato la cinquina con il primo e l’ultimo film Mankiewicz; tutti film mai sentiti nominare, ma mediamente di livello più che buono.

 

Sleuth (Joseph L. Mankiewicz, 1972, UK/USA)

L’ultimo film di Mankiewicz è la versione cinematografica di una argutissima commedia drammatica teatrale che conta sull’ottimo copione di Anthony Shaffer e solo due attori, ma che attori! Si tratta di due icone del teatro e cinema inglese: Laurence Olivier e Michael Caine, entrambi vincitori di Oscar (per questo film ottennero “solo” la Nomination come protagonisti). Un famoso scrittore di romanzi polizieschi, appassionato di giochi, invita l’amante di sua moglie nella sua magione in campagna per discutere della possibile rinuncia alla donna. Fra i due ha subito inizio un gioco, a tratti molto pericoloso, che si sviluppa fra complicità in un possibile reato, minacce di morte, indovinelli, tentativi di incastrare l’opponente, bugie e aggressioni, con frequenti cambi di posizione predominante. Ottima la regia che riesce a non essere statica pur avendo solo due personaggi per oltre due ore in uno stesso edificio. Singolari i tanti automi (molti dei quali musicali) collezionati dallo scrittore, in più occasioni tutti in movimento contemporaneamente. Consigliatissimo!

No Way Out (Joseph L. Mankiewicz, 1950, USA)

Anche in questo film Mankiewicz (Nomination Oscar per essere co-sceneggiatore) conta su due ottimi attori che si confrontano e si affrontano: Sindney Poitier e Richard Widmark. Il secondo interpreta un piccolo malfattore, violento e quasi psicopatico, apertamente razzista, spesso con le stesse espressioni da folle viste pochi giorni fa in Kiss of Death (1947), al suo esordio. L’altro sarà oggetto delle sue fissazioni omicide, pur essendo un medico armato dei migliori sentimenti ed ideali. Singolare noir che merita una visione, per la regia, per la sceneggiatura e per le interpretazioni. Non credo che il ridicolo titolo italiano abbia giovato al film: Uomo bianco tu vivrai! (da più l’idea di un western dalla parte dei nativi).

  

Storm Warning (Stuart Heisler, 1951, USA)

Qui si trovano invece due protagoniste, star dell’epoca, che tuttavia non ci si aspetta di vederle insieme in un film in cui interpretano due sorelle: Ginger Rogers e Doris Day. C’è anche un altro interprete dal nome molto conosciuto, ma non come attore (veramente pessimo) bensì per essere poi diventato Presidente USA: Ronald Reagan. Una sorella, di passaggio nella piccola cittadina nella quale vive l’altra, è testimone oculare di un’esecuzione da parte del Ku Klux Klan e fra i partecipanti riconosce il cognato. Parlerà per senso di giustizia, tacerà per non rovinare la sorella o per pura paura delle poco velate minacce del KKK? Buono quasi tutto il film con la tensione che monta continuamente, ma il finale mi è sembrato molto all’acqua di rose e sostanzialmente poco credibile.

Intruder in the Dust (Clarence Brown, 1949, USA)

Altro film a tema razzista nel quale un afroamericano (ora si dice così, ma nel film si usano altri appellativi) viene accusato di un omicidio che chiaramente non ha commesso. Ambientato in Mississippi negli anni ’40, mostra come in tanti altri casi la facilità con la quale la gente viene manipolata, specialmente se soffre di preconcetti razzisti. Anche questo mi è sembrato un po’ edulcorato e quasi un film “morale” per teenagers visto che un ragazzo (bianco) è quello che dovrà contribuire a discolpare “l’incastrato”, avvalendosi dell’aiuto dello zio avvocato e di una simpatica e intraprendente anziana signora. Il titolo italiano (ridicolo come al solito è Nella polvere del profondo Sud).

Dragonwyck (Joseph L. Mankiewicz, 1946, USA)

Dopo decine di collaborazioni alle sceneggiature a partire dal 1929 (per lo più uncredited), nel 1947 Mankiewicz diresse il primo dei suoi 20 film, per i quali ottenne 4 Oscar. L’inusuale ambientazione ci porta alla metà dell’800, nei territori dove sopravvivevano (molto bene) i patroons, latifondisti che godevano ancora dei privilegi stabiliti negli anni in cui parte degli stati di New York e New Jersey erano colonia olandese (New Netherland). Nel ruolo del patroon si apprezza Vincent Price che a mio parere, nel diventare icona horror, è da molti ancora considerato come caratterista. In questo film ritrova Gene Tierney con la quale aveva lavorato due anni prima nell’ottimo noir Laura diretto da Otto Preminger.

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