mercoledì 4 settembre 2019

55° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (271-275)

Torno alle cinquine eterogenee ... infatti, insieme con l’ultimo tedesco dell’epoca d’oro recuperato, ci sono un film drammatico giapponese, uno romantico francese e due inglesi di taglio molto diverso: una commedia e uno storico.
  
   


274  A Man for All Seasons  (Fred Zinneman, UK, 1966) tit. it. “Un uomo per tutte le stagioni” * con Paul Scofield, Robert Shaw, Orson Welles, Wendy Hiller * IMDb  7,7  RT 82%  *  6 Oscar  (miglior film, regia, Paul Scofield protagonista, sceneggiatura, fotografia, costumi) e 2 Nomination (Robert Shaw, e Wendy Hiller non protagonisti)
Film storico basato su un evento fondamentale per la storia, non solo inglese ma mondiale, tuttavia poco approfondito al di fuori del Regno Unito. Si tratta infatti degli ultimi giorni di vita di Thomas More (italianizzato Tommaso Moro, 1478-1535) politico e letterato, ma soprattutto fervente cattolico che per le sue convinzioni fu decapitato. Il tentativo di Enrico VIII di far annullare il suo matrimonio con Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena condusse alla dichiarazione di supremazia del re sulla Chiesa d’Inghilterra, alla conseguente rottura con il papato e quindi alle decapitazioni dei personaggi pubblici che non accettarono questo divisione (fra i quali More). Da ciò consegue che i dialoghi sono di stampo politico, filosofico e religioso, i riferimenti alla storia dell’epoca (in particolare ai rapporti di potere con Spagna e papato) sono numerosi e quindi a chi non ci si raccapezza il film apparirà pesante. Tuttavia, non si potrà fare a meno di apprezzare scenografie e costumi nonché le ottime interpretazioni di Paul Scofield, Robert Shaw, Wendy Hiller e anche quella di Orson Welles, seppur limitata alla scena iniziale ... è comunque un pezzo d’arte.
Due parole le merita senz’altro il regista Fred Zinneman (Da qui all’eternità, Mezzogiorno di fuoco, ...), vincitore di 4 Oscar, che svolge un eccellente lavoro nel mettere insieme una sceneggiatura sostanzialmente difficile e potenzialmente poco cinematografica. Di lui ho sempre apprezzato la versatilità a cominciare dal suo film di esordio Redes (1936, Mex, co-diretto con Emilio Gómez Muriel) del quale conservo un ottimo ricordo.

273  Hobson's Choice  (David Lean, UK, 1954) tit. it. “Hobson il tiranno” * con Charles Laughton, John Mills, Brenda de Banzie * IMDb  7,7  RT 90%  *  Orso d’Argento per David Lean a Berlino
Non è certo il David Lean dei grandi film di fine carriera (Il ponte sul fiume Kwai, Lawrence d’Arabia, Doctor Zivago, ...), ma si era già fatto apprezzare soprattutto per Brief Encounter (1945) e Great Expectations (1946), dei quali era anche sceneggiatore e per i quali ottenne le sue prime 4 Nomination Oscar (2 per le regie e 2 per le sceneggiature), quando si cimentò con questa commedia in puro stile inglese, ambientata in una relativamente opulenta cittadina britannica a fine ‘800.
Al limite della farsa, questa commedia vede protagonista un vedovo despota (il titolo italiano, pur non essendo traduzione letterale dell’originale, è più che giustificato) padrone assoluto del suo negozio-laboratorio di calzature e alle prese con tre figlie che aspirerebbero a maritarsi con chi dicono loro e non secondo le scelte del padre. Oltre Charles Laughton nelle vesti del padre padrone, bravo come al solito, qui un po’ sopra le righe ma è il personaggio che lo richiede, anche tutto il resto del cast è convincente nell’interpretare non solo i coprotagonisti (figlie e fidanzati) ma anche gli amici di bisboccia di Hobson e gli altri personaggi minori.
Divertente e ben realizzato, porta lo spettatore in un ambiente piccolo borghese, in una bottega artigiana di ottimi livello e reputazione con residenza annessa, nel pub dove si beve a più non posso, nella vita quotidiana inglese in piena epoca vittoriana e nelle sue tradizioni.
Ottimo per svagarsi un paio d’ore scarse.

      

271  Ragazze  in uniforme (Leontine Sagan, Ger, 1931) tit. or. “Mädchen in Uniform” * con Dorothea Wieck, Hertha Thiele, Emilia Unda * IMDb  7,7  RT 100%
Film rigoroso che si svolge tutto all’interno di un collegio femminile (dalle regole molto rigide) che inevitabilmente mi ha riportato alla mente quello mostrato in Diario di una donna perduta (1929, di G. W. Pabst) guardato la settimana scorsa. Evidentemente dovevano essere situazioni comuni per le ragazze della media borghesia e oltre, specialmente per quelle un po’ ribelli per le quali diventava una specie di riformatorio.
In questo caso la storia quasi osé per le venerazione della protagonista nei confronti di una istitutrice, fa passare in secondo piano i rapporti fra il dispotico staff e le “recluse”.
Si tratta del primo dei soli 3 film diretti dalla Sagan, già attrice e regista teatrale, certamente il suo più famoso soprattutto per lo scalpore suscitato dal cast completamente femminile e il tema chiaramente lesbico, seppur non del tutto esplicitato.
Interessante e ben realizzato.

272  Older Brother Younger Sister   (Mikio Naruse, Jap, 1953) tit. or. “Ani imôto” * con Machiko Kyô, Masayuki Mori, Yoshiko Kuga * IMDb  7,4 
Film  basato sull’omonimo noto racconto di Saisei Murō già adattato per il grande schermo nel 1936 (regia di Sotoji Kimura) e successivamente riproposto da Tadashi Imai nel 1976, sempre con lo stesso titolo. Pur non essendo famoso come altri registi giapponesi suoi contemporanei, Naruse sfoggia come suo solito un più che apprezzabile stile personale alternando interni a campi lunghi esterni e ponendo sempre la massima attenzione alla composizione dell’immagine.
In sostanza, una classico dramma familiare giapponese, molto ben interpretato e costruito, forte della solida base fornita dai protagonisti tutti molto diversi e spesso in contrasto fra di loro: genitori, un figlio, due figlie (una delle quali “sedotta e abbandonata”), il presunto seduttore, un pretendente. Tutto si svolge in un piccolo villaggio rurale, la grande città (Tokio) si nomina più volte ma non viene mai mostrata, pur avendo un suo ruolo nella storia.
Da guardare.

275  Un coeur en hiver (Claude Sautet, Fra, 1992) tit. it. “Un cuore in inverno” * con Daniel Auteuil, Emmanuelle Béart, André Dussollier  * IMDb  7,7  RT 85% 
Se Ani imôto è tipicamente giapponese, questo film di Sautet è inconfondibilmente francese. Una storia intricata e ben narrata, ma sostanzialmente con pochi avvenimenti. Una buona analisi dei vertici di un improbabile triangolo impossibile, personaggi tenuti insieme dal violino. Infatti, è proprio questo strumento che lega la violinista di classe, il suo fidanzato commerciante di liuti, il socio di quest’ultimo costruttore/accordatore dei preziosi strumenti. Ovviamente, tutta la colonna sonora è costituita da eccellenti pezzi per violino e trio (con violoncello e piano) eseguita durante prove, registrazioni, concerti. Seppur con buona scenografia e buone interpretazioni, la regia non si fa notare per alcunché e la sceneggiatura è un po’ debole.
Tutto sommato è un film più che sufficiente, ma non coinvolge, né convince del tutto.
  
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

2 commenti:

  1. Un cuore in inverno. Concordo, elegantemente francese. Mi piacque per la musica , ben scelta e ben eseguita. È un film sentimentale, non mi stupisco che non abbia catturato la tua attenzione più di tanto. "Non si fa notare per alcunchè" è un giudizio troppo severo. Non è così debole la sceneggiatura. La regia non è niente di che. Ma gli attori riempiono lo schermo e recitano davvero bene, molto bene. Auteuil eccellente.

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    1. "Non si fa notare per alcunché" è riferito alla regia e tu, subito dopo confermi "La regia non è niente di che" ...
      Il contendere è quindi solo sulla sceneggiatura.
      Grazie comunque per il commento; probabilmente ci saranno giudizi più severi in merito ai quali si potrà discutere nella prossima cinquina.

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