In
autoferro da Ibarra a San Lorenzo (Ecuador), gennaio 1980
Altra
avventura irripetibile, non perché eccezionale o unica, ma per il semplice
fatto che non esiste più la possibilità di viverla di nuovo, per nessuno. Infatti,
il viaggio su rotaia fra Ibarra e San Lorenzo non è più replicabile ormai
già da alcuni anni ed il breve tratto sopravvissuto alla inarrestabile, seppur
giustissima modernizzazione, è diventato una mera e costosa attrazione
turistica. L'antica linea era famosa fra i viaggiatori più avventurosi per
essere percorsa da un particolarissimo mezzo di trasporto (l'autoferro)
lungo un tracciato spettacolare immerso nella vegetazione, senza alcuna
stazione intermedia (anche se qualche sosta in aperta campagna era effettuata,
a richiesta) dalle Ande alla costa
dell'Oceano Pacifico.
Gli
autoferro,
utilizzati anche su altre linee ecuadoriane, erano in effetti dei piccoli bus
(20-30 posti, nel senso di sedili) i cui “normali” cerchi e copertoni erano
stati sostituiti da ruote metalliche che lo mantenevano (ma non sempre) sui
binari di tipo ferroviario della linea a scartamento ridotto. Il motore non
veniva sostituito e quindi in salita, a seconda della pendenza, il conducente
doveva cambiare più volte marcia. Il numero di posti indicati pocanzi era
assolutamente indicativo in quanto si sistemavano almeno tre passeggeri per
ogni coppia di sedili, poi c’erano gli strapuntini improvvisati, gente in
piedi, altri sul tetto e i pochi spazi rimasti venivano riempiti con ogni
genere di bagaglio o mercanzia, inclusi maialini e galline.
"Moderno" autoferro in servizio fino a pochi anni fa.
Nel 1980
il suo "antenato" era più piccolo e più affollato.
Ibarra (situata a circa 2.400m
s.l.m. lungo la strada Panamericana)
in effetti non era molto interessante, né grande, ma gravitava nell'orbita di Otavalo (25 km a SW) che vantava il più
importante mercato del nord dell’Ecuador.
San Lorenzo, al contrario, era un
piccolo villaggio praticamente unico nel suo genere, per vari motivi molto
diversi fra loro che vi riassumo concisamente:
- La quasi totalità degli edifici erano costruiti in legno, come le cittadine dei pionieri del Far West.
- Se esisteva una rete elettrica era minima ... io non me ne ricordo.
- Era quasi completamente circondata da acqua salmastra dalla quale emergevano boschi di mangrovie.
- Essendo il villaggio costiero più settentrionale dell'Ecuador, a meno di 20 km dal confine con la Colombia, il dedalo di canali fra le mangrovie era molto frequentato da veloci canoe contrabbandieri.
- La popolazione era a maggioranza di discendenza africana (ex schiavi di colore).
- Non esisteva alcuna strada di accesso diretto. Per raggiungere San Lorenzo, da Esmeraldas si raggiungeva La Tola (fine della strada ... sterrata) in un "bus" simile a quello della foto in basso e di lì si proseguiva in lancia per Limones (alias Valdéz), una decina di facili km abbastanza diretti, e quindi almeno un'altra ventina in un labirinto di mangrovie. All'epoca, l'unica alternativa era quella di scendere da Ibarra con l'unico autoferro giornaliero (poco affidabile), ma ora esiste una rotabile.
Se pensate che l’ambiente, le aspettative e le sorprese non rendessero il viaggio
abbastanza eccitante, aggiungete il modo di viaggiare in Ecuador all’epoca, in particolare al di fuori delle linee
principali, piacevole e divertente per i viaggiatori rilassati, estremamente
stressante per europei e nordamericani, quasi normale per un napoletano come me.
L’orario ufficiale di partenza e il posto numerato attribuito erano scritti sul
biglietto, ma mai rispettati. Nel mio caso il conducente arrivò in ritardo,
andò a fare colazione, poi a farsi radere ed infine, dopo qualche chiacchiera
con il personale della stazione, salì a bordo e partimmo. Solo due olandesi (unici
altri stranieri oltre me) si lamentarono un poco, ma non più di tanto essendo
già da un po’ in giro in Sudamerica e quindi conoscendo l’andazzo. C’erano
solo due vetture sulla linea Ibarra
- San Lorenzo che percorrevano la
tratta una sola volta al giorno. La linea era a binario unico e quindi il primo
autoferro
che arrivava all’unico punto di scambio (una ventina di metri a doppio binario)
si doveva fermare e aspettare che giungesse l’altro ... se arrivava. Io fui
relativamente fortunato in quanto, pur arrivando prima, l’attesa fu di neanche
mezz’ora durante la quale scesero tutti per sgranchirsi le gambe e sperare di
udire il rumore di un motore. Il problema grosso, non raro, sorgeva in caso di blocco
di uno dei due prima di giungere all’appuntamento in quanto, di conseguenza, l’altro
non sarebbe potuto giungere a destinazione fin quando non si fosse liberata la
linea.
Ho trovato questa foto di Limones, non so di che anno.
San Lorenzo si presentava in modo simile ... con meno tecnologia (35 anni fa)
Giunti
a San Lorenzo, la vettura veniva parcheggiata su una
piattaforma girevole di diametro poco superiore alla distanza fra gli assi. I passeggeri
venivano quindi invitati a “ruotare” l’autoferro spingendone la parti sporgenti
e posizionandolo in modo che fosse pronto a ripartire il mattino dopo.
Il
conducente svolgeva anche servizio di consegna posta. Giunti in prossimità di qualche finca isolata cominciava a suonare furiosamente, rallentava un poco e, appena compariva
qualcuno, lanciava la lettera o il piccolo pacco dal finestrino senza fermarsi.
Spero
di aver fornito almeno una seppur vaga idea del mio indimenticabile viaggio di oltre 8 ore per
coprire i circa 170 km fra Ibarra e San
Lorenzo.
Dimenticavo
... l’autoferro sul quale viaggiavo non deragliò (pare che fosse incidente
molto frequente), ma nell’unico tratto in leggera salita il motore si spense e
ovviamente la batteria era a terra!
Il conducente quindi invitò “Todos los hombres a empujar! ” (Tutti gli uomini a spingere!) ... e ora sapete che a chi mi pone l’insolita domanda del titolo posso rispondere: “Io sì!”
Il conducente quindi invitò “Todos los hombres a empujar! ” (Tutti gli uomini a spingere!) ... e ora sapete che a chi mi pone l’insolita domanda del titolo posso rispondere: “Io sì!”
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