lunedì 5 giugno 2023

La sindrome dell’eterno viaggiatore (rilancio post)

Iniziai a scrivere qui quasi 10 anni fa (13 agosto 2013), con un classico Benvenuti nel mio blog e motivai la scelta del nome con la doppia possibile interpretazione di erranti, che si può riferire sia a " chi ha una animo da girovago, errabondo", sia a chi forse "sbaglia, devia dal vero, si inganna …" entrambi, con una certa ironia, calzanti a pennello. Elencai svariati temi che avrei potuto trattare saltando con disinvoltura da un argomento all'altro spinto dalla mia predisposizione alla serendipity e dal mio inesauribile desiderio di conoscere e quindi trattare di tradizioni, musei, viaggi, musica, cucina, natura, curiosità e chi più ne ha più ne metta.

Scorrendo i post dei primi anni, ho notato che alcuni contenevano alcuni link a pagine, immagini o video ormai cancellati e ho pensato di riproporre quelli (a mio parere) più interessanti correggendoli, integrandoli e aggiungendo immagini di qualità migliore di quella disponibile all’epoca. Procedendo in ordine cronologico inizio quindi con la rielaborazione di un post/panegirico relativo al viaggiare, una vera e propria dipendenza per alcuni con mentalità da viaggiatori, ben diversa da quella dei semplici turisti. 

El sindrome del eterno viajero (La sindrome dell’eterno viaggiatore) è un piacevole e interessante cortometraggio del 2013 che ne illustra abbastanza chiaramente sintomi e conseguenze e ci informa che a tutt’oggi non c’è cura conosciuta ma, tranquilli, “E’ una malattia … che ti salva la vita” e, per esperienza diretta, posso certamente confermare.

Pur essendo in spagnolo con sottotitoli in inglese credo che fra l’uno e l’altro tutti potranno capire abbastanza e, anche perdendo parte del contenuto, restano le esplicative immagini che scorrono in modo molto fluido e piacevole. Vale la pena di guardarlo ... ecco qualche frase tradotta in italiano:

  • Il bello dello stare lontano da ciò che conosco è che ad ogni passo mi aspetta qualcosa di nuovo.
  • ... perdere la nozione del tempo, ogni giorno della settimana sembra lo stesso, non sapere che mese è. È incredibile, ma succede.
  • Sono qui in questo posto alieno e probabilmente non ci tornerò più. Devo assaporare ogni momento e ricordarlo per molti anni.
  • La Sindrome è la sensazione di non essere a proprio agio in nessun posto perché si vorrebbe essere da un’altra parte.
  • Abitudini diverse che al principio mi sorprendono, le stesse alle quali mi abituo in poco tempo e faccio mie.
  • La mia casa è qui, dove sono adesso. Non ho bisogno di vivere tanto tempo nello stesso posto per potermi integrare
  • Parlo di più con i miei amici stando a 10.000km di distanza che stando a due isolati

Sono in generale abbastanza d’accordo sulla descrizione della Sindrome avendo una 50ina di anni di viaggi sulle spalle e mi rendo conto che i sani (nel senso di non infetti) non ci capiscono, probabilmente non ci possono capire. Non comprendono la nostra facilità ad adattarci a ritmi, climi, culture, cibi diversi e a sentirci a casa (= dove dormirò stanotte) in qualunque parte del mondo.

Anche se talvolta torno negli stessi luoghi so che è impossibile ritrovare la stessa atmosfera (persone, luce, suoni, odori, …); non posso certo mettere a confronto le sensazioni vissute a Ciudad de México nel 1983 con quelle del 2018, o paragonare la Parigi degli anni ’70 e quella del 2012. Fra le tante affinità di pensiero con gli autori del video, mi hanno particolarmente divertito i commenti in merito all'impellenza di evitare i connazionali … come se fossero degli appestati, in particolar modo se sono turisti e non viaggiatori. Non si va a migliaia di chilometri di distanza per parlare delle stesse cose e nella propria lingua! I viaggiatori non sono quelli che mangiano pizza o pasta alla carbonara (che quasi dovunque all'estero è proposta con la panna e senza pecorino) per poi lamentarsi della scarsa qualità. Questo vale similmente per gli americani che si fiondano nei McDonalds e Starbucks, per i tedeschi che ordinano wurstel, gli inglesi con i loro sandwich e, ovunque nel mondo, a fine pasto un cappuccino!!! ignorando tutte le delizie del palato locali, fresche e ben preparate che non troveranno mai da nessuna altra parte. E anche per quanto riguarda il voler essere in un altro posto sono d’accordo, ma ci tengo a sottolineare che non è perché si è scontenti, bensì perché si pensa già alla prossima meta.

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