sabato 19 novembre 2022

Microrecensioni 321-325: ecco 5 road movie cult

Si tratta di 5 classici, quasi tutti alternativi, indipendenti e senza grandi nomi. I co-generi, e quindi i personaggi principali, sono molto diversi; nell’unico con star ci sono due evasi in fuga (a piedi), nel secondo dei fanatici di gare illegali su strada, nel terzo un ex-pilota, professionista delle consegne auto da uno stato all’altro, braccato dalla polizia, nel quarto, al contrario, il protagonista è proprio un poliziotto motociclista (che aspira a diventare detective) e infine ci sono due amici presi in ostaggio (con la loro auto) da un evaso. Oltre ad essere road movies, vari sono accomunati dalle location, strade desolate del sudovest americano, rettilinei senza fine nel deserto, piste sterrate fino alla California e anche al Messico. Due sono degli anni ’50, gli altri 3 degli inizi degli anni ’70, in pieno periodo di fermenti giovanili, comunità hippy e sulla scia del progenitore Easy Rider (1969, Dennis Hopper). Comincio con due super-cult (per i cinefili).

 
Vanishing point (Richard C. Sarafian, USA, 1971) tit. it. Punto Zero

Film che ha immortalato un’auto (la 1970 Dodge Challenger R/T 440 Magnum) e un nome, quello del protagonista: Kowalski. La macchina in questione (di serie, da portare da Denver, CO a Los Angeles, CA) era un mostro di 7.200cc, da 375 cv, 8 cilindri a V, modelli simili di tale potenza erano relativamente comuni negli USA all’epoca. Pensate che nel 1985 ho personalmente guidato una Pontiac Lemans del 1969 (6.100 cc, 330 cv) inviata da una madre di Los Angeles, CA a sua figlia che studiava a Eugene, OR (come se fosse una vecchia utilitaria!) e non persi l’occasione di percorrere la mitica Highway 101, la spettacolare strada costiera spesso a picco sul mare e con tante curve che avrete visto in centinaia di film! Il cognome Kowalski è stato utilizzato in vari altri film successivi, l’orologio e gli occhiali sono state citazioni, nel 1997 è stato prodotto un remake (scadente) con Viggo Mortensen. Oltre a Super Soul, conduttore (cieco) di una piccola radio indipendente che assiste a distanza l’ex pilota, militare e poliziotto, ci sono tanti altri personaggi incredibili che fanno brevissime apparizioni: dal catturatore di serpenti a sonagli, a comunità religiose, alla coppia gay Just Married che tenta di rapinarlo, un’affascinante autostoppista (una giovane Charlotte Rampling, scena tagliata nella prima versione), una ragazza completamente nuda su una moto Honda nel bel mezzo del deserto. Ottima la colonna sonora che mette insieme pezzi rock, country, soul e gospel. Film molto datato ma certamente rappresentativo di quell’epoca di rivoluzione giovanile, guerra in Vietnam, droga, rock, hippies, capelli lunghi, promiscuità e vestiti coloratissimi.

Two-Lane Blacktop (Monte Hellman, USA, 1971) tit. it. Strada a doppia corsia

Il titolo italiano, in questo caso, è quasi letterale in quanto blacktop si riferisce alle strade asfaltate (quindi nere) per distinguerle da quelle in cemento (grigie) comuni negli States. I protagonisti sono tre, tutti senza nome: the Pilot, the Mechanic e GTO (dal tipo di auto che guida). In effetti, per una parte del film c’è anche una autostoppista, ovviamente identificata con un vago the Girl. Warren Oates è lo sbruffone che viaggia da solo su una Pontiac GTO nuova della quale si vanta e sfida i due ragazzi che con una vecchia Chevrolet 1955 ampiamente modificata con la quale partecipano a gare legali e non dovunque si svolgano. Monte Hellman è regista semisconosciuto ai più, ma molto apprezzato fra i cineasti, è stato finanziato da Roger Corman ed ha influenzato Quentin Tarantino. In questo film, chiaramente indipendente, solo Warren Oates fu l’unico attore professionista, il pilota fu interpretato dal famoso cantautore James Taylor (100 milioni di dischi venduti) mentre per il ruolo del meccanico Dennis Wilson (batterista dei The Beach Boys) fu ingaggiato appena 6 giorni prima dell’inizio delle riprese. La prima versione montata da Monte Hellman era di 3 ore e mezza, per contratto fu obbligato a ridurla a 1h42’. Altro film specchio dell’epoca, con tanti giovani che impazzivano per gare su strada fra auto, dal quarto di miglio alle interstato (come in questo film) e moto modificate (chopper e co.).

  
The Hitch-Hiker (Ida Lupino, USA, 1953)

Ida Lupino fu stimata e conosciuta attrice dai primi anni del sonoro a metà anni ’50, ma fu anche una delle poche registe di qualità (una mezza dozzina di titoli), poi si dedicò alla tv sia come attrice che come regista. Anche questo viene reputato un classico cult, con mix di generi, fra road movie, crime, thriller, nonostante il cast “povero” che conta solo su caratteristi certamente bravi ma con nomi sconosciuti ai più. Due amici che avevano programmato di andare a pescare hanno la malaugurata idea di prendere a bordo un autostoppista che immediatamente si rivelerà essere un pericoloso criminale senza scrupoli, appena evaso e quindi braccato dalla polizia americana e poi anche da quella messicana visto che la fuga prosegue in Baja California.

The Defiant Ones (Stanley Kramer, USA, 1958)

Questo è quello con i grandi nomi a cominciare dal regista, ma si tenga presente che i due fuggitivi protagonisti del film sono interpretati da una coppia d’eccezione: Tony Curtis e Sidney Poitier. Ottenne 2 Oscar (sceneggiatura e fotografia) e ben 7 Nomination, 4 delle quali per le interpretazioni dei protagonisti e non protagonisti, le altre 3 per miglior film, regia e montaggio. Secondo me sopravvalutato e così sembrerebbe anche dalla poca notorietà, nonostante premi e star coinvolte. L'immancabilmente ridicolo titolo italiano è La parete di fango ...

Electra Glide in Blue (James William Guercio, USA, 1973)

Altro nome sconosciuto ed il fatto non meraviglia visto che questo è l’unico film diretto da James William Guercio. Tuttavia, in quell’epoca nella quale i road movies americani si affermavano, fu la proposta americana al Festival di Cannes del 1973. Senz’altro il meno avvincente del gruppo e l’inesperienza di Guercio come regista si fa notare; ebbe certamente molto più successo come produttore discografico … tutt’altra attività.

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