martedì 19 luglio 2022

Microrecensioni 201-205: film molto particolari

Cinquina molto varia composta da cult e film difficilmente inquadrabili in un determinato genere, di 5 paesi diversi. Quattro sono degli effervescenti anni ’70, il quinto è un moderno film indiano che affronta l’eterno problema della convivenza fra hindu e mussulmani che, di tanto in tanto, sfocia in violenze inaudite, spaccando società e perfino famiglie. Volendo fare un succinto excursus in ordine cronologico, c’è il western revisionista (o anti-western) di Altman, giudicato fra i migliori del genere ancorché poco conosciuto; poi uno dei 2 capolavori del geniale e poliedrico Jodorowsky (l’altro è El topo, 1975); segue un ottimo adattamento di un romanzo di Dino Buzzati, con un ricchissimo cast che comprende tante indiscusse star del cinema europeo dell’epoca; un film praticamente sperimentale del meno conosciuto dei fondatori della Nouvelle Vague francese, Jacques Rivette; infine il già citato dramma indiano, ben diverso dai prodotti standard di Bollywood, prima regia dell’attrice Nandita Das.

 
La montagna sacra (Alejandro Jodorowsky, Mex, 1973)

Film esplosivo, surreale, onirico, pieno di simbolismi, colori, costumi originalissimi, con contenuti politici, economici, etici e puramente filosofici. Si assiste ad una continua rapida serie di scene legate fra loro da un sottile filo logico, ognuna ben diversa dalla precedente e tutte sorprendenti. L’alchimista (interpretato dallo stesso Jodorowsky) guida il spedizione dei nove protagonisti alla conquista della Montagna Sacra dove li metterà di fronte all’ultima sorpresa. Avvincente sia per le idee e le asserzioni proposte che per la parte strettamente visuale, una gioia per gli occhi, certamente un cult per i cinefili.

McCabe & Mrs. Miller (Robert Altman, USA, 1972)

Come in vari film di questo genere, gli stereotipi del western classico, dei suoi personaggi e delle trame ripetitive vengono completamente sovvertite. Questo, invece che nelle usuali praterie del sud-ovest, è ambientato in un piccolo centro minerario che in un gelido inverno si trasforma velocemente da accampamento di tende a piccolo villaggio fra le montagne dell’Oregon. Dopo aver battuto per tutta la prima parte sulla creazione del postribolo di lusso dei due protagonisti, ci si avvia lentamente allo showdown conclusivo, certamente originale. Nomination Oscar per la protagonista Julie Christie, notevole anche la colonna sonora interpretata da Leonard Cohen.



  
Il deserto dei Tartari (Valerio Zurlini, Ita, 1976)

Inizi del secolo scorso, una fortezza ai confini dell’Impero (si allude a quello austro-ungarico) in una zona montuosa e desertica, oltre la quale si suppone ci sia il nemico. Un film bellico ma senza guerra effettiva, un’attesa snervante di qualcosa che potrebbe non succedere mai, un nemico che non si vede, una perenne tensione fra gli ufficiali della sparuta guarnigione. Palesemente critico nei confronti della mentalità militare, del rispetto delle gerarchie e dei regolamenti a qualunque costo, anche se molti si rendono conto che non hanno alcun senso. Il gruppo di interpreti è a dir poco eccezionale: Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Max von Sydow, Jean-Louis Trintignant, Jacques Perrin, Francisco Rabal, Fernando Rey, Laurent Terzieff e anche un buon Giuliano Gemma.

Firaaq (Nandita Das, Ind, 2008)

Ambientato nei giorni dei disordini del 2002 in Gujarat che causarono un migliaio di morti (tre quarti dei quali mussulmani), ragione per la quale ne fu impedita la circolazione in quella regione. I protagonisti appartengono ad entrambe le comunità religiose, come le due amiche di credo diverso e una coppia borghese (lui islamico, lei hindu). Nandita Das è un’attrice indiana, protagonista fra gli altri di due film della famosa trilogia di Deepa Mehta, Fire (1996), Earth (1998), quindi apprezzatissima anche all’estero, spesso impegnata in lavori di valenza sociale e, soprattutto, a sostegno della situazione femminile. Il suo secondo film Manto (2018) fu presentato a Cannes.

Noroît (Jacques Rivette, Fra, 1976)

Pur essendo un ammiratore dei lavori di Rivette, spesso giudicati criptici e/o estremamente lenti, devo ammettere che questo mi ha deluso, specialmente sapendo che fu pensato come elemento della quadrilogia mai completata Scènes de la vie parallèle, della quale fa parte anche Duelle (1976), certamente più interessante e coinvolgente. Le protagoniste sono delle piratesse (in abbigliamento moderno), fra le quali si insinua un’altra donna (interpretata da Geraldine Chaplin) con propositi vendicativi.

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