Candidature Oscar sempre più deludenti; pur volendo considerare le limitazioni della pandemia che hanno condizionato le produzioni e hanno rinviato qualche uscita in attesa della riapertura delle sale, si conferma la tendenza al ribasso della qualità media degli ultimi anni. Fra questi 5 (che dovrebbero essere i migliori) non c’è un solo vero film di gran livello. Proprio così, poiché l’ottimo The Father con un eccezionale Anthony Hopkins è un gran pezzo di teatro (ben riportato sullo schermo, ma sempre teatro è), Nomadland è un quasi-documentario con una sola (ottima) attrice, Druk avrebbe meritato qualcosa di più ma i plot secondari non sono al livello del principale, Mank (sul quale contavo per il soggetto cinematografico e il b/n) è in sostanza piatto e ripetitivo e non capisco come abbia potuto vincere l’Oscar per la (ridicola) fotografia e, infine, il tanto decantato Minari è assolutamente noioso, privo di una vera struttura o di alcun senso. Ecco le singole micro-recensioni.
The Father (Florian Zeller, 2020, UK) Oscar Anthony Hopkins protagonista e sceneggiatura e 4 Nomination (miglior film, Olivia Colman non protagonista, montaggio e fotografia)
Senza dubbio il miglior film del lotto e forse meritava anche l'Oscar come miglior film in assoluto. Ci sarebbe da riflettere anche sul fatto che abbia vinto la statuetta per la migliore “sceneggiatura non originale” … senza tener conto che l’autore del lavoro teatrale dal quale è tratto sia co-sceneggiatore nonché regista (Florian Zeller, alla sua prima e per ora unica regia, tanto di cappello). Veramente non si sa come dividere i meriti fra sceneggiatura originale adattamento, regia e interpretazioni (al plurale perché anche quella di Olivia Colman – candidata non protagonista – è più che apprezzabile). La costruzione del plot che vaga perennemente fra realtà, immaginazione, ansie e ricordi è a dir poco perfetta. La trama che, se raccontata, può sembrare banale è avvincente e coinvolgente. Distorsione dei tempi e dei personaggi, intervallata da lampi di lucidità del protagonista, basati sulla pura logica. Come anticipato, l’unico appunto che si possa fare è quella di essere più teatro che cinema, ma va bene così!
Druk (Another Round) (Thomas Vinterberg, 2020, USA) Oscar miglior film non in lingua inglese e 1 Nomination (regia)
Quando non (s)cadono
nell’inutilmente deprimente, trovo i lavori dei registi del Dogma 95 più che
apprezzabili e questo, con la sua vena di dark comedy, ne è un perfetto
esempio. L’alternanza degli ambienti scuola, famiglia e gruppo ristretto di
amici di bicchiere è perfettamente bilanciata, purtroppo quella familiare è
meno incisiva e tende all’avvilente e banale visto e rivisto. Inoltre, ho
trovato interessante la teoria portante del film che è perfettamente
compatibile con gli stili di vita di tante culture o comunità che consumano costantemente
alcol o simili con moderazione, senza mai scadere nelle esagerazioni di alcuni
popoli nordici. Buona la solita tanta camera a mano (ben utilizzata) e l’inserimento
di un paio di scene/situazioni fuori contesto ma perfettamente piazzate come il
bambino occhialuto e il ballo finale.
Nomadland (Chloé Zhao, 2020, USA) Oscar miglior film, regia e Frances McDormand protagonista e 3 Nomination (sceneggiatura, montaggio e fotografia)
Dopo il tanto parlarne, mi aspettavo di più. Come forse alcuni ricordano, già conoscevo i precedenti due film di Chloé Zhao, anch’essi un po’ documentaristici è ambientati nel west, fra praterie, cavalli, nativi e gruppi sociali al limite della “società americana”. Pertanto, l’ho trovato un po’ ripetitivo, simile agli altri per struttura e per la intrinseca solitudine dei protagonisti (quasi sempre tutti “buoni”). La regista evidentemente si trova a suo agio con queste comunità isolate (non le definirei emarginate) e appare fruttuosa la sua collaborazione con Joshua James Richards, direttore della fotografia di tutti e 3 i suoi film, che certamente sa approfittare degli immensi spazi (apparentemente) vuoti.
Mank (David Fincher, 2020, USA) Oscar sceneggiatura e fotografia (sic!) e 8 Nomination (miglior film, Gary Oldman protagonista, regia, Amanda Seyfried non protagonista,sonoro, musica, trucco e costumi)
Deludente per la
sceneggiatura, per la controfigura di Orson Welles, per la sceneggiatura
e, soprattutto, per le luci assolutamente irreali che ho trovato addirittura fastidiose.
Luci assolutamente bianche e nette, da quelle emanate dai lampioni a quelle che
entrano da porte e finestre quasi come un sole di mezzogiorno che però sta all’orizzonte
(ma neanche in tali casi si sarebbero creati quegli effetti). I dialoghi non
sono un granché e il di solito più che apprezzabile Gary Oldman qui
appare svogliato e sottotono. I personaggi di contorno sono, a dir poco, per
niente credibili. Se credessi a tali cose, penso che sia Welles che Mankiewicz
si stiano rivoltando nella tomba.
Minari (Lee Isaac Chung, 2020, USA) Oscar non protagonista a Yuh-Jung Youn e 5 Nomination (miglior film, Steven Yeun protagonista, regia, sceneggiatura e musica)
Delusione
totale, nemmeno la “nonna” vincitrice del premio Oscar come non protagonista mi
è sembrata veramente meritevole del premio. La storia non è su una comunità di
immigrati asiatici né sul loro inserimento nella società americana, né su intraprendenti
agricoltori nel mid-west, né sulle dinamiche di una giovane famiglia coreana, né
sull’ambiente. Il regista (anche sceneggiatore unico) ha inserito un po’ di
tutto senza concludere niente; senz’altro fra i suoi colleghi in patria ce ne
sono di molto più meritevoli.
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