Si tratta del famosissimo Gli ombrelli di Cherbourg che portò all’attenzione mondiale Jacques Demy e di una commedia grottesca del 1962 che tutti gli spagnoli conoscono; trattandosi di rapinatori assolutamente non professionisti e oltretutto incapaci, potrebbe equivalere al nostrano I soliti ignoti (1958, di Monicelli) nel quale però i protagonisti si atteggiavano a professionisti.
Stavolta comincio con Nomination e Premi; questo musical molto sui generis (non poteva essere diversamente considerato che il regista/sceneggiatore condivideva le idee di rottura della Nouvelle Vague pur non essendo fra i fondatori né fra i più rigorosi) ottenne 5 Nomination Oscar, stranamente quella come miglior film straniero nel 1965 e solo l’anno successivo le altre 4 (sceneggiatura, canzone, musiche e commento musicale). Mi sembra che le ultime 3 elencate siano troppo simili e direi che ne mancano un paio in categorie più importanti quali scenografia e costumi. L’intero film è un’esplosione di colori sgargianti, contrastanti, pieno di abbinamenti oserei dire kitsch, dall’incrocio dei tanti ombrelli visti dall’alto durante i titoli di testa agli abiti dei protagonisti, dai parati alle suppellettili. Trama certamente originale e non sempre scontata. La palla al piede del film (secondo molti) è che i dialoghi sono interamente cant(icchi)ati e, di contro non si vede un singolo passo di danza, certamente un’anomalia per un musical classico, ma qui non se ne sente la mancanza. Palma d’Oro e altri due premi a Cannes per Jacques Demy.
Atraco a las tres (José María Forqué, 1962, Spa)
Nei decenni ’50-’60 in Spagna si
produssero con gran successo numerose commedie fra il satirico e il grottesco,
con critiche sociali e politiche relativamente velate, abbastanza da essere
comprensibili ma non tanto da essere censurate dal franchismo. Maestri nell’eludere
gli ottusi ma inflessibili censori furono Berlanga e Azcona, ma a
quel periodo appartengono anche altri film come questo che rimangono nella storia
del cinema spagnolo insieme con Bienvenido Mister Marshall!, El
Verdugo, Placido, quest’ultimo addirittura ottenne anche
la Nomination Oscar come miglior film in lingua non inglese. Il cast, raccogliendo
numerosi attori e caratteristi fra i più noti e bravi dell’epoca, già è indice
di garanzia, ma la trama con tante sorprese, i personaggi molto realistici e le
scene con i piccoli problemi di vita quotidiana nei quali tutti si riconoscono
aggiungono ulteriore sapore a questa commedia. Da non perdere!
Lust, Caution (Ang Lee, 2007, Tai)
Penso che nessuno metta in dubbio l’abilità
di Ang Lee nella regia e nella messa in scena, ma talvolta si imbatte (o
sceglie di cimentarsi) in sceneggiature poco solide, per non dire abbastanza sconclusionate,
come in questo caso. E sembra non essere solo mia opinione visto che fra le 85 nomination
solo 2 sono per la sceneggiatura, mentre – ovviamente – la maggior parte sono
relative a miglior film, regia, fotografia, scenografia, costumi. Fra i tanti
premi, Lussuria - Seduzione e tradimento (titolo italiano) ottenne
anche il Leone d’Oro per Ang Lee e il Premio Osella per il direttore
della fotografia Rodrigo Prieto (3 Nomination Oscar per The
Irishman, Silence, Brokeback Mountain). Bravi
gli attori a cominciare da Tony Leung (apprezzato in tanti film diretti
da Wong Kar-wai, ben 7) ma ciò che più colpisce sono gli ambienti,
arredamenti e costumi, ben messi in evidenza da una fotografia di alta qualità.
- documentari sociali e politici di Cecilia Mangini (1959-1964, Italia)
- documentari etnografici di Cecilia Mangini (1965-1969, Italia)
Molto pubblicizzati dalla Cinemateca
Portuguesa, questi corti (per lo più documentari) di Cecilia Mangini (prima
donna documentarista italiana) e dei suoi colleghi Lino Del Fra e Gian
Franco Mingozzi mi sono sembrati troppo artefatti e un po’ superficiali,
pur rimanendo interessanti. In un primo gruppo sono stati presentati da
collaboratori della regista (scomparsa a gennaio di quest'anno) filmati erano
del primo periodo della cineasta, datati fra 1959 e 1964, tutti relativi alla
cultura rurale meridionale essendo lei pugliese di nascita. I documentari
affrontano (sulla carta) temi interessanti, ma non riescono a coinvolgere
veramente e spesso risultano ripetitivi. Ecco i titoli:
- Maria e i giorni di Cecilia Mangini, 1959 10’
- L’inceppata di Lino del Fra, 1960, 10’
- La taranta di Gian
Franco Mingozzi, 1961, 19’
- La passione del grano di Lino del Fra e Cecilia
Mangini, 1963 10’
- Divino amore de Cecilia Mangini, 1964, 11’
- Stendalì di Cecilia
Mangini, 1965, 11’
Per quanto riguarda quelli sociali, quasi in ogni momento risulta evidente lo spirito propagandistico e certamente la sua fede politica. Infatti sono tutti vicini agli ideali della sinistra, dal PSI a Rifondazione; alcuni le furono specificamente commissionati dai partiti.
- Essere donne di Cecilia Mangini, 1965, 31’
- Tommaso di Cecilia Mangini, 1965, 11’
- La scelta di Cecilia Mangini, 1967, 13’
- Brindisi’65 di Cecilia Mangini, 1967, 16’
-
V&V di Lino del Fra, 1969, 15’
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