A moment of Innocence (Mohsen Makhmalbaf, Iran, 1996) IMDb 7,9 RT 89%
Ancora una volta un film in un film iraniano, come quelli della trilogia di Koker di Kiarostami in uno dei quali Makhmalbaf interpretava sé stesso e si basava su un altro singolare evento della sua movimentata vita. Qui il regista dirige e interpreta di nuovo sé stesso e, da regista/sceneggiatore (anche nel film), mostra la produzione di un film che dovrebbe duplicare un episodio avvenuto 20 anni prima quando, da studente 17enne, pugnalò un poliziotto nel tentativo di disarmarlo … e dopo si fece anche 4 anni di carcere. Si comincia dal casting con l’aiuto del poliziotto accoltellato (non più in servizio, entusiasta per partecipare alle riprese, ma piuttosto riottoso) ognuno si deve scegliere, e quindi istruire, il suo interprete da giovane. Quindi ognuno ha un suo doppio, le scene vengono ripetute, così come i dialoghi, sia nella finzione che nella realtà della preparazione alle riprese.
Con una sceneggiatura sottile e brillante, cast striminzito composto da non professionisti, con regista e operatore spesso in campo (ma in questo caso giustificatamente), suppongo un budget ridicolo, Makhmalbaf realizzò un altro piccolo capolavoro di cinema minimalista ed essenziale.
Geniale e con un perfetto finale da short story.
The Housemaid (Ki-young Kim, Kor, 1960) IMDb 7,3
Girato in modo egregio in bianco e nero e quasi tutto in interni, purtroppo si basa su una sceneggiatura (dello stesso Ki-young Kim) molto poco convincente ed un finale ridicolo. In particolare le riprese nella casa a due piani (che ha il suo elemento centrale nelle scale inquadrate da angolazioni sempre diverse) con alternanza di primi piani e riprese attraverso finestre e spiragli di porte, rendono molto bene un’atmosfera da dramma-thriller. Peccato però che i comportamenti dei protagonisti sono insulsi e poco credibili e le interpretazioni a dir poco scadenti, a cominciare dal primo attore veramente pessimo. Andando a cercare i motivi che giustificassero le buone critiche, ho visto che molti commenti concordano in linea massima con la mia opinione e ho anche scoperto due trivia interessanti: il ridicolo e completamente fuori tono finale fu aggiunto in postproduzione in quanto la vera conclusione fu reputata troppo scioccante e all’esordiente attrice che interpretò la squilibrata cameriera non furono più proposti altri ruoli (in effetti comparve in altri due film minori) si dice a causa del ruolo ricoperto in The Housemaid, ma penso anche perché non valeva un granché. Il film (restaurato grazie alla World Cinema Foundation di Martin Scorsese) si trova su YouTube a 720p e vale la pena guardalo per regia, fotografia e riprese, ma sappiate che molto probabilmente sarete delusi da sceneggiatura e interpretazioni.
Troppo lungo, lento e con troppa carne a cuocere, di conseguenza risulta discontinuo e dispersivo. Presenta una famiglia che comprende tre generazioni, con i problemi dei più giovani e di coppie evidentemente mal assortite anche a causa di vecchi amori che ritornano (non sempre graditi). Inoltre, finanza, malattia, religione, matrimoni e nascite si combinano – male – in questo film nel quale tutti sembrano scontenti e insoddisfatti mentre recriminano per il loro passato e per le loro azioni … e il regista/sceneggiatore Yang non riesce neanche a dargli la consistenza di un film corale. Nonostante sia stato premiato a Cannes per la miglior regia e in corsa per la Palma d’Oro, penso che sia ampiamente sopravvalutato e certamente le 3 ore di durata sono troppe per un film descrittivo. Anche questo è disponibile su YouTube a 720p.
Afraid To Die (Yasuzô Masumura, Jap, 1960)
Di Masumura ho parlato (bene) già varie volte ed anche il questo caso si conferma ottimo artigiano in grado di affrontare con successo qualsiasi genere, con solide messe in scena. Non ricordo suoi film eccezionali, ma non ce n’è uno che non sia ben realizzato.
In Afraid To Die si cimenta in un crime thriller in ambiente yakuza. Il protagonista Takeo, interpretato dallo scrittore Yukio Mishima (preso in considerazione per il Nobel, sui suoi lavori sono basati oltre 30 film), sa che appena uscito di prigione i suoi rivali tenteranno di ucciderlo. Un film ben congegnato, lineare ma non banale, con vari colpi di scena. Buon film di genere.
Mattone e specchio (Ebrahim Golestan, Iran, 1965)
Per quanto abbia apprezzato tanti film mediorientali, ho notato che vari di essi si basano su liti continue, discussioni senza fine e spesso senza senso, ripetitive e prevedibilmente prive di soluzioni (vedi i vari Farhadi, ma anche L’insulto), lasciando pensare che questo è il carattere di quelle popolazioni (ma non mi risulta). Sarà questo il loro modo di sviluppare una trama drammatica? La considerazione, già latente in mente mia, viene riportata in ballo per questo film, secondo me sopravvalutato, i cui dialoghi sono una litania di battibecchi, “consigli” scambiati aspramente fra sconosciuti, critiche filosofeggianti, accuse e ripicche. Inoltre, al contrario dell’appena citato The Housemaid, non è neanche particolarmente interessate dal punto di vista cinematografico.
Non comprendo la buona critica di cui gode … forse perché è l’antesignano del genere “litigioso”?