sabato 29 febbraio 2020

Nuove avventure lusitane (4): il cibo ... il leitão, il bacalhau e altro

La settimana portoghese motivata dall’orienteering si è rivelata molto soddisfacente anche dal punto di vista gastronomico sia per la qualità che per la scoperta di nuovi piatti, nonostante i passati lunghi soggiorni invernali e le successive numerose visite. 
In breve, abbiamo cominciato con il già citato ottimo Coelho à caçador (coniglio alla cacciatora, ottimo) appena arrivati a Santiago do Cacem, a tarda ora, accompagnati dal padrone di casa. Venerdì 21, dopo il consueto giro in carta dimostrativa (model event) ci siamo diretti a nord, nell'area di Vila Nova de Santo André, con l’intenzione di mangiare un buon leitão in un ristorante "specializzato" consigliato da José, ma abbiamo avuto l’amara sorpresa di non trovarlo in quanto Cascalheira lo prepara solo giovedì, sabato e domenica. Abbiamo quindi “ripiegato” su 2 piatti del giorno, vale a dire favas com chouriço (fave con più che la tipica salsiccia iberica, essendoci anche altri tipi di carne) e un arroz de polvo (riso con polpo). Sappiate che in qualunque parte del Portogallo vi troviate, troverete sempre degli arroz de ..., solo lontani parenti della paella spagnola e dei risotti nostrani, ma sempre ottimi e di solito di sapore marino (seppia, cannolicchi, baccalà, vongole, pescatrice, ...). Ci sono anche gli arroz de ... verdure varie, ma sono di contorno. Le porzioni erano più abbondanti del normale, anche per gli standard lusitani (la foto centrale serve per dare le dimensioni dei tegami, considerando che la forchetta era una comune, il cucchiaio ampiamente da portata). 
A proposito delle porzioni, sappiate che in Portogallo, nella maggior parte dei locali tradizionali, per ogni piatto troverete due prezzi, uno per la dose (porzione enorme) e uno per la meia dose (porzione normale … non è una mezza porzione italiana). Pertanto la sera abbiamo preferito ordinare solo una grigliata mista da dividere (con insalata) ma questa si è rivelata quasi superiore alle nostre forze essendo pensata per 2 (ma non ce l'avevano detto).
Sabato mattina gara e poi subito in macchina per tornare da Cascalheira avendo prenotato il famoso leitão (maialino di latte, simile al porceddu sardo) e ne è valsa la pena. Se non siete vegetariani, è un piatto imperdibile, ma vi consiglio di andare in un ristorante “specializzato”, autentico e di buon nome (non necessariamente caro), di quelli che spesso si trovano in aperta campagna ma, come detto, lo preparano solo pochi giorni a settimana. Il leitão assado à Bairrada arriva in tavola con la pelle croccante e sempre accompagnato da patate fritte (a fette sottili tagliate a mano), insalata e fette di arancia. (foto sotto) 
Domenica rancho, si pronuncia come il rancio militare ma è ottimo e saporito, a base di ceci ma con tanti pezzetti di carne e insaccati, in sostanza simile alle garbanzas canarie, ma in Portogallo in quasi ogni piatto misto di carni e verdure c'è anche la verza (nella foto sotto, l'abbondante porzione servita al "ristorante da campo" allestito presso l'arrivo della seconda tappa per soli 4 euro). 
Lunedì è stato il giorno del bacalhau … conclusa la terza gara siamo andati a Vila Nova de Milfontes con l’intenzione di mangiare pesce fritto, ma poi abbiamo ripiegato su un buon bacalhau com natas (baccalà con panna, sotto a sx) … può sembrare uno strano accoppiamento, ma è ottimo e si presenta come una specie di lasagna nella quale si alternano strati di pesce, patate e cipolle. 
La sera a Santiago ci siamo imbattuti in un inusuale bacalhau à moda de Braga, noto anche come b. minhoto (della regione del Minho) o b. à Narcisa (dal nome del ristorante che per primo lo propose, foto sotto a dx). Si tratta di un grosso trancio di baccalà fritto e poi condito con cipolle e peperoni saltati nell'olio in cui è stato fritto il pesce e infine stufati in aceto. Contrasto interessante, ma ci è sembrato che peperoni e cipolle fossero insufficienti e che l'aceto coprisse troppo i sapori. 
 
Appena conclusa la quarta e ultima gara, ci siamo diretti a Lisbona, praticamente senza pranzare, con la mira di andare a rifocillarci al solito Cantinho de São José che, nonostante la sua posizione a pochi metri dall’Avenida da Libertade, conserva tutta la sua autenticità.
 


Speravo in un ensopado de borrego (stufato di agnello di almeno un paio d’anni) ma, non avendolo trovandolo, sono rimasto più che soddisfatto del piatto (che non conoscevo) consigliato in sua sostituzione: la chanfana (stufato di capra, ben diverso dalla carne cabra canaria, ma altrettanto deliziosa - foto sopra a sx)). Per "recuperare le forze" e per festeggiare abbiamo anche diviso una dose di entrecosto (costolette, foto sopra a dx) al forno con patate dolci e una della classica entremeada (pancetta) con riso, patate fritte e insalata. 
Rimasto solo e terminate le gare, mercoledì ho cominciato a ritornare alla normalità accontentandomi (fra pranzo e cena) di carapauzinhos fritos con arroz de grelos (piccoli sauri bianchi fritti, con riso e broccoletti, a sx) e bacalhau à Brás o Braz, che non significa alla brace ma è il nome dell'inventore del piatto (il che giustifica la maiuscola, equivale a Biagio). Si tratta di un piatto comunissimo nel quale il baccalà viene sfibrato e poi fritto con cipolle e patate tagliate alla julienne e amalgamato con uova.
Da sottolineare che il vino sfuso servito nei locali frequentati è sempre stato all'altezza della situazione. In Portogallo si può sempre contare sul migior vinho da casa (almeno il tinto = rosso, che è quello che bevo abitualmente), oltretutto a prezzi ridicoli (mediamente fra i 6 e gli 8 euro/l) in relazione alla qualità. 

Non capisco come ci sia gente che in Portogallo, in mezzo a tutto questo ben di Dio, ordini hamburger, pollo, pizza, pasta, chiede la maionese (chiaramente industriale) da mettere sul pesce, e altri obbrobri del genere.

venerdì 28 febbraio 2020

Nuove avventure lusitane (3): il POM e l'Orienteering

Qui tratto dell’eccellenza della Corsa di Orientamento (internazionalmente orienteering) dal punto di vista sportivo, nel vero senso della parola, e brevemente dell'aspetto tecnico agonistico. Nella lingua originale, lo sport è “un gioco, una gara o attività che richiede impegno fisico e abilità e che viene praticato secondo regole, per divertimento o lavoro”. Ormai antiquato, esisteva anche un altro uso del sostantivo sport, ancor più significativo, riferito ad una persona “amabile, positiva e generosa, che non si lamenta di quanto richiesto di fare o di sconfitte”. Le due definizioni calzano a pennello all’orienteering, visto che tutti si divertono, tutti corrono per quanto glielo consentono età, acciacchi e stato di forma, tutti fanno autocritica per gli errori commessi (piccoli o grandi che siano) e nessuno biasima altri, né concorrenti, né arbitri (che non ci sono). Veramente uno sport per TUTTI, nel quale la testa ha più importanza del fisico e dell'età (il nostro amico Cesare, a dx, ha 78 anni).
Anche in una manifestazione della portata del POM (quasi 2.500 partecipanti) non si assiste a un litigio, nessuno alza la voce se non per incitare un “avversario” (che non è considerato un “nemico”) e per richiamare l’attenzione di qualcuno che non vede da tempo.
In particolare nelle gare internazionali di più giorni (il POM è la prima europea) si ritrovano orientisti già conosciuti in precedenti occasioni, essendo divisi in categorie per età si compete spesso con gli stessi orientisti con i quali poi si discute dei propri errori e delle proprie disavventure, senza alcuna differenza fra campioni (anche loro sbagliano) e ultimi. Per esempio, ho rivisto Francesco (ticinese, Campione del Mondo qualche anno fa e vincitore del Day1) che conosco dal ’93 e abbiamo scherzato sulla striscia di sangue che lasciavo andando dall’arrivo all’infermeria il primo giorno; entrambi ci siamo poi complimentati con Manuel (decine di volte Campione Portoghese) per la sua vittoria nella seconda prova. Lo stesso Manuel il giorno successivo ha fatto un erroraccio tanto da superarmi solo fra l’ottava e la nona lanterna (pur partendo appena 2 minuti dopo di me) e finendo inaspettatamente 52° … per poi raccontare praticamente a chiunque lo conoscesse la sua “bestialità” e insieme si scherzava o si ricordavano errori simili.
Passando ad una brevissima descrizione tecnica dello sport (per i tanti che non lo conoscono), una gara di Orienteering consiste nel raggiungere un certo numero di punti di controllo (variabile a seconda della gara) nell’ordine stabilito, ma senza alcuna limitazione di scelta di percorso. Si corre a cronometro con concorrenti di una stessa categoria (età e sesso) che partono a distanza di 2 o 3 minuti (in genere), ma anche oltre una decina di partecipanti possono partire allo stesso minuto avendo percorsi diversi, a partire dalla prima. Tutto si svolge in relativo silenzio, in prossimità della partenza i concorrenti attendono che il proprio minuto appaia sul display del grande cronometro, entrano nel primo box dove viene controllato punzone elettronico e pettorale, poi passano al secondo nel quale prendo la "descrizione punti" (lista dei codici delle lanterne ed elementi presso i quali sono posizionate), nel terzo box si posizionano accanto al cestello della propria categoria (foto sotto) dal quale prenderanno la carta solo al bip del cronometro e solo allora sapranno dove si trovano e dove devono andare … con il solo ausilio della bussola e (possibilmente) del proprio cervello. Come si può vedere nei video, gran parte delle lanterne sono comuni a più percorsi e quindi sono raggiunte da concorrenti che provengono da diverse direzioni e ripartono in direzioni egualmente differenti. 
Guardate il video del Day2 (long WRE, valida per il ranking mondiale) per rendervi conto di come corrano fianco a fianco atleti di età e capacità estremamente diverse in un ambiente naturale nel quale sono state solo posizionate le poco invasive lanterne (che individuano il punto di controllo) che vengono rimosse immediatamente al termine della gara. In questo del giorno conclusivo si vede il tipico ambiente delle sugherete alentejane (vedi post precedente). 
Nella pagina ufficiale FB del POM i più curiosi potranno trovare altri video e migliaia di foto. 

giovedì 27 febbraio 2020

Nuove avventure lusitane (2): la sughera e il sughero

La prima (quercia da sughero, Quercus suber) è l’albero, il secondo è il “meraviglioso” e versatile materiale che si ricava dalla sua corteccia (non a caso in Portogallo si chiama cortiça). Pur essendo al 100% naturale, racchiude in sé tante pregevoli caratteristiche e per tali motivi è stato utilizzato in vari modi da millenni. Infatti, il sughero è leggerissimo, impermeabile a liquidi e gas, elastico e comprimibile, eccellente isolante termico e acustico, a combustione lentissima e molto resistente all’usura.
 
In Portogallo - e soprattutto in Alentejo - si produce circa il 50% del sughero come materiale ed il 70% dei tappi (per lo più da vino). Nei secoli è stato utilizzato come isolante termico nelle pareti, per coprirsi, per calzature ed è stato perfino utilizzato per la pavimentazione della Sagrada Familia di Barcellona. Con le tecniche moderne, ma sempre grazie alla sua flessibilità, si riescono ormai a produrre una quantità di oggetti molto singolari quali cappelli, borse, scarpe, oggetti vari e addirittura abiti. Sotto, la Nike con tomaia in sughero!
Come tutte le querce, i loro frutti sono ghiande e queste rappresentano l’alimento base del pregiato porco preto alentejano (maiale nero dell’Alentejo), una razza di suini autoctona simile al famoso cerdo ibérico (maiale iberico), che vive in libertà proprio nelle sugherete ... dove abbiamo corso nei giorni scorsi, fra i tanti fossi che hanno creato grufolando (foto in basso).
Un sughereto produttivo è facilmente individuabile per la sua frequente mancanza di corteccia nel primo paio di metri da terra (per le sugherete più giovani) che mette in mostra il legno rossiccio. Le sughere secolari, che hanno rami di diametro sufficiente, vengono "spogliate" fino a vari metri d'altezza; da questa del video in basso si ricavarono ben 780 kg di sughero! 

Se siete nelle vicinanze, noterete dei numeri sui tronchi (tutti uguali nella stessa area); segnalano in quale anno l’albero è stato decorticato (solo l’ultima cifra) in quanto l’operazione si può ripetere ogni 9 anni, anche per una ventina di volte il che significa che le sughere vivono oltre 2 secoli visto che il primo distacco della corteccia si esegue di solito al 25° anno. Sapendo ciò è evidente che l’albero non soffra al seguito del distacco, anzi sembra che addirittura si rafforzi. 
Una curiosità: quello del primo raccolto viene chiamato sughero maschio (di minor qualità, poco elastico), i successivi sughero femmina. Solo a partire dalla terza decorticatura si potranno produrre tappi, il che vuol dire che un buon tappo proviene da un albero di almeno 43 anni (25+9+9).
In quanto alla lavorazione, si può riassumere così: si incide la corteccia verticalmente e poi si eseguono due tagli orizzontali (il tutto a mano, con un’apposita accetta), i pezzi vengono messi a stagionare all’aperto pressati in modo che perdano almeno in parte la naturale curvatura, poi vengono bolliti per farli aumentare di volume (raffreddandosi manterranno lo spessore così aumentato), appiattirli ulteriormente e renderli più elastici. Infine, il sughero viene selezionato in base a spessore e qualità e destinato alla relativa finitura.

mercoledì 26 febbraio 2020

Nuove avventure lusitane (1): l’Alentejo litorale

L’Alentejo è la più vasta delle regioni portoghesi (un terzo dell’intero territorio), una delle due meridionali (l’altra è l’Algarve), con superficie del 20% maggiore della Sicilia, con solo 3 città oltre 20.000 abitanti, complessivamente meno di 1 milione (750.000ca). Non ci sono montagne né deserti ma una serie infinita di colline con pascoli, quercete (per lo più da sughero) e pinete, dove si vedono molti più animali da allevamento (bovino, pecore, capre e maiali) che esseri umani.
Con il mio collega orientista Enzo, avevamo già corso quasi dovunque nella parte alta e centrale, ma la subregione Alentejo litoral ci mancava. Abbiamo trovato la solita squisita accoglienza, il rilassato ritmo di vita, tracce di un ricco passato, cibo genuino, e ottima organizzazione. 
 
Giovedì 20, pur giungendo a Santiago quasi 2 ore dopo il limite per il check-in nel singolare alojamento local Havana Vintage, Josè (il proprietario) è venuto ad accoglierci e, avendogli chiesto se ci fosse ancora un posto aperto dove poter mangiare qualcosa, ci ha accompagnato in uno dei pochi locali aperti ed è apparso un ottimo coniglio alla cacciatora nonostante la cucina stesse in fase di chiusura. Alla gastronomia locale dedicherò altro post con foto e qualche dettaglio in merito a preparazione e ingredienti.
I trascorsi di José (gestiva un bar a La Habana per 10 anni in epoca Fidel), giustificano il nome dell’appartamento e sono evidenti all’interno arredato in stile anni 60-80 (veramente vintage) e con alle pareti un’infinità di foto del Che e tanti manifesti e locandine di vecchi film cubani.

 
Da viaggiatori navigati, abbiamo esplorato la cittadina non solo alla ricerca di cibi particolari ma anche con un occhio ad architettura, azulejos, stradine selciate nonché castello e chiesa matrice (foto in basso) in cima alla collina che sovrasta l’abitato.
 
Nei giorni successivi siamo poi andati anche a Sines e a Vilanova de Milfontes, entrambe sulla costa atlantica e, negli ultimi anni, divenute meta di turismo non solo estivo ma anche stanziale e non sono pochi quelli che si sono trasferirti definitivamente, attirati dalla piacevolezza dei luoghi, la bontà del cibo, la mitezza del clima e, non da ultimo, l’economicità della vita.
 
In questo video del Day 1 del POM potete vedere un po’ di quello che circa 2.400 orientisti hanno fatto nel primo dei 4 giorni di gara e anche un po’ di Santiago do Cacem … ma al POM dedicherò altro post specifico.

giovedì 20 febbraio 2020

Micro-recensioni 41-50 del 2020: Ophüls e Shimizu su tutti

Quinta decina del 2020, con tanti buoni film, ma anche alcuni deludenti, guarda caso quelli con più nomi famosi.
      

Le roman de Werther (Max Ophüls, Fra, 1938)
The Reckless Moment (Max Ophüls, USA, 1949)
Caught (Max Ophüls, USA, 1949)
Comincio con altri 3 film di Max Ophüls il quale pur cambiando paesi e generi si dimostra sempre un ottimo regista, attentissimo ai movimenti di macchina. Ho letto che James Mason (anche lui “immigrato” di successo essendo già famoso in UK) che fu co-protagonista dei due americani di questo gruppo (primo e terzo film a Hollywood) raccontava che quando negavano a Ophüls spazio o luci per realizzare le riprese con il suo amato ed indispensabile dolly, si intristiva fin quasi alla depressione. Ciò conferma in pieno quanto avevo notato, vale a dire l'estrema attenzione e abilità nel gestire la camera da cui derivano i suoi ottimi piano-sequenza.
Un elemento comune dei suoi film è la struttura simile a quella dei melodrammi, anche se i due americani sono di stampo quasi noir, sono gli amori che portano alle tragedie finali. Il primo dei tre di questo gruppo (basato sul noto lavoro di Goethe) ovviamente non è da meno.
   


Mr. Thank You (Hiroshi Shimizu, Jap, 1936)
The Masseurs and a Woman (Hiroshi Shimizu, Jap, 1938)
Cercando film giapponesi d’epoca mi sono imbattuto in alcuni Hiroshi Shimizu, in precedenza a me sconosciuto. Un ottimo regista giapponese spesso considerato  “minore” ma considerate che quelli ai quali era comparato sono Ozu, Kurosawa, Kobayashi, Mizoguchi e che quest’ultimo lo considerava comunque un genio per la sua regia “spontanea” e l’utilizzo - tipico del realismo - di attori non professionisti.
Questa di Hiroshi Shimizu è stata una vera scoperta, trovato suoi due film, non per niente restaurati e riproposti dalla Eclipse. Si tratta di commedie fra il serio e il faceto, che descrivono alcuni aspetti e ambienti della vita nel Giappone rurale degli anni '30. Entrambi sono on the road, il primo completamente in quanto si svolge tutto su un bus sul quale viaggiano personaggi molto diversi che commentano avvenimenti e vite degli altri e si confrontano su temi sociali e morali. Il secondo inizia con il viaggio (a piedi) di due massaggiatori ciechi e sono loro a descrivere situazioni e persone pur essendo non vedenti. Nella seconda parte le loro storie si intrecciano con una serie di furti e una potenziale love story. Certo non capolavori, ma piacevoli e interessanti per lo spaccato sociale che propongono. 
      

The Naked Street (Maxwell Shane, USA, 1955)
Les yeux sans visage (Georges Franju, Fra, 1960)
The Boys from Brazil (Franklin J. Schaffner, UK/USA, 1978)
Di questi altri tre i primi due sono similmente apprezzabili, ma per motivi molto diversi. Il primo conta soprattutto sull’ottima interpretazione di Anthony Quinn, affiancato da una giovane Anne Bancroft ad inizio carriera. Si tratta ovviamente di un noir, ma dalla struttura alquanto insolita. Non fra i migliori del genere, ma senz’altro abbastanza interessante da meritare una visione.
Il film di Franju è invece noto ed apprezzato (quasi un cult) fra gli amanti dei noir-horror, in questo caso si tratta di un chirurgo plastico che realizza audaci trapianti. E nel campo della medicina “creativa” ricade anche il film di Schaffner che parte bene come film di intrigo politico, ma nella seconda parte scade e cade nel ridicolo. Singolare anche la coincidenza della fondamentale pressenza canina.

Che gioia vivere (René Clément, Ita/Fra, 1961)
The Merchant of Venice (Michael Radford, USA, 2004)
Poche parole per gli ultimi due. La commedia diretta da Clément con Alain Delon protagonista è abbastanza insensata e pochi sono i momenti con un poco di originalità, l’adattamento del lavoro di Shakespeare è pomposo ma poco concreto, Al Pacino non convince e la scenografia ancora meno.

martedì 18 febbraio 2020

TREK 2020 Amalfi - Sorrento - Capri: mancano solo due mesi

Siamo giunti al momento in cui si deve cominciare a prendere decisioni o, almeno, fare ipotesi concrete. Ciò vale sia per la scelta degli itinerari sia per un minimo di previsione logistica. In particolare in merito a quest'ultima sarebbe opportuno cominciare a capire quanti siano gli interessati in modo da poter prevedere adeguati trasporti (pubblici o privati), indispensabili in varie giornate. Ricordando che la partecipazione è gratuita e sotto la propria responsabilità, si chiede agli aspiranti trekkers una manifestazione d'interesse, da inviare a giovis@giovis.com.
Considerato che nei primi giorni la base è Agerola e per la seconda parte si partirà da Sant'Agata (Massa Lubrense) è opportuno che chi pensa di pernottare in una o entrambe le località cominci a cercare una sistemazione conveniente visto che saremo all'inizio dell'alta stagione escursionistica, fra Pasqua e il 25 aprile. Chi non vuole limitarsi alla ricerca online può rivolgersi alle Pro Loco di Agerola e Pro Loco Due Golfi (di Sant’Agata) per conoscere le strutture ricettive nelle vicinanze dei punti di ritrovo-partenza-arrivo-fermata bus che sono, rispettivamente, i centri di Bomerano (fraz. di Agerola) e di Sant’Agata sui 2 Golfi (fraz. di Massa Lubrense).



Rispetto a quanto descritto nei precedenti post, ci sono da segnalare alcune variazioni sicure a altre probabili:
A da Agerola ad Amalfi o Pogerola, ritorno in bus
il sentiero alto ella Valle delle Ferriere è stato abbastanza danneggiato dalle forti piogge dei mesi scorsi. Per ora si passa, ma ulteriori grandi piogge potrebbero costringerci a trovare alternative
C circuito di 20km, Faito da Agerola
come specificato con apposito post a metà ottobre prevediamo di salire al Faito da Pimonte (per le Tese) e scendere per Palmentiello e Macello, invece di salire per Palmentiello e scendere per Conocchia
G circuito di 19km da Marina Grande di Capri
via Krupp è ancora chiusa e non c'è speranza che riapra, quindi da Due Golfi si andrà direttamente ai Giardini di Augusto

 
Sul sito www.caimontilattari.it potete trovare dati tecnici, classificazioni difficoltà, avvertenze e descrizioni sommarie di molti dei sentieri CAI che si percorreranno, per intero o solo in parte. Per facilità, i relativi codici sentiero sono indicati nelle descrizioni; dalle pagine di ciascun percorso si possono scaricare i relativi file GPX, KML e PDF, ma ricordate che non tutto è oro colato anche perché non sempre è possibile aggiornare lo stato dei sentieri in tempo reale (frane, incendi e altri ostacoli al transito). 


Condizioni e raccomandazioni sono quelle di sempre:
  • la partecipazione è del tutto gratuita; costi e prenotazioni per trasporti, vitto e alloggio e qualunque altra spesa sono a carico dei trekkers;
  • è di fondamentale importanza essere assolutamente indipendenti ed autosufficienti ... non è previsto alcun tipo di guida o assistenza;
  • chi vuole intraprendere queste escursioni deve essere in grado di percorrere almeno 20km al giorno, anche con oltre 1.000m di dislivello in salita;
  • i sentieri presentano fondo vario e spesso accidentato, alcune salite e discese ripide, tante scale e brevi tratti esposti, alcuni classificati dal CAI come difficili o EE; 
  • a pranzo colazioni al sacco (foto sotto a sx), la sera si vedrà di organizzare cene conviviali (foto sotto a dx); 
  • in caso di condizioni meteo poco favorevoli, avverse o addirittura rischiose, una o più escursioni potranno essere ridotte, variate o anche annullate del tutto, fermo restando che chi volesse incamminarsi comunque sarà liberissimo di farlo; 
  • e, soprattutto, si tenga presente che il TREK Amalfi - Sorrento 2020 è un’occasione di incontro tra camminatori indipendenti ed autosufficienti e NON una serie di escursioni guidate
 

per informazioni e manifestazioni d'interesse email giovis@giovis.com




venerdì 14 febbraio 2020

EL INDIO 2: verità e aneddoti di vita sentimentale

Secondo post relativo alla avventurosa vita di Emilio El indio Fernandez, da rivoluzionario, da emigrante clandestino, da cineasta, da vero messicano.
Nella tua casa-fortaleza riceveva artisti, musicisti, letterati, di solito nella sala di musica, con una scultura di Diego Rivera in ciascun angolo, dove furono ospiti Arthur Rubinstein, María Callas, José Alfredo Jiménez, Agustín Lara, Celia Cruz, e tanti altri.

Lì, da autentico e orgoglioso messicano, insegnava a quasi tutti i non compatrioti a bere tequila, quasi obbligando i malcapitati a ripetere innumerevoli volte i gesti rituali, l’uso del sale e del limón, la posizione delle dita. In una intervista, la figlia ricorda che una delle sue vittime fu Vittorio De Sica che terminò la serata con una borrachera (ubriacatura) memorabile. Nella foto a sx si vede invece un momento della lezione impartita a Marilyn Monroe, che (pare) fu anche vittima del fascino del rivoluzionario mestizo, che aveva fama (probabilmente giustificata) di essere un tombeur de femmes. Nella sua particolarissima casa aveva due scale di accesso alla sua camera da letto e il suo factotum era incaricato di avvertirlo tramite un codice musicale dell'eventuale arrivo di un’amante … con “diritto di precedenza", in modo che la prima ospite avesse il tempo di eclissarsi per l'altra scala. 
Anche se afferma che tutte le sue donne siano state per lui importantissime, sono tre quelle veramente importanti con le quali ha avuto relazioni che, seppur completamente diverse, sono durate per anni. L'amore platonico della sua vita fu Olivia de Havilland, quello saltuario ma molto duraturo con Dolores del Rio (affermò che non l'amava … "l'adorava") che lo raccomandò nei primi anni di carriera a Hollywood, poi fu compagna e musa a fasi alterne interpretando per lui molti famosi film e quello reale con Columba Dominguez (foto sotto) con la quale si sposò, anche lei protagonista di suoi film indimenticabili come La perla (1945) e Río Escondido (1947). La separazione fra i due, dopo 7 anni di convivenza, spinse Columba a venire in Europa dove conobbe Francisco Rabal del quale divenne buona amica ma, almeno ufficialmente, niente di più. Quando poi l’attore spagnolo andò a girare in Messico, la stampa locale scrisse addirittura che veniva a sposarla, cosa che El Indio non gradì. Finalmente beccò Rabal mentre parlava con il suo compatriota Luis Buñuel negli estudios Churubusco (Cinecittà messicana) e gli si avvicinò già con la mano sulla pistola, pronto a passare a vie di fatto … solo l’intervento del rispettato regista esiliato evitò uno spargimento di sangue!
Singolare, ma per motivi completamente diversi, il suo rapporto con Olivia de Havilland … mai incontrata di persona ma, essendone innamorato perso, le scriveva lettere appassionate che poi faceva recapitare nelle sue mani dal comune amico Marcus Goodrich, scrittore e sceneggiatore americano che lo aiutava con l'inglese, che però finì con lo sposare lui l'attrice. Non è chiaro se questa sia stata una storia alla Cyrano o meno. Non è dato di sapere se l’amico messaggero fece passare per sue le appassionate lettere di Emilio o l’amore nacque in modo diverso. Comunque sia, i puri sentimenti del regista non cambiarono e riuscì a far cambiare il nome della strada che fiancheggia casa sua in Calle Dulce Olivia.
Non ho riportato questi aneddoti come pettegolezzi, ma per far comprendere che, in sostanza, El Indio impersonava lo stereotipo di un certo tipo di messicano, da un lato machista e violento, dall’altro romantico appassionato, disposto a perdere tutto per amore, onore, denaro e finanche la vita … e molti dei protagonisti dei suoi film sono così. Per esempio, in questa scena di Enamorada (1946), il suo (quasi) alter ego Pedro Armendáriz, che interpreta un violento generale rivoluzionario che ha fatto incarcerare un onesto possidente locale, fa cantare il famosissimo e struggente son huasteco (huapango) Malagueña Salerosa alla figlia dello stesso, della quale si è fatalmente invaghito (Maria Felix), in un certo senso contraccambiato.
Nella sezione Cannes Classics 2018, Martin Scorsese presentò come evento speciale la versione restaurata del film, lì premiato nel 1947, che ha più volte affermato essere uno dei suoi preferiti, oltre ad apprezzare il cinema messicano in generale; non trascurò di elogiare anche Gabriel Figueroa, direttore della fotografia di questo e tanti altri ottimi film in bianco e nero. Enamorada era già stata riproposto nel corso del Festival 2005, in una proiezione pubblica e gratuita sulla spiaggia di Cannes.

mercoledì 12 febbraio 2020

Micro-recensioni 31-40 del 2020: molti ottimi film poco noti

Quarta decina del 2020, con ottimi film e alcuni registi acclamati dai cinefili, ma poco conosciuti al grande pubblico. Li anticipo in gruppi: 3 fra i migliori film del bravo ma poco noto Max Ophüls, due di Alain Resnais, teorico e punto di riferimento della Nouvelle Vague, due recenti uscite (Bombshell e Dark Waters), una insulsa commedia inglese e una geniale comedia negra realista del solito Berlanga e, infine, un ottimo film (seppur dei meno noti) del maestro Kurosawa … e comincio da questi ultimi “pezzi singoli”.

 

I cattivi dormono in pace (Akira Kurosawa, Jap, 1960) con Toshirô Mifune, Takashi Shimura, Masayuki Mori, Chishû Ryû, Kyôko Kagawa * IMDb 8,1 RT 100% Nomination Orso d’Oro a Berlino
E qui i “cattivi” sono veramente cattivi, direi perfidi, sebbene sotto le spoglie di persone per bene e di successo. Intrusione di Kurosawa nel mondo delle grandi aziende, che portano avanti i loro tanti intrighi fra corruzione, minacce e ricatti. Scordatevi dei samurai e dei codici d’onore, in questo film viene messo in evidenza il peggio della società economico-industriale del Giappone del dopoguerra. Anche in questo ambiente particolare, il regista giapponese crea atmosfere perfette di tensione e violenza, usando al meglio il wide screen e il bianco e nero, sia fra le macerie della fabbrica, sia nella scena del matrimonio, sia nella grande casa del capitano d’industria, con la sua difficile convivenza con i due figli. Assolutamente consigliato.

Los jueves, milagro (Luis García Berlanga, Spa, 1957) con Richard Basehart, José Isbert, Paolo Stoppa, José Luis López Vázquez * IMDb 7,4
Un’altra perla della commedia realista spagnola degli anni ’50, opera quasi esclusiva dell’creatività e genialità di Berlanga in questo genere. Una deliziosa comedia negra prodotta con molto poco, utilizzando come set il piccolo paesino Alhama de Aragón (Fuentecilla nel film), noto per le sue acque termali che sono parte fondamentale della storia, insieme con San Dimas (San Disma in italiano, il buon ladrone crocifisso al lato di Gesù). Oggi conta poco più di 1.000 abitanti, non penso che all’epoca fossero molti di più e tanti interpretarono i loro personaggi reali, specialmente nelle scene in chiesa e quelle delle processioni. La scelta del cast fu fra le maggiori spese della produzione italo-spagnola evidenziata dalla presenza fra i protagonisti (al fianco degli onnipresenti Isbert e López Vázquez) di Paolo Stoppa e Richard Basehart (che all'epoca lavorava in Europa essendo sposato con Valentina Cortese) … di conseguenza esiste la versione italiana (bravo chi la trova) con titolo Arrivederci Dimas.

   

Letter from an Unknown Woman (Max Opuls, USA, 1948) con Joan Fontaine, Louis Jourdan, Mady Christians * IMDb 8,0 RT 100%
Le plaisir (Max Ophüls, Fra, 1952) con Jean Gabin, Danielle Darrieux, Simone Simon * IMDb 7,7 RT 89% Nomination Oscar film straniero
Madame de ... (Max Ophüls, Fra, 1953) con Charles Boyer, Danielle Darrieux, Vittorio De Sica * IMDb 8,0 RT 97% Nomination Oscar costumi

Max Ophüls fu uno dei tanti registi di origini austroungariche che poi ebbe successo in Francia e Stati Uniti (qui come Max Oplus), ma senza affermarsi troppo se non con la sua ultima decina di film ottenendo anche 2 Nomination Oscar. I suoi migliori film sono storie melodrammatiche descritte in modo snello, con continui movimenti di camera e tanti piano-sequenza mai troppo lunghi, ma sempre estremamente accurati ed interessanti. I cast contano su tanti nomi noti ma, soprattutto, ottimi interpreti.
Oltre alle interessantissime e curate scenografie, è notevole anche la fotografia bianco e nero, che ho potuto apprezzare al meglio nelle versioni restaurate della Gaumont (fondata nel 1895) che spende tanto digitalizzando molti dei propri film del secolo scorso. Se si sopportano storie d’amore appassionate, codici d’onore che portano a duelli mortali, svenimenti e via discorrendo, sono tre film da non perdere, di grande qualità cinematografica.
 
Muriel (Alain Resnais, Fra, 1963) con Delphine Seyrig, Jean-Pierre Kérien, Nita Klein * IMDb 7,3 RT 83% 2 Premi e Nomination Leone d’Oro a Venezia
Staviski (Alain Resnais, Fra, 1974) con Jean-Paul Belmondo, Charles Boyer, François Périer * IMDb 6,6 RT 91% Menzione Speciale per Charles Boyer e Nomination Palma d’Oro a Cannes

Entrambi meritano certamente un'attenta visione per lo stile e soprattutto per il montaggio. Il primo ha una struttura quasi teatrale con buone interpretazioni dei pochi personaggi, indecisi, volubili, alcuni irascibili, nel complesso insopportabili; il secondo, pur basandosi su eventi reali, è una storia vista e rivista … si salva brillantemente la regia.
   

Dark Waters (Todd Haynes, USA, 2019) con Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Tim Robbins * IMDb 7,6 RT 89%
Bombshell (Jay Roach, USA, 2019) con Charlize Theron, Nicole Kidman, Margot Robbie * IMDb 6,8 RT 70% Oscar per il trucco e 2 Nomination Charlize Theron protagonista e Margot Robbie non protagonista

Due degli ormai sempre più frequenti film basati su famosi scandali o inchieste giornalistiche (dove sono gli sceneggiatori di una volta?), in stile "Davide contro Golia". Entrambi sostanzialmente ben realizzati ma il troppo parlare (per lo più in uffici e fra avvocati) ed l'essere storie note li penalizza. Non è un genere che lascia molto spazio alla parte puramente “cinematografica”.
Il primo tratta della famosa causa collettiva per inquinamento dell’acqua di Parkersburg, WV, contro un colosso mondiale dell'industria chimica (Dupont) le cui azioni, all'uscita del film, persero di colpo il 10%. Il bravo Mark Ruffalo sembra perfetta scelta per il personaggio che, contro ogni logica e possibilità intraprende una guerra contro tale gigante economico. 
Il secondo si occupa dello scandalo delle molestie sessuali alla Fox News nel 2016, in piena campagna elettorale di Trump. D’accordo sulla Nomination a Charlize Theron non su quella a Margot Robbie; nel complesso inferiore all'altro. 

Mrs Henderson Presents (Stephen Frears, UK/USA, 2005) conn Judi Dench, Bob Hoskins, Christopher Guest * IMDb 7,0 RT 67% 2 Nomination Oscar

Commedia insoddisfacente nonostante sia diretta da un buon regista e interpretata da due bravi attori come Judi Dench e Bob Hoskins