Certamente ultimo post del 2015 e anche ultimo,
probabilmente, dedicato a Las Cañadas per questo
soggiorno canario. Sono tornato in una delle aree più frequentate del Parque del Teide per ripercorrere il
circuito abbastanza semplice e breve (3,5km) attorno a los Roques de García.
Queste sono la parte rimanente del margine della
caldera di Ucanca, attualmente
una pianura desertica di oltre un km di larghezza,con solo un paio di rilievi
isolati. Un bravo vulcanologo può raccontare la storia millenaria di questo
cratere osservando la grande varietà di emergenze, rocce, colori e forme
completamente differenti le une dalle altre pur trovandosi a poche decine di
metri le une dalle altre o addirittura incastrate fra loro.
Ma anche il semplice osservatore attento non potrà
fare a meno di rimanere incantato di fonte a tale spettacolo che, oltretutto,
ha come sfondo il Teide a nord e il margine de Las Cañadas del Teide a ovest, al di là del Llano de Ucanca.
Delle 35 foto di questo album, qui ve ne propongo
alcune. Fra le tre strutture caratteristiche del gruppo, oltre a La Catedral e La Cascada, c'è el
Roque Cinchado (a destra), senz'altro il più significativo, strano, fotografato e famoso in quanto è
uno dei simboli del Parque ed ancor più famoso fra tutti gli spagnoli ultratrentenni.
Il disegno di questo pinnacolo, insieme con una ridottissima mappa delle Canarie, era molto evidente e riconoscibile sulle banconote da MIL pesetas, in circolazione fino
all'avvento dell'euro quando furono"trasformate" in 6,01 euro (cica
11.635 lire), quindi taglio molto comune.
La grande varietà di rocce comprende anche piccole
colate che oggi appaino come nere cascate pietrificate, grosse torri composte
da rocce quasi geometricamente regolari o a scalini e altre artisticamente
modellate dagli agenti atmosferici, affioramenti di lava cordata (a sx) e fra
tutto ciò enormi Echium Wildpretii
(nella foto a dx, ormai secchi).
Dopo aver "perso"
un sacco di tempo fra queste meraviglie geologiche, ho dovuto affrettare il
passo per completare il mio giro e non perdere la guagua (bus).
Certamente non interessante come la prima parte sia l'attraversamento del Llano deUcanca, sia il circuito Roque del Pino, sanatorio, Montaña Majúa e Cañadas Blanca, hanno comunque offerto nuovi punti di vista e tante occasioni di foto che potete vedere in questo album.
All'anno prossimo, che sarà inaugurato con un post di presentazione di una novità, prima di concludere la serie "i miei sentieri preferiti" con il crinale Campanella - Santa Croce (San Costanzo).
Nuova inversione nell'ordine della descrizione dei
miei sentieri preferiti, anticipo Monte Solaro sull'isola di Capri
a discapito di Monte San Costanzo. Come è noto ai più, via Campanella è
ancora chiusa per lavori e di conseguenza il modo ideale di percorrere il
crinale dalla punta al monte risulta poco convenente (si dovrebbe scendere da Vetavole
almeno fino a Rezzale e poi risalire lungo lo stesso percorso). L’itinerario che mi accingo a descrivere (combinazione dei sentieri 6, 5 e 4 della mappa in basso) segue il ciglio della imponente falesia meridionale dell'isola di Capri fra la Guardia e l’Eremo di Cetrella, passando per Migliera, Cocuzzo e Solaro.
Quindi, saltiamo sullo scoglio, andiamo ad Anacapri e proseguiamo fino alla Torre
di Guardia (circa 200m s.l.m.) su tipiche stradine capresi per andare
finalmente ad imboccare il sentiero 6 che
ci guiderà fino alla Migliera. Chi vuole risparmiare circa 700m di
camino ed un centinaio di metri di salita può saltare questo tratto andando
direttamente al Belvedere dellaMigliera, ma si perderà vari
interessanti panorami. Infatti al lato del sentiero che corre all’interno della
pineta all’ombra e mai sul ciglio vero e proprio (nessun problema per chi
soffre di vertigini) sono stati creati vari belvedere, questi sì sul ciglio, ma
dotati di ringhiera metallica.
Intraprendiamo ora il percorso 5 che ci porterà fino a Monte Solaro, vetta
dell’isola con i suoi 587m di quota. Con i suoi quasi 2km di sviluppo è il più
lungo dei tre, presenta una parte centrale molto ripida ed un dislivello
complessivo di quasi 300 metri. L’ascesa a Monte Cocuzzo, vista dalla
zona del Pisco (non vi dimenticate di affacciarvi per vedere il duomo
sui quale incredibilmente proliferano i pini - foto a sx) è impressionante e sembra quasi
impossibile da affrontare (foto a dx) ... ma dopo essere giunti in cima (in effetti ci
vuole meno di quello che si possa pensare) non rimpiangerete certo
l’arrampicata.
Pro e contro di Monte Solaro: troverete molti
turisti (saliti in seggiovia, probabilmente le prime persone che vedrete dopo
aver lasciato la Migliera), ma in compenso c’è il bar (chiuso d’inverno)
situato al punto giusto per una birra, un caffè o altro.
Monte Cocuzzo con Faraglioni e sentiero 5 da Monte Solaro
Da qui e fino a
raggiungere l’Eremo di Cetrella lungo il semplice e piacevole sentiero 4 (700m circa) avrete uno splendido colpo d’occhio
sulla parte orientale di Capri (Faraglioni e Villa Jovis
inclusi) con la Penisola Sorrentina sullo sfondo, dalla vicina Punta
Campanella fino al Molare. Visibilità permettendo, a sinistra si
apre tutto il Golfo di Napoli con le altre isole ed il Vesuvio e a
destra il Golfo di Salerno con Li Galli e ancora più lontano Punta
Licosa.
Sarebbe bene che, a questo punto, aveste già deciso come ritornare a
valle in quanto i tre percorsi (segnati) più frequentati hanno caratteristiche molto diverse. Quello più semplice e tranquillo è la ben battuta antica
mulattiera che vi riporta ad Anacapri ma volendo, prima di arrivare al
centro, potrete anche svoltare direttamente per la Scala Fenicia che vi
conduce al porto. Le altre due discese (1Passetiello e 2Anginola) sono
molto più avventurose e dovrebbero
essere affrontate solo da chi ha una certa esperienza e buona attrezzatura. Da
evitare con pioggia, ghiaccio (d’inverno capita, sono esposte a nord-est) o con
terreno molto umido. Ricordo infine che l’Anginola ha un tratto quasi verticale
che, per fortuna, diventa più semplice e sicuro sostenendosi ad alcune catene e
corde metalliche sistemate all’uopo da qualche anima pia. Per rendervene conto date uno sguardo a questo video
L’itinerario si può fare ovviamente al contrario
(suggerito se si vogliono percorrere Passetiello o Anginola), ma
utilizzando la stradina comunale fra Cetrella e Anacapri trovo
che sia molto meglio percorrerlo come appena descritto. Tutti i sentieri numerati in mappa sono facilmente individuabili sia per essere abbastanza battuti che per avere segnavia di vernice rossa. LINK:
La
Orotava (23 dicembre) e La Laguna (24 dicembre)
Sono salito a La
Orotava, una volta città più importante dell’area, che dà in nome a tutta
l’enorme valle e una volta anche a Puerto
de la Cruz il cui nome originale, prima della costituzione in comune
autonomo, era appunto Puerto de
Orotava. Non da ultimo, mentre i vari versanti della caldera del Teide
sono ripartiti in più comuni, LasCañadas
ricadono interamente nel suo territorio e quindi, di diritto, ospita la
sede del Parque Nacional.
Come vedrete scorrendo le foto di questo album, La Orotava conserva numerosi palazzi
d’epoca, dallo stile coloniale al liberty, chiese di un certo pregio, giardini
molto ben curati e, in questo periodo, numerosi presepi.
Devo dire che in merito a questi ultimi sono rimasto
un po’ deluso essendo nettamente inferiori a quelli esposti a Puerto de a Cruz, dei quali ho già
detto in un precedente post. Tuttavia ho trovato delle scene molto ben
rappresentate ed in particolare quella dei passatempi.
Ci sono un sacco di
giocattoli in miniatura, dal trenino di legno al cavallo a dondolo e bambini
che giocano con lo strummolo
(trottola), il cerchio (di ferro) e alla cavallina. Queste azioni dinamiche
sono molto ben descritte, ma i pastori
sono veramente orrendi, per non dire osceni. Qualche spunto originale era presente anche nel
grande presepe a grandezza naturale allestito nel Plaza del Ayuntamiento.
Il nome completo ed ufficiale è San Cristóbal de La Laguna (città fondata
nel 1496, capitale di Tenerife da allora fino al 1723), ma tutti la
chiamano semplicemente La Laguna.
Per lo più pianeggiante, il centro storico è
attraversato da ampie strade quasi tutte pedonalizzate ed è ricco, come
qualunque altra cittadina coloniale dell’epoca della Conquista, di edifici
nobiliari con delle belle corti interne a giardino, balconi in legno coperti, chiese e conventi. Al
margine nordorientale del centro si trova il Mercado Municipal, ieri più affollato del solito sia in quanto giorno
semifestivo sia perché in tanti dovevano approvvigionarsi per i vari pranzi e
cene. Foto del centro e del mercato
Anche qui a Tenerife la tradizione prevede la
cena della vigilia di Natale (Nochebuena) per lo più a base di pesce, crostacei
e molluschi (a tal proposito guardate le foto della mia cena a Casa Tata, con la famiglia).
Dalle foto dei banchi del mercato vedrete che molto
del pesce era già stato venduto mentre evidentemente non c’era stata una corda
al baccalà e verdure. Notate la grande varietà di tipi di patate che qui hanno
un ruolo basilare nell’alimentazione (arrugadas,
fritte o bollite comunque sono a tavola), in quasi qualunque banco di frutta e
verdura occupano uno spazio notevole.
Della cena della vigilia alle quale sono stato invitato ho particolarmente apprezzato le navajas a la plancha con mojo verde
... una delizia. Sono dello stesso
genere (Ensis) dei nostri cannolicchi, ma un po’ più grandi e pieni. Foto a sinistra
Anche le gulas con gambas erano notevoli. Attenti a non confondere le gulas con le angulas ... le prime sono un succedaneo delle seconde e furono inventate a causa dei prezzi proibitivi (fino a quasi 1.000 Eur/kg) delle angulas che sarebbero gli avannotti di anguilla. Sono fatte di pasta di pesce, assolutamente salutare. Foto a destra
Ieri ho visto Star Wars: The Force Awakens(J. J. Abrams, 2015)
Colori in 3D * IMAX 12-Track
Digital Sound Dolby Atmos, Surround 7.1 * 2,35:1 cinemascope
Se nel 1970 il film di George Lucas segnò una svolta
epocale nel cinema, almeno nel campo della fantascienza, questa versione 3D sembra
più un remake con nuovi effetti speciali e la riesumazione di vecchi personaggi e interpreti (p.e Harrison Ford)
che non contribuiscono certo al successo della pellicola.
Sono convinto di
quanto appena detto ma, pur essendo vero che non sono un appassionato del
cinema fantastico né un fanatico degli effetti speciali, posso dire che visto
in 3D in un’ottima sala con ottima acustica è un film spettacolare e in varie
scene sembra di stare effettivamente al centro dell’azione (a un certo punto sono
stato quasi speronato da un’aeronave...).
Tuttavia resta solo un gran videogioco costato circa 250mln di dollari, ottimo
investimento per i produttori visto che nel solo primo week-end nelle sale ne
ha incassati 238!. Trama, dialoghi e interpretazioni sono tutt’altro che
memorabili.
L’altrieri ho visto Blancanieves(Pablo Berger, 2012) in b/n * muto * Academy standard 1,37:1 (nello schema in basso si vede chiaramente la differenza fra il classico formato Academy standard e il Cinemascope)
Pochi ne avranno sentito parlare e ancor di meno
avranno visto questo film spagnolo del 2012 che, similmente a The Artist
(dell’anno precedente), è in bianco e nero e con solo commento sonoro più
cartelli ma che ha ben poco a che vedere con il suo più famoso e acclamato collega.
La trama, che solo vagamente segue la storia della
Biancaneve dei Grimm, viene ambientata nell’Andalusia degli anni ’20 ed è
infarcita di citazioni cinematografiche - p.e. Freaks (T. Browning, 1932) e
Faust (F. W. Murnau, 1926) - e di riferimenti ad altre favole (p.e. Pinocchio e
Cenerentola).
Fotografia e montaggio assolutamente superlativi, e
non solo secondo me. Ottima anche la colonna sonora.
Precisa e nitida ricostruzione di un’epoca e di
alcuni ambienti sia attraverso ritratti di semplici comparse (complimenti anche
a chi a diretto il casting) sia soffermandosi su ambienti, oggetti e,
ovviamente sui rituali e superstizioni legate alla corrida.
Anche la colonna sonora è stata molto apprezzata ed
ha conseguito numerosi premi, in particolare per la canzone originale No te puedo encontrar (Silvia Pérez Cruz, voce, Juan Gómez "Chicuelo",
guitarrista) che potete ascoltare guardando la scena del film in questo video.
La trama ha vari sviluppi inaspettati, fino al
termine ... e non dico oltre, e le scene di suspense in stile classico con
lunghi primi piani sfociano spesso in un montaggio frenetico che non sempre
descrive ciò che ci si aspetta. Anche se non fedele alla storia originale, sono presenti e ben descritti tutti gli elementi sostanziali di una favola classica: innocenza, ingenuità, bontà e coraggio avversate da perfidia, invidia,
gelosia e avidità.
In un’intervista il regista Pablo Berger ha
dichiarato che l’idea l’ebbe oltre 20 anni prima di realizzare Blancanieves
subito dopo aver visto per la prima volta un film muto (Greed - in Italia
titolato Rapacità, di E. Von Stroheim, 1925) oltretutto con commento sonoro dal
vivo di orchestra sinfonica al Festival San Sebastian dove era presente nelle
vesti di cronista. Il film ha ottenuto ben 47 Premi su 97 nomination, è
arrivato in Italia nel 2012 (Festival di Torino) e poi nelle sale nel 2013, ed
è il secondo lungometraggio di Berger
(il primo, Torremolinos 73) lo
diresse ben 9 anni prima.
Nel 1988 diresse il suo primo (e unico)
cortometraggio e a seguito del successo ottenuto gli fu assegnata una borsa di
studio per un master di cinema a New York. Terminato il dottorato rimase nella
Grande Mela ad insegnare regia presso la New York Film Academy (NYFA).
Chissà
se e quando vedremo il prossimo film (probabilmente di tutt’altro genere) di Berger visto che in 25 anni anni ha
prodotto solo un corto e due lungometraggi, ma lui è uno che mangia pane e film e non si può essere
sicuri di niente. Oltretutto non ha bisogno di grandi budget visto che ha
girato un piccolo capolavoro con circa 6mln contro i 250mln di dollari di Guerre Stellari
ed ha ottenuto recensioni migliori (anche se due generi così diversi non
possono essere comparati).
Un’ultima precisazione rivolta a quelli che si sono
“impressionati” al solo leggere la
parola corrida. E’ vero che è ambientato al margine del mondo della tauromachia,
ma vi posso assicurare che non si vede nessuno scontro torero/toro nel quale
sia sparsa una sola goccia di sangue taurino e quelli che hanno scritto che per
girare il film sono stati uccisi 9 tori sicuramente non hanno visto il film, ma
semplicemente letto la trama (io comunque e ne ricordo solo 7, gli altri non
erano tori e comunque non vengono uccisi tutti neanche nella finzione ...).
Esempio: plaza de toros, entra il
torero, entra il toro, il torero viene acclamato, entra il toro successivo ...
si lascia intendere che il primo toro sia stato ucciso. Non ci sono banderilleros, né picadores. Questi stessi benpensanti si scatenano su una semplice parola e poi lasciano che i loro figli guardino ogni tipo di violenza, droga, torture,
guerra e sesso in televisione ... bah!
Blancanieves è un film sulle favole, sulla corrida o sul cinema? Senz’altro l’ultima.
PS - dei film 2015 che ho visto vi consiglio senz’altro
Sicario (del quale ho già
parlato) e Bridge of spies. Ho trovato pessimi The Homesman e In the heart of the sea. Due più che onorevoli commedie con risvolti
drammatici sono Truman e il
giapponese An (titolo it. Le ricette della signora Toku). E se il vostro genere è la fantascienza, devo dire
che a Star Wars ho preferito Hunger Games: Mockingbird 2, anche
se meno spettacolare. Resto in trepidante attesa di The Hateful Eight (Tarantino), The Revenant (Iñárritu), Spotlight(McCarthy) e, perché no, di
Joy (Russel).
Mi ritrovo a scrivere sull’argomento dopo aver
accuratamente analizzato il percorso della mia escursione di venerdì scorso,
della quale ho trattato nel precedente post. Questo non è descrittivo, è un
semplice resoconto delle incongruenze delle varie fonti a mia disposizione per
effettuare la camminata in sicurezza, perdendo il minor tempo possibile alla
ricerca del percorso pianificato e dei modi nei quali le ho affrontate. Le cose
non sono sempre così semplici come si spera che siano ed è bene pensare a dove
si va. Seppur indirizzato quasi esclusivamente agli escursionisti, se ne
possono trarre conclusioni valide in molti altri campi.
Se il resoconto vi annoia, passate direttamente alla
morale-suggerimenti
conclusivi (in calce)
Non
vi fidate ciecamente di ciò che è scritto, descritto o risulta da uno
strumento
Come ho già avuto modo di scrivere, è assodato che
la carta perfetta non esiste e non potrà mai esistere se intesa come
rappresentazione precisissima di un territorio riprodotto su un piano. A queste
difficoltà oggettive vanno aggiunti gli errori che per distrazione o fallace
trascrizione possono essere attribuiti al compilatore della carta che non
sempre è il cartografo che ha agito su campo. Non
é importante sapere come e perché c'è l'errore, né chi l'ha fatto ... non serve
a molto quando si sta in escursione; è invece fondamentale saper intendere le
incongruenze e gestirle nel miglior modo possibile. Con un po' di esperienza si
valutano le età delle varie informazioni,
cercando di capire quali sono le più obsolete e quali le più recenti. Sul
territorio, similmente, si deve tentare di valutare se un sentiero è storico o è nuovo, tracciato a soli fini escursionistici. A prescindere
da tutto ciò si deve tener presente che, parimenti a qualunque tipo di guida, fra
il momento delle rilievi e quello della stampa passano vari mesi e fra un’edizione
e la successiva (non sempre aggiornata) trascorre ancor più tempo e quindi l’utente
finale spesso si ritrova fra le mani descrizioni di vari anni addietro.
Per fortuna nella caldera del Teide è
abbastanza facile orientarsi in quanto si cammina fra i 2.000 e i 2.500m e la
cima del vulcano (3.718m, foto in alto) è quasi sempre visibile, da qualunque lato. Visto che
ho sempre atteso le giornate adatte (con buona visibilità) mi sono potuto
avventurare su vari sentieri secondari e parecchie volte fuori sentiero, sapendo
dove mi dirigevo e contando sul fatto che dopo varie centinaia di metri mi sarei
riportato su un determinato sentiero dei 37 segnati nel Parco Nazionale. Questi,
in linea di massima, sono ben tracciati ed evidenti essendo limitati da pietre
distanziate fra loro, però i segnavia con il numero dell’itinerario sono
rarissimi e poco visibili e quindi è di fondamentale importanza essere sicuri
del sentiero che si sta percorrendo ed in quale senso ...
Ho tentato di mettere su carta le informazioni che
avevo in partenza e quelle acquisite a fine giornata. Sono partito con la Guida Rother (4^ ed., aggiornata nel
2013) la cui cartina indicava un percorso parzialmente diverso dalla traccia
gps fornita dalla stessa casa editrice. Comunque la mappa indicava l’esistenza di un
sentiero lungo tutto il percorso gps che ho rappresentato con puntini verdi,
quelli più grandi evidenziati in giallo indicano il sentiero presente in carta,
ma non nella realtà. I puntini blu sono il percorso segnato sulla mappa Rother mentre la sottile linea verde
evidenziata in giallo indica il tratto di sentiero (rosso, n. 37) presente
sulla carta del Parco ma assolutamente inesistente. Quindi tre fonti, tre
indicazioni diverse, seppur parzialmente.
Nella carta del parco qui in alto, sulla quale ho
aggiunto le varie informazioni, si nota che le linee indicanti i vari sentieri sono
molto tremolanti che indicano
chiaramente che sono tracce gps sovrapposte alla base. In considerazione
del tipo di territorio, della distanza fra i sentieri e della piccola scala in questo caso l'operazione va più che bene. Come vedete la traccia del mio percorso (tratteggio blu, ben 23km rappresentati in pochi cmq) si
sovrappone quasi perfettamente (le due discrepanze in basso sono i fuori
sentiero effettuati per andare a fotografare i dicchi).
Non ho potuto seguire la traccia (punti verdi
evidenziati in giallo) in quanto c’erano varie zone recintate e vietate di rimboschimento sperimentale e varie
barriere naturali di vegetazione alta e fitta, ma ho continuato a procedere
verso est sicuro che dopo varie centinaia di metri avrei trovato la pista
forestale, una strada sterrata impossibile da oltrepassare senza accorgersene.
In questo caso era chiaro che le recinzioni erano recenti e la guida non poteva
esserne a conoscenza 3 anni fa.
Diverso è il discorso per il tratto con puntini blu
in quanto, tornando sui miei passi dopo la deviazione sul 20 fino al Mirador, pensavo di dover
attraversare la pista e proseguire diritto, forse spostandomi un po’ a destra.
Invece le pietre che limitavano il sentiero mi portavano a sud-ovest (quindi a
sx) parallelamente alla sterrata. Percorsi oltre 300m senza che il sentiero
accennasse a girare verso ovest o ad allontanarsi dalla pista sono tornato
indietro fino all’incrocio per essere sicuro che non ci fossero altra
indicazioni o bivi ... niente! Quindi ho ripercorso il tratto per la terza
volta e mi sono spinto oltre e solo dopo quasi 500m il sentiero ha preso la
direzione giusta.
Morale-suggerimenti
conclusivi
Non iniziate escursioni in territori sconosciuti
senza almeno una cartina, una guida (le tracce gps possono essere utili ma vanno
sempre abbinate ad una mappa). Per quanto possibile, incrociate almeno due tipi
di dati, di fonti diverse.
Se non trovate un sentiero non indispensabile
procedete egualmente nella direzione giusta (se la conoscete e siete in grado
di seguirla) a patto che abbiate davanti a voi - anche a varie centinaia di
metri - quella che gli orientisti chiamano una linea d’arresto, vale a dire un elemento trasversale al vostro
avanzamento tanto evidente da non poterlo mancare (fiume, strada, crinale,
elettrodotto, ...)
Se avete dubbi non vi allontanate troppo dall’ultimo
punto certo. Percorsi 200-300m tornate indietro, osservate, ragionate e solo se
siete sicuri di dove state andando ripartite. Allontanandosi troppo si rischia
di non ritrovare il punto certo e di
perdere molto tempo (prima o poi fa buio ...).
Infine, suggerisco di non
andare mai da soli, come è buona norma, e di non imitare me che
spesso esploro in solitario.
PS - il sentiero 37 è il più recente, la precedente guida
del Parco ne indicava solo 35; è lecito pensare che, fra le tracce dei vari
progetti, abbiano riportato quella errata ... domani andrò alla sede del Parco ad “indagare” e a
segnalare (su sollecitazione dello staff del Centro de Visitantes)
Punta Brava, Puerto de la Cruz (Tenerife), 19
dicembre 2015
Ennesima escursione in altura attorno al vulcano (Las Cañadas del Teide) con oltre la metà del percorso assolutamente nuovo per me. Decine di coni, colate e colori sempre diversi. Nella foto in basso, da sinistra a destra, si vedono la pressoché nera Montaña Rajada, (2.507m), Montaña Blanca(2.748m), il Teide (3.718m) con le sue nere colate (relativamente) recenti e, più in primo piano, la marroncina Montaña Mostaza(2.248m).
Approfittando della giornata
senza una nuvola, dall’alba al tramonto, e senza vento sono tornato a fotografare
il dicco che mi aveva già colpito nella scorsa uscita. (album di sole foto del dicco in questione).
Comincio con lo spiegare semplicemente di cosa si tratta. Me lo ha detto in poche parole un mio amico vulcanologo e poi sono
andato, come mia abitudine, ad approfondire l’argomento in rete.
DICCO: corpo roccioso, generalmente con andamento subverticale o obliquo,
formatosi per il raffreddamento di magma in un condotto di alimentazione o in
una frattura. Vasti sistemi di dicchi antichi sono posti in evidenza dai
processi di erosione. ... (da vulcan.fis.uniroma3.it)
In parole povere, il magma entra nella frattura e si
solidifica. Dopo un po’ di anni (eufemismo) se l’erosione di ciò che lo
conteneva avviene più rapidamente di quella del dicco, questo rimane scoperto
con forme molto varie. Di frequente appare quasi come un muro lungo, verticali e
più o meno sottile (come in questo caso).
Questa volta mi sono spinto fin sulla cresta della
caldera giungendo fino al Mirador del Corral
del Niño dal quale (ieri) si vedeva chiaramente Gran Canaria.
Ho
attraversato Arenas Negras (dalla foto il perché risulta evidente, eppure riescono a crescere degli Echium) e prima di arrivare alla Degollada de Abreo mi sono imbattuto
in un inusuale vallone con entrambe le spalle per lo più di pomici, ma di
colori diversi, ed un margine costituito da uno spesso strato roccioso che si
sfalda a grossi blocchi (foto in basso).
Dall’alto vedevo file di macchine, minibus e taxi
lungo la strada, ma sui sentieri ho incontrato pochissime persone, nessuna
durante la decina di chilometri nella parte alta. Per mia fortuna (purtroppo
per loro) tutti si accalcano in pochi punti (Teleferico, Parador,
Roques de Garcia) in
prossimità delle rotabili, così come succede in Penisola o a Capri dove il 90%
dei turisti non sa neanche cosa si perde per non percorrere qualche chilometro
a piedi. Ripeto il suggerimento: prendete in considerazione i vulcani per le vostre escursioni. Nel Sud non ci mancano di certo ...
fra la
Croce di Capodacqua e la sella di Arola passando per Monte Comune, ovviamente ...
Procedendo verso l'estremità della Penisola, della
quale tratterò nel prossimo post, c'è un altro percorso quasi completamente in crinale,
che può essere percorso in entrambe i versi con medesima (grande)
soddisfazione.
Il tratto del quale vado a scrivere, che si è
meritato uno posto fra i magnifici 7,
è quello fra la Croce di Capodacqua e la sella di Arola, a monte
della Selva dei Morti. In mezzo, come molti di voi ben sanno, c'è Monte
Comune che, con i suoi 881,7 metri s.l.m., è la maggiore altura a ovest del Faito. Quello
che forse pochi sanno è che i suoi pendii meridionali sono i più ripidi dei Lattari
infatti dal ciglio del pianoro a pascolo (870m) in pianta il mare si trova a un
solo chilometro.
Come dicevo, non ci sono alture neanche lontanamente
simili a ponente e quindi la vista in quella direzione può spaziare liberamente
sulla serie di vette gradualmente minori: Vico Alvano (641m), Tore (526m) e San Costanzo (più esattamente Santa Croce, 495m) per poi risalire ai 587m del Solaro, ma questo si trova sull'isola
di Capri.
La suddetta estrema pendenza a sud fa sì che a
ponente di Capodacqua non ci siano traverse percorribili in sicurezza da
quel versante (e addirittura non ci siano nemmeno sentieri in costa, se non
qualche traccia poco sicura) e, visto che l'antica mulattiera fra il cancello di Arola e Tordigliano
è da anni impraticabile, per tornare sulla statale amalfitana si deve arrivare
fino a Colli San Pietro, dopo aver valicato monte Vico Alvano.
A nord, al contrario c'è modo di collegarsi con via
Bosco (che unisce le frazioni alte di Vico Equense) ad Anaro
(Moiano), Ticciano, Preazzano, Arola. Pertanto chi non ha
intenzione di percorrerlo in ambo le direzioni (soluzione da non scartare,
assolutamente non peregrina) potrà chiudere sul circuito utilizzando i mezzi
pubblici della linea Sorrento - Amalfi (SITA) o quelli della circolare di Vico Equense
(EAV).
Per uniformità con la successione dei percorsi precedentemente
descritti, procederò verso i Colli. L'inizio è una breve salita che
escluderei dal tratto, ma purtroppo è necessaria. Sembra facile e poco ripida,
ma la battuta è in pendenza e per assurdo, preferisco la salita della Conocchia,
ben più ripida. Per fortuna è breve e subito si passa su un sentiero estremamente
piacevole egualmente pendente, forse di più, che ben presto si avvicina al
margine della falesia e si affaccia sulla costa da Positano a Capo
Sottile (Praiano). Di tanto in tanto voltatevi per apprezzare l’ampio
valico di Santa Maria del Castello, dominato dalla Conocchia e Sant’Angelo
a Tre Pizzi.
A metà ascesa non dimenticate di effettuare una
brevissima deviazione panoramica sul piccolo promontorio che non potete non
vedere. In prossimità della fine della salita si attraversa un boschetto di
querce e, subito dopo aver superato una prima recinzione, si inizia a camminare
in una distesa pressoché pianeggiante, inusitata per la penisola, fra erba e
fiori. Si procede all’esterno di una seconda recinzione prima per un paio di
centinaia di metri verso sud e poi altri 200m verso ovest prima di scavalcare
un’ennesima recinzione.
Prima di iniziare la discesa una sosta è d’obbligo
per ammirare il panorama, in particolare verso Capri, anche se sarebbe
inutile suggerirlo in quanto non se ne può fare a meno. Fino al cancello di Arola il panorama sarà
quasi uguale ma questo è il migliore per essere il più alto.
Se nel corso della prima parte della discesa
perdeste i segnavia, non vi preoccupate più di tanto ... dirigetevi verso
l'unico rudere che vedete. Segue un breve tratto quasi in piano, non sempre evidente
a causa della vegetazione invasiva, se avete dubbi mantenetevi vicini al
margine dei campi, spesso coltivati. Iniziata la discesa su un sentiero ben evidente
ricordatevi di lasciarlo dopo pochi metri spostandovi ancora una volta verso
sinistra (cercate i segnavia bianco-rossi).
Il resto della discesa è facile da individuare ed
essendo stato segnato più volte in epoche diverse non vi meravigliate se
troverete segni discordanti e un mare di tracce. Avvicinandovi alla sella di
Arola avrete modo di notare che ci sono due passi divisi da una piccola
altura (584m). Fra essi ci sono vari sentieri, il più panoramico è ovviamente
quello di crinale (marcato in rosso). Comunque arriviate alla seconda, vi consiglio di portarvi sullo sperone di roccia viva (541m) e sul piccolo promontorio successivo (544m) che si protendono verso il mare, punti di vista unici. (le due foto qui sopra)
Lungo tutto il percorso la macchia è estremamente
varia, in qualunque stagione ci sono fiori e in primavera si possono osservare
anche orchidee numerose sia per varietà che quantità.
In questo tratto dell’Alta Via dei Monti Lattari (CAI300) solo una minima parte del cammino è
costituito da sentieri pubblici e storici. Aggiungendo la carenza di rocce,
alberi e muri sui quali marcare i segnavia si capisce perché talvolta è
difficile individuare la tracce. Non da ultimo, a causa della poca evidenza di
un percorso certo e della possibilità di andare quasi dovunque, nel corso degli
anni gli escursionisti sono passati qua e là lasciando un’infinità di tracce. La
vegetazione spesso ha coperto i vecchi segni bianco/rossi e chi li andava a
ripassare, non trovandoli, li posizionava differentemente e quindi, come già
detto, se ne trovano parecchi discordanti.
Per facilitare l’orientamento dei non conoscitori
dell’area descrivo il percorso per punti salienti, rendendo quasi non necessari
i segnavia (ma di tanto in tanto è comunque meglio prestarvi attenzione):
dalla croce di Capodacqua sentiero e,
appena termina la staccionata a destra, iniziare a salire (segnavia evidenti)
lungo la salita mantenevi a sinistra, al margine
dei pendii più ripidi
dopo aver scavalcato la prima recinzione (con
comoda scala in legno) mantenetevi all’esterno della successiva fino all’inizio
della discesa (a metà strada angolo retto verso destra)
usciti dalla recinzione dirigetevi verso il rudere
(unico a vista) al margine di un boschetto
dal rudere, proseguire quasi in piano fra gli
alberi, poi mantenersi a sinistra
all’inizio della nuova discesa, attenti a non farvi
ingannare dal sentiero che gira verso la valletta a destra; lasciatelo subito e
proseguite mantenendovi sul crinale, fino a trovare qualche segno in prossimità
dell’inizio di un pendio più ripido
arrivati nella prossima sezione pianeggiante, su
una cresta rocciosa, poggiare a sx passando fra le due piccole alture di pari
quota (647m)
di lì in poi è impossibile sbagliare essendo il
sentiero ben evidente ed in buona parte limitato da staccionata in legno.
Ho unito le cartine già pubblicate su www.giovis.com del percorso Santa Maria del
Castello - Colli San Pietro (sezione dell’Alta Via dei Monti
Lattari - CAI300) in una sola che,
ovviamente, è un po' più difficile da gestire. In compenso, l’ho ampliata a
nord e a sud in modo che anche chi non conosca l’area si possa rendere conto di
come si possa tornare su una strada. A chi la vorrà stampare consiglio di
dividerla almeno in due A4 orizzontali (per il solo sentiero) o verticali (per la mappa completa), mentre sarà molto più comoda per chi la
vorrà caricare su tablet, smartphone o simili dove potrà ingrandirla e farla
scorrere a proprio piacimento.
Quelli nel titolo sono i commenti frettolosi (e non aggiungo altro) di coloro che non
sanno osservare la natura, similmente a quanto accade a chi non apprezza un
viaggio per mare (tutta acqua) o una passeggiata in un bosco (solo alberi ed
erba) o negli ancora più uniformi e apparentemente monotoni ghiacciai, deserti e distese innevate.
Neanche il fatto di non percorrere nessuno
dei ben 37 sentieri segnati all’interno del Parque Nacional del Teide giustifica questa superficiale
valutazione in quanto dalla stessa strada che attraversa la caldera (ben 15 km
dal Portillo al Parador) si possono ammirare panorami fantastici con cambiamenti
continui di colori e tipi di materiale vulcanico.
Tornando alla mia escursione di sabato 12 dicembre (Portillo - Montaña de los Tomillos- Montaña Rajada(2.508m) - Minas de San José - Risco
Verde - Portillo), non vedendo come possa descriverla nel dettaglio,
tenterò di dare un'idea generale dei panorami e delle sensazioni che sono più o
meno valide per tutta la caldera, chiamando a testimone parte delle circa 200 foto scattate, raccolte in questo album Google+.
Mi rivolgo in particolare a chi non ha mai avuto occasione di attraversare campi
di lava o comunque distese di materiali misti di origine vulcanica e a costoro consiglio
assolutamente di provvedere a colmare al più presto questa grave lacuna. Il suggerimento è
valido per tutti, ma in particolare per gli escursionisti i quali saranno
senz'altro in grado di percorrere più km senza doversi limitare ad allontanarsi
solo qualche centinaio di metri dalla strada.
Quanto più si cammina, tanto più si potranno apprezzare continui
cambiamenti di paesaggio, superare varie colate laviche dalle
caratteristiche completamente diverse, trovarsi davanti a distese pressoché
pianeggianti di sabbia, ceneri, pomici e scorie varie, osservare fiumi di
grosse rocce quasi impossibili da attraversare. In alcuni casi a tutto ciò si
aggiungono vasti panorami spesso dominati dal cono del Teide (3.718m contro i
2.000-2.300m medi de Las Cañadas) o le imponenti pareti della caldera, alte dai 300 ai 700
metri, nelle quali anche il più inesperto potrà leggere avvenimenti e
sconvolgimenti geologici di secoli e secoli. Nella foto a sinistra, osservate la stranissima e strettissima parete rocciosa (dovrebbe essere un dicco) che scende verticalmente nella parete della caldera
Gli stessi colori delle onnipresenti pomici cambiano
dal quasi bianco al giallastro, all’ocra, al rossiccio e fra esse affiorano
rocce anch’esse di varie tonalità fino a quelle nerissime che includono parti
di ossidiana. Nella foto al lato vedete come in pochi centimetri quadrati si trovino
pomici e rocce di varie dimensioni e colori.
Penso di aver detto abbastanza, ma certamente non
tutto in quanto impossibile. Nella foto in alto, invece, scattata dal versante ovest di Montaña Rajada (colore dominante nero) si vede una distesa di pomici di diverse tonalità con la parte più alta e chiara che costituisce Montaña Blanca, a sinistra emerge una striscia di rocce prevalentemente marroni, sullo sfondo si vedono le nere lave relativamente recenti del Teide.
Per rendervi conto di quanto detto, vi invito a
guardate con calma, ingrandendole al 100%, le 38 foto del già citato album che comunque certamente non rendono il giusto merito a questa caldera di oltre cento kmq.
Bando alle ciance, nella prossima vacanza includete un vulcano nel vostro itinerario.