Da MUBI ho recuperato un paio di film di Jodorowski che mi mancavano (il primo e il penultimo dei suoi soli 8) e ho guardato di nuovo e con piacere El Topo in HD. Inoltre, mi sono lanciato alla scoperta del nuovo (di una ventina d’anni fa) cinema d’azione russo che ha il suo profeta in Aleksey Balabanov il quale è anche riuscito a realizzare un sequel per me migliore dell’originale.
NB – non ho
guardato questi cinque film in un solo giorno … il post pubblicato ieri era
arretrato ed avevo già anticipato la visione dei due russi.
- Brother (Aleksey Balabanov, 1997, Russia)
- Brother 2 (Aleksey Balabanov, 2000,
Russia)
In entrambe i
film il protagonista è Danila (Sergey Bodrov), un reduce della guerra in
Cecenia, lui dice in veste di scrivano ma dalla sua dimestichezza con esplosivi
e armi che modifica e maneggia con grande maestria i dubbi sono leciti.
Apparentemente pacato e quasi sempre sorridente, ha ideali a valori sostanzialmente
positivi che persegue con convinzione, difendendo familiari, donne in
difficoltà ed innocenti, ma agendo in modo spietato solo contro i cattivi. Pur
realizzando film senz’altro violenti, non eccede in immagini cruente ma fa solo
intuire quello che sta per succedere e/o che è appena successo (insomma non è splatter),
il tutto con una buona dose di ironia che in più momenti lo fa sembrare una dark
comedy. Per questo lo si potrebbe definire un Guy Ritchie russo che ma,
differenza del regista inglese, è meno esplosivo, esuberante e caricaturale;
seppur con le necessarie esagerazioni per questo genere, riesce ad aggiungere
contenuti e satira alle dispute in ambiente mafioso. Se il primo film si svolge
per lo più a Pietroburgo, nel secondo spazia da Mosca agli USA avendo così modo
di prendere in giro gli stili di vita yankee inserendo anche temi razzisti, ma
non risparmia neanche gli ucraini. Altro personaggio presente nei due film è naturalmente
suo fratello maggiore Viktor (Viktor Sukhorukov), piccolo malvivente alcolizzato
e assolutamente inaffidabile, causa di un’infinità di problemi anche se qualche
volta riesce ad essere utile. La buona regia e le belle riprese portano lo
spettatore nel vero underworld russo, certamente più credibile di quello
proposto nei film occidentali. Brat (titolo originale) fu presentato
nella sezione Un Certain Regard a Cannes e al Torino Film Festival vinse
Premio speciale della giuria e Premio FIPRESCI. Consigliata la visione,
ovviamente in ordine cronologico; penso valga la pena di guardare anche qualche
altro film diretto da Aleksey Balabanov.
El Topo (Alejandro Jodorowsky, 1970, Mex)
Questo è per me
il migliore film di Jodorowsky, autore e regista di cinema e teatro,
attore, compositore, scrittore e fumettista cileno, da sempre vicino al mondo
dei surrealisti, forse l’unico vero erede di Luis Buñuel. A parte avere
una trama più lineare, il che aiuta la visione, conta su un’ottima fotografia
che sfrutta location molto singolari e su stimolanti dialoghi. Nel film lui
interpreta il personaggio principale e il bambino è effettivamente suo figlio Brontis
(al suo esordio, 7 anni) che sarà poi protagonista degli ultimi due film del
padre, La danza de la realidad (2013, diretto dopo 23 anni di
silenzio, all’età di 84 anni) ed il suo sequel Poesía sin fin (2016).
In più pagine viene assimilato al genere western, ma non penso che un cavallo,
con relativo cavaliere con colt alla cintola non bastino per definirlo così.
Certamente è tutt’altro e molto di più, certamente surreale e visionario; uno
di quei film che non si possono descrivere in breve in quanto ogni tentativo
risulterebbe inevitabilmente riduttivo. Da non perdere.
La danza de la realidad (Alejandro Jodorowsky, 2013, Mex)
Piacevole
sorpresa, film che non avevo mai visto. Il regista torna nel suo paesello natio
sulla costa cilena, Tocopilla, 25.000 abitanti, 1.500km a nord della capitale,
a 600km dal confine con il Perù, per realizzare un film in gran parte
autobiografico, ma inevitabilmente con grande creatività fantastica e onirica.
Come lui, il protagonista nasce in una famiglia ebreo-ucraina ed ha qualche
problema con i suoi coetanei. La madre è interpretata da Pamela Flores,
al suo secondo film ma già nota cantante lirica cilena, che durante tutto il
film non parla mai normalmente ma si esprime sempre con arie da soprano. Oltre
a Brontis, che ha un ruolo importante, qui recitano anche Adan e Axel,
altri 2 figli del regista/attore e Jeremías Herskovits (nipote di Jodorowsky)
che interpreta il nonno da giovane. Nel cast compaiono personaggi
circensi, nazisti, masse di emarginati, il dittatore cileno Ibáñez (che suo
padre veramente affermava di voler assassinare) e chi più ne ha più ne metta,
in puro stile jodoroskiano. Il film fu presentato a Cannes ricevendo al termine
una standing ovation.
Fando y Lis (Alejandro Jodorowsky, 1968, Mex)
Abbastanza
deludente in quanto troppo esagerato e discontinuo anche se ha, a sua
giustificazione, il fatto di essere l’opera prima di Jodorowsky, che
proveniva da esperienze di palcoscenico e in questo caso adattava un lavoro
teatrale di Arrabal. Non è fluido e spesso rallenta, la
recitazione, ripeto, è troppo di tipo teatrale, insomma non riesce a convincere,
specialmente conoscendo quello che successivamente il geniale ed estroverso
regista cileno è riuscito a produrre. I protagonisti Fando e Lis nel loro viaggio alla ricerca della città di Tar, dove sperano che Lis possa essere
guarita dalla sua semiparalisi, avranno varie disavventure e si imbatteranno in
strani personaggi. Nel film (girato in bianco e nero) si mischiano surrealismo
e sadismo, gratuita violenza fisica e psicologica, in una ambiente semidesertico,
fra polvere e pietre. Assolutamente non per tutti, tuttavia interessante per (tentare
di) avere un quadro complessivo dell’opera di Jodorowsky.
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