Decina molto varia, fatto salvo il trio di giapponesi
degli anni ’30. Fra gli altri 7 ci sono 3 candidati Oscar come miglior film
straniero (per Spagna, Giappone e Germania), una coproduzione quasi tutta
africana (2 Premi a Cannes), un franco-coreano (premio a Berlino e Nomination a
Cannes), un argentino (pluripremiato, ma per lo più oltreoceano), un franco-inglese
(Nomination Palma d’Oro). Comincio con i candidati Oscar, in ordine cronologico.
Plácido
(Luis Berlanga, Spa, 1961)
Sandakan
8 (Kei Kumai,
Jap, 1974)
Sophie
Scholl (Marc Rothemund, Ger, 2005)
La comedia
negra di Berlanga (anche in questo caso coadiuvato da Rafael Azcona
per la sceneggiatura) si svolge in un solo giorno e gioca sui soliti contrasti
fra ricca borghesia bigotta (e franquista), una famiglia di che si
ingegna come può per tirare avanti e un gruppo di veri poveri che in occasione
della Vigilia di Natale sono “adottati” da benestanti, uno per famiglia. L’asse
portante è tuttavia il tentativo di pagare una cambiale prima che vada in protesto.
Come altri ottimi film di quell’epoca, furono necessari “salti mortali” per
fare satira politica senza incorrere nella severissima (ma in effetti
disattenta) censura. Tuttavia, Plácido (IMDb 8,0, RT 100%) non
viene considerato dagli aficionados il miglior film di Berlanga,
superato nettamente da Bienvenido Mr. Marshall (1953, 2 Premi e
Nomination Grand Prix a Cannes, IMDb 8,0) e El Verdugo (1963, con
Nino Manfredi protagonista, Premio FIPRESCI e Nomination Leone d’Oro a Venezia IMDb
8,1).
In Sandakan
8 (Premio a Berlino e Nomination Orso d’Oro) si apprezza una delle
ultime interpretazioni di Kinuyo
Tanaka (della quale ho trattato nel precedente gruppo) per la quale ottenne
l’Orso d’Argento quale migliore attrice. Il film si svolge in luoghi ed epoche
ben distinte e la protagonista (prostituta per forza, mandata dal Giappone in
Borneo) è interpretata da due attrici diverse. Ovviamente Tanaka ricopre
il ruolo dell’anziana che racconta la sua storia ad una giovane giornalista (in
incognito). Interessante, ben costruito, veramente ottima la prova dell’attrice.
Il terzo candidato Oscar di questo gruppo è una
ricostruzione degli ultimi giorni di vita di una studentessa tedesca facente
parte del gruppo di propaganda anti-nazista (la Rosa Bianca), dal momento di un’azione
dimostrativa all’università di Monaco, all’arresto, interrogatorio e infine
giudizio. Interessante, ma mi è sembrato troppo romanzato … penso che fu una di
quelle Nomination giustificate dal tema e non per reale valore del film.
Moolaadé (Ousmane
Sembene, Sen/BuFa/Mor, 2004)
Une vie
toute neuve (Ounie
Lecomte, Fra/Kor, 2007)
Questi due film
“etnici-sociali” affrontano due temi ben noti nella realtà, ma poco
rappresentati cinematograficamente. Moolaadé fu l’ultimo dei 9 film
del regista senegalese Ousmane Sembene, all’epoca già 81enne, e affronta
il problema delle mutilazioni genitali, oltretutto eseguite da non
professionisti in condizioni sanitarie pessime. Tutta l’azione si svolge in un
piccolo villaggio dalla vita sociale apparentemente tranquilla e ordinata, ma sono
ancora radicate gerarchie e tradizioni che una parte (soprattutto le donne, ma
non tutte visto che le “carnefici” sono 7 donne di potere) vorrebbe
modernizzare e gli anziani (soprattutto uomini) che si ostinano a difenderle a
qualunque costo. Le pecche principali del film stanno nella sceneggiatura in
quanto tutti gli avvenimenti seguono una precisa cadenza per essere “esemplari”,
quindi quasi tutti prevedibili, e nel fatto che si mette troppa carne a cuocere
… mercenari, corruzione nelle forze di pace, sciamanesimo e altro.
Interessante ma
troppo edulcorato e quindi in più parti poco credibile.
L’altro film
tratta invece delle adozioni internazionali e la regista Ounie Lecomte (nata
in Korea, adottata in Francia) per il suo lavoro di esordio prende spunto dalla
sua vita reale in orfanatrofio in attesa di adozione. Fra i tanti film con
ragazzini protagonisti di storie che includono collegi, riformatori e simili
questo non mi è sembrato particolarmente degno di nota se non per l’originalità
e per non narrare le solite storie di mini bullismo e continui contrasti fra i
piccoli ospiti. Tutto l’ambiente, per la verità, sembra molto ordinato e, una
volta tanto, gli adulti prendono effettivamente a cuore l’educazione dei
bambini.
Valentín (Alejandro Agresti, Arg, 2002)
Swimming
Pool (François Ozon, Fra/UK, 2003)
Poche parole
per questi due film; il primo è una garbata commedia infantile che vede
protagonista un ragazzino di 8 anni “parcheggiato” dal padre con la nonna molto
svagata (interpretata da Carmen Maura). Le discussioni di Valentín con
il vicino (musicista con molti problemi di relazione) e con una possibile
giovane matrigna (incontro organizzato dal padre) sono argute, logiche quanto
bastano, divertenti, per non parlare dei suoi rapporti con la nonna alla quale
fa quasi da badante.
Il film di Ozon
mi è sembrata un’occasione perduta in quanto partendo da un soggetto pieno di sorprese,
si sviluppa bene fra dramma psicologico e mistery, per poi passare al crime e,
nonostante il colpo di scena quasi finale, la conclusione lascia molto a
desiderare. Più che buona l’interpretazione di Charlotte Rampling.
Tokyo
Chorus (Yasujirô
Ozu, Jap, 1931)
The Water Magician (Kenji
Mizoguchi, Jap, 1933)
The Actress and the Poet (Mikio
Naruse, Jap, 1935)
Infine, i tre
giapponesi che si vanno ad aggiungere a Sandakan 8: l’ennesimo
muto di Ozu (sempre affidabile), uno degli ultimi e più apprezzati muti
di Mizoguchi (visto in una versione doppiata) ed una rara commedia di Naruse
che successivamente si sarebbe dedicato per lo più ai drammi.
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