Un capolavoro di Buñuel, un misconosciuto eppure ottimo film di Minelli su Van Gogh, un Renoir incompiuto, il più recente Almodóvar (in sala da
appena 2 giorni) e l’esordio di Del Toro!
97 L'âge d'or (Luis Buñuel, Fra, 1930) tit. it. “L’età
dell’oro“ * con Gaston Modot,
Lya Lys, Caridad de Laberdesque * IMDb
7,7 RT 92%
Definito osceno, scandaloso e blasfemo, per circa 50 anni fu bandito in
quasi tutto il mondo. All’uscita a Parigi lo Studio 28, dove si proiettava, fu devastato e furono distrutte
varie opere surrealiste lì esposte; dopo una settimana il visto di censura fu revocato
e il film immediatamente ritirato dalla circolazione. Si dovrà attendere fino al
1979 per la première ufficiale oltreoceano al Roxie di San Francisco e
solo due anni più tardi la Gaumont ottenne il permesso per mostrarlo di nuovo
in Francia. Sembra di capire che, almeno ufficialmente, in Spagna resti tutt’oggi
“censurato”.
Non so quanti abbiano familiarità con le prime due pellicole di Buñuel (l'altra è Un chien andalou, 1929, 16 min), veri manifesti del
surrealismo, ed è quindi opportuno ricordare che entrambe le sceneggiature furono
frutto della collaborazione con Salvador
Dalí e che, da buoni surrealisti, il loro obiettivo era quello di
provocare, sovvertire la “normalità”, scandalizzare. Da ciò si deduce che non si può riassumere né analizzare in breve
un'opera come questa, che oltretutto include innumerevoli elementi freudiani
oltre a quelli surrealisti. Essendo quindi inutile, in quanto impossibile, entrare nel merito dei
contenuti, fornisco solo poche informazioni di carattere molto generale. Il film
dura 62 minuti ed è sostanzialmente diviso in 6 parti, la prima delle quali (la
più breve) è tratta da un documentario sugli scorpioni di vari anni prima. Nelle
successive compare più volte una coppia di amanti che si ritrovano in situazioni
ed ambienti molto diversi. La parte conclusiva (anche questa breve) fa chiaro
riferimento a Le 120 giornate di Sodoma del marchese de Sade (tenuto in gran
considerazione dai surrealisti) e il primo ad uscire dal castello appare essere
Gesù (almeno per come è comunemente raffigurato).
Io sono fra quelli che sostiene che non si debba trovare una
spiegazione a tutto in quanto, per loro stessa ammissione, gli autori
proponevano cose senza senso. I riferimenti all’ordine, alla Chiesa, i politici
e i militari sono tanti e chiari, altri simboli sono liberamente interpretabili
(in modo relativamente facile ma senza riscontro), alcune immagini e vari eventi bisogna accettarli per quello che sono, come per esempio la
giraffa buttata dalla finestra! (non ho trovato nessuna spiegazione convincente).
Raccomando assolutamente la visione di L'âge d'or ma, al contrario di quanto avviene normalmente, può essere opportuno documentarsi in precedenza. Comunque, a chi
è interessato a comprendere e non fermarsi ad una prima superficiale
percezione, saranno necessarie ulteriori letture e certamente gioverà qualche
altra visione.
99 Lust
for Life (Vincent Minelli, USA, 1956) tit. it. “Brama di vivere“ * con Kirk Douglas, Anthony Quinn,
James Donald * IMDb 7,4 RT 100% * Oscar ad Anthony Quinn non
protagonista e 3 Nomination (Kirk Douglas protagonista, sceneggiatura e scenografia)
Titolo mai sentito nominare, eppure un ottimo film, a prescindere
dall’Oscar a Anthony Quinn (non protagontista) nei panni di Paul
Gaugin e delle 3 Nomination, una delle quali fu l’ultima delle sole 3 per Kirk Douglas, tutte come protagonista,
forse un po’ poche (l’Oscar fu assegnato a Yul
Brinner per The King and I, ma fra i candidati c’erano anche James Dean e Rock Hudson per Giant).
Tratta di un lungo periodo della vita dell’indiscusso genio della
pittura Vincent Van Gogh che penso sia quello al quale sono stati dedicati il
maggior numero di film (quasi una ventina), i più recenti dei quali sono stati l’originalissimo
film d’animazione Loving Vincent
(2017) e At Eternity's Gate uscito
pochi mesi fa. Ne ho visti almeno la metà, ma questo è il primo che vedo affrontare
anche il suo paio di anni da “predicatore” evangelista in un’area mineraria
belga. Molto di quanto proposto non si trova negli altri lavori che si
concentrano per lo più sull’ultimo periodo della sua vita, passato fra Arles e Parigi.
La scelta di Kirk Douglas come
interprete mi è sembrata ottima in quanto, oltre ad calarsi perfettamente nel
personaggio nelle sue varie fasi, ha una straordinaria somiglianza con l’artista.
Il numero dei dipinti mostrati nel film rasenta l’incredibile, pur
essendo assolutamente lontano dal taglio documentaristico. Fra i pregi di Lust for Life è quello di
ricreare situazioni e non solo riprodurre ambienti o inserire personaggi
divenuti soggetti dei dipinti più famosi. Per seguire al meglio i dialoghi di Vincent con suo fratello Theo
(mercante d’arte) e con gli altri artisti, aiuta conoscere nomi e stili dei
vari pittori dell’epoca amici/rivali, in particolare degli impressionisti.
In conclusione, non solo un pregevole film dal punto di vista
strettamente cinematografico, ma anche un interessantissimo biopic. Più che consigliato.
96 Partie de campagne (Jean Renoir, Fra, 1936) tit. it. “Una
gita in campagna“ * con Sylvia
Bataille, Jane Marken, Georges D'Arnoux * IMDb
7,7 RT 100%
Aveva
attirato la mia attenzione la regia di Jean
Renoir, ma non trovavo il film in IMDb. Il motivo è che si tratta di un
mediometraggio che, oltretutto, ha avuto circolazione limitata essendo stato
montato solo dopo 10 anni, da altri. Lo stesso dvd non includeva la pellicola
di 40' bensì il progetto portato avanti da Alain
Fleischer per la Cinémathèque française nel 1994, utilizzando il materiale disponibile nei suoi archivi, consiste in una raccolta di riprese originali del 1936. Queste sono state ordinate, lasciando però varie riprese di una stessa scena, alcune ripetizioni da angolazioni diverse, sovrapposizioni di dialoghi e frequenti
commenti dello stesso Renoir, per una durata complessiva di quasi un’ora e
mezza. Proposto
così, tale materiale può forse considerarsi addirittura più interessante del film in sé e per
sé, fornendo una precisa idea della gestione di attori e riprese da parte del regista. Molti definiscono
questo film quasi un omaggio al padre (il famoso pittore impressionista Auguste
Renoir) come se volesse dare vita ad un suo dipinto.
Più che
notevole il gruppo di collaboratori di Renoir che ebbe come assistenti alla
regia Luchino Visconti e Jacques Becker (poi regista di Le trou, 1960, Il buco, 8,5
IMDb) e come secondo assistente il famoso fotografo Henri Cartier-Bresson, allora 28enne. Il figlio di
Jean Renoir interpreta il ragazzo che
pesca, all’inizio del film. La sceneggiatura
fu adattata dallo stesso Jean Renoir
da un racconto di Guy De Maupassant
del 1881.
Se avete la
fortuna di recuperarlo, non ve lo perdete. Pur non essendo un film vero e
proprio, né un documentario, è estremamente interessante ... tutto in presa
diretta.
98 Dolor y gloria (Pedro Almodóvar, Spa, 2019) * con Antonio Banderas, Penélope
Cruz, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Cecilia Roth, Julieta Serrano, Raúl Arévalo, Rosalia, Asier Flores
Niente male questo recentissimo lavoro del regista manchego, abbastanza
diverso dai precedenti, ma con il solito (ottimo) stile in quanto a colori,
dettagli e inquadrature. Particolarmente apprezzabile la sceneggiatura (dello
stesso Almodóvar) che, seppur con un inizio un po’ lento e titubante con tanti
salti temporali, prende rapidamente corpo e riesce ad incastrare alla
perfezione ricordi, re-incontri e coincidenze fino alla (in)quadratura finale
con la quale conclude questo film che molti pensano sia pieno di riferimenti
autobiografici, a partire dal fatto che il protagonista Salvador è un regista
cinematografico già di successo, ma oggi in crisi esistenziale. Il tutto è
organizzato in modo creativo con vari flashback, fra l’infanzia in campagna e
trasloco in una (affascinante) cueva e i tempi attuali, mentre molto di ciò che
è nel mezzo viene solo narrato.
Oltre ai più che noti Antonio Banderas e Penélope Cruz (Salvador
attuale e sua madre da giovane, quindi mai insieme) Almodóvar ha messo insieme
un cast estremamente eterogeneo, con attori che interpretano personaggi che in
distinti momenti avevano avuto un ruolo significativo nella vita del
protagonista, alcuni compaiono in brevi cameo (p. e. Cecilia Roth e Rosalía),
altri hanno più spazio, alcuni sono contemporanei, altri fanno parte dei
ricordi. Purtroppo, non tutti sono convincenti, a cominciare da Penélope Cruz.
Fra i volti che molti potrebbero conoscere ci sono senz’altro la sempre
affidabile Julieta Serrano (la madre anziana, una mezza dozzina di film con
Pedro), Raúl Arévalo (protagonista de La isla minima e regista di Tarde para la
ira), l’argentino Leonardo Sbaraglia (attivo per lo più in America Latina,
quello che in Relatos salvajes guida l’auto nel memorabile episodio, vaga
citazione di Duel di Spielberg), Cecilia Roth (vari film con Almodóvar, ma divenuta
star in Argentina, oggi sembra pagare le conseguenze di una chirurgia mal
riuscita ...), e infine la giovane cantante Rosalía, fenomeno musicale del
momento, catalana che interpreta flamenco pop con stile unico e include nei
video bandiere spagnole e toreo, 2 Grammy Award Latino. Interpreta, con
Penélope Cruz, la famosa copla A tu vera, cavallo di battaglia della Lola
Flores, nota come La Faraona. Da segnalare il buon esordio del giovanissimo
Asier Flores (Salvador bambino) per il quale molti prevedono un roseo futuro
nel cinema.
Concludo reiterando il mio apprezzamento per il gusto di Almodóvar nel
proporre colori netti (ovviamente, i più frequenti sono quelli della gamma dei
rossi), spesso contrastanti, abbinamenti inimmaginabili per altri, a partire dagli
affascinanti sfondi dei titoli di testa, all’abbigliamento, all’arredamento,
per non parlare anche della scelta di dipinti che coprono le pareti della casa
di Salvador.
Un film dal sapore agrodolce, drammatico e “tenero”, fra droghe e
passioni, certamente un po’ più godibile per i cinefili che sapranno apprezzare
le tante citazioni (sia nei dialoghi che con poster e immagini) e per chi sa
abbastanza di cultura spagnola e latina (vari i riferimenti a Chavela Vargas,
l’icona del flamenco pop che canta una copla classica, ...).
Penso che, nel suo complesso, possa piacere anche all’estero e in paesi non
di lingua ispanica, ma temo che nelle traduzioni (sottotitoli o doppiaggi che
siano) si possa perdere parecchio.
Al momento sembra non essere annunciato in Italia.
100 Cronos (Guillermo Del Toro, Mex, 1993) * con Federico Luppi, Ron Perlman,
Claudio Brooks * IMDb 6,7 RT 89%
Anche i più appassionati fan di Guillermo
converranno che Cronos non è
il suo miglior prodotto, ma ciò è più che giustificabile per essere il suo
esordio alla regia di un vero film. Fin da piccolo si era divertito a produrre
un'infinità di corti e cortissimi in Super8 fatti in casa e poi
(professionalmente) era passato alla produzione di effetti speciali.
Cronos resta
comunque un cult per essere il primo, anche se la sua gestazione fu quasi
contemporanea a quella del suo terzo (El
espinazo del diablo, uscito ben 8 anni più tardi) per essere le due
sceneggiature il suo lavoro di tesi.
Tralasciando di approfondire l’originale
rivisitazione e combinazione dei temi immortalità/vampirismo e di altri aspetti
del film (fra i quali l’eterogeneo trio di interpreti) mi sembra interessante
sottolineare un paio dei argomenti trattati nella lunga intervista (poco più di
un’ora, riportata integralmente) inserita fra gli extra dell’edizione speciale
(2dvd) in mio possesso. Nel raccontare dei suoi inizi, rende omaggio al genere
horror - del quali si dichiara appassionato fin dall'infanzia - ed in
particolare ai film italiani (citando più volte Mario Bava) e giapponesi. L'altra
questione è quella della lingua. Una volta che un produttore americano interessato ad
un remake di Cronos gli
sottopose la traduzione della sceneggiatura, Del Toro (perfettamente bilingue) la rifiutò dicendo che l’avrebbe
riscritta lui in inglese ... non è possibile tradurre bene i dialoghi pensati per
una lingua in un’altra! Comunque, l’affare non andò in porto.
IMPORTANTE: vi ricordo che dal 2 aprile il mio GOOGLE+ sarà chiuso e che, di conseguenza, le raccolte degli anni 2016-2018 non saranno più accessibili. Tutte le 1.300 micro-recensioni sono ora organizzate in 26 pagine del mio sito www.giovis.com e facilmente rintracciabili grazie all’indice generale. In detta pagina potrete effettuare ricerche per titolo, regista, interpreti principali, anno e paese di produzione e, utilizzando i link e i numeri d’ordine, giungere rapidamente a quella che vi interessa.
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