Il documentario non solo meritò l’Oscar, ma fu anche acclamato per l’affascinante personaggio che fece conoscere al pubblico, perfino a quello degli USA, sua terra natale. C’è poi l’ultimo film di Balabanov, al di fuori degli schemi ma affascinante come altri suoi lavori, due film completamente diversi ma indissolubilmente legati dal personaggio di Cagliostro, e infine un banale, per quanto buono, candidato Oscar di Truffaut.
Searching for Sugar Man (Malik Bendjelloul, 2012, Swe/UK/Fin)
Ottimo
documentario apparentemente musicale ma in effetti investigativo, che conta su
una storia tanto straordinaria quanto incredibile, eppure assolutamente vera.
Cantautore senza successo a Detroit sparisce dalla circolazione e viene dato
per morto, con voci di suicidio sul palco. Lo stesso artista ha grande successo
in Sud Africa, paese nel quale non si è mai recato, e grazie ai testi le sue
canzoni (in parte censurate) diventano emblematiche per il movimento
anti-apartheid. Un musicista / giornalista di quel paese decide di scoprire
qualcosa di più sul background di Rodriguez (il chitarrista cantante
scomparso) e in maniera a dir poco rocambolesca riesce a mettersi in contatto
con la sua famiglia … per il resto consiglio di guardare il documentario!
Intrigante il modo in cui è stata organizzata la sceneggiatura di questo film
nel quale non ci sono attori, ognuno interpreta sé stesso, ma si utilizzano
anche foto e immagini di repertorio. Vinse l’Oscar come miglior documentario (ma
forse si sarebbe dovuta prendere in considerazione anche la sceneggiatura) e
decine di altri premi, cosa non comune per questo genere.
Mee Too (Aleksey
Balabanov, 2012, Rus)
Ultimo film di Balabanov (morto nel 2013 a soli 54 anni) del quale fu unico sceneggiatore e interprete, seppur nella breve parte di un disperato regista cinematografico. Come contenuti ricorda Stalker (1979) di Tarkovsky, come ritmo e commento musicale il suo stesso Stoker (2010), pur cambiando l’autore da Valeriy Didyulya a Leonid Fyodorov. Film fra il surreale e il fantascientifico, ambientato prima nella moderna San Pietroburgo e poi, con condizioni meteo che cambiano improvvisamente, in lande desolate e gelate. Cinque personaggi mal assortiti viaggiano in un suv nero alla ricerca della felicità che sperano di raggiungere entrando in una torre diruta in mezzo al niente. Situazioni surreali e commedia nera si mischiano a considerazioni filosofiche e religiose, con dialoghi ridotti veramente al minimo, mentre si apprezza la solita ottima fotografia dei film di Balabanov.
Il ritorno di Cagliostro (Daniele Ciprì, Franco Maresco, 2003, Ita)
Mockumentary assolutamente (e volutamente) sconclusionato
nel quale si miscelano scene in stile Cinico TV (la famosa serie di RAI3,
in onda fra il 1992 ed il 1996), riferimenti filmici come quello che giustifica
la produzione del film della disastrata Trinacria Cinematografica,
citazioni vere e proprie come un protagonista che appare vestito come il conte
Orlok nel Nosferatu di Murnau (1922). La trama vede tre
parti ben distinte: 1) presentazione dei fratelli La Marca (gli incapaci produttori
a capo della Trinacria Cinematografica), 2) grazie a un generoso
finanziamento si inizia a girare Il ritorno di Cagliostro scritturando
un regista di grido e un attore americano di fama internazionale, 3) si
spiegano i retroscena dell’intera operazione e le collusioni con la mafia. In
più punti si ricorre ai sottotitoli in quanto molti protagonisti a volte parlano
in siciliano stretto. Come dovrebbe essere adesso chiaro, i registi/autori
(quelli veri, Ciprì e Maresco) si barcamenano fra citazioni colte
e cinematografiche, satira, assurdità e volgarità, contando su uno stuolo di
personaggi caricaturali al limite della realtà, ma non troppo.
Black Magic (Gregory Ratoff,
Orson Welles, 1959, Ita/USA) Gli spadaccini della Serenissima
Dopo essermi casualmente
imbattuto in Il ritorno di Cagliostro, ho voluto guardare questo
film al quale i registi siciliani dichiaravano di essersi ispirati. La
sceneggiatura è liberamente adattata dai primi due romanzi del ciclo di
Maria Antonietta e della Rivoluzione di Alessandro Dumas: Joseph Balsamo
(1848) e La collana della Regina (1850). Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro
(1753-1795), fu un avventuriero, alchimista, esoterista e truffatore che
effettivamente frequentò le corti di mezza Europa con sorti alterne, per poi
finire condannato dal Sant’Uffizio. In gran parte può essere assimilato ai film
di cappa e spada e la parte sostanziale si sviluppa nell’ambito della corte parigina,
poco prima della Rivoluzione Francese. Orson Welles ha più volte
affermato che la realizzazione di questo film, del quale è protagonista e uncredited
co-regista, è stato il più puro divertimento della sua carriera. Cagliostro
fu il titolo con il quale Black Magic (lett. Magia nera) fu
distribuito in vari paesi ma in Italia pensarono bene di inventarsi l’alternativo
Gli spadaccini della Serenissima (sic!).
Le dernier métro (François Truffaut, 1980, Fra)
Anche questo film di Truffaut (mai visto in precedenza) mi ha sostanzialmente deluso. Non che sia mal realizzato, ma si trascina per oltre due ore senza riuscire a coinvolgere. Certamente ottime le interpretazioni, seppur con qualche riserva su quella di Depardieu, ma il tutto si riduce a teatro nel teatro. Infatti la maggior parte delle scene si svolgono nel Teatro Montmartre, nel periodo dell’occupazione tedesca. Il proprietario ebreo vive nascosto nel sotterraneo e sua moglie (attrice, un’eccellente Catherine Deneuve) è colei che ufficialmente dirige la compagnia. Si assiste quindi a piccole beghe e corteggiamenti fra protagonisti, alle prove del nuovo spettacolo e infine la prima. Sostanzialmente noioso; pur essendo Truffaut il più famoso dei registi della Nouvelle Vague (forse alla pari con Godard), altri co-fondatori del movimento come Rivette e Rohmer sono riusciti quasi sempre a produrre film interessanti (e anche più lunghi) con molto meno.
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