Ci sono tre film dell’anno scorso prodotti in Giappone, Germania e Georgia, tutti con la quasi totalità di recensioni positive e due produzioni indipendenti del 1995 strettamente collegate fra di loro, per alcuni uno sequel dell’altro (anche se non è proprio così), il primo apprezzati dalla critica, il secondo snobbato, comunque per molti diventati cult.
Nel 2021 Ryusuke
Hamaguchi (regista e sceneggiatore di tutti i suoi soli 9 film) è balzato
alla ribalta internazionale con due film: questo e Drive My Car
(Oscar film straniero e 3 Nomination di cui due personali per regia e sceneggiatura,
oltre ad una 70ina di altri Premi di cui 3 a Cannes). Se, complessivamente,
possono sembrare molto diversi, entrambi sono centrati sui rapporti umani e sui
trascorsi dei protagonisti; in particolare Wheel of Fortune and Fantasy
utilizza interminabili pregnanti dialoghi, riservando minimo spazio all’azione
e movimenti di camera, preferendo spesso lunghe inquadrature fisse. Ciò ne fa
un lavoro quasi teatrale in tre atti essendo in effetti il film composto da 3 brevi
racconti proposti cinematograficamente, con personaggi e situazioni
completamente diversi fra loro. Come ogni short story che si rispetti,
ognuna sfrutta al meglio le coincidenze e i twist, con quello conclusivo obbligatorio
e spiazzante. Orso d’Argento per la regia e nomination Orso d’Oro a Berlino.
Ich bin dein Mensch (I'm Your
Man) (Maria Schrader, 2021, Ger)
A leggere la
sintesi della trama, qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una delle tante
storie o commedie su umanoidi, robot, replicanti ecc., più o meno buoni (di
solido abbastanza insensati, se non ridicoli). Al contrario, questo ha alcuni
aspetti drammatici e altri degni di una commedia ma, in sostanza, affronta
molto seriamente l’ipotesi della sostituzione di umani con macchine, seppur perfette.
Si potrebbe dire che il discorso generale è da bioetica, ma nel dettaglio
analizza solitudine, ambizioni, fallimenti, relazioni umane e ricordi personali
che non possono in alcun modo essere sostituiti da un computer eccezionalmente
potente e nonostante la quasi infinita quantità di dati statistici possa contenere
la sua memoria. Alla fine si potrà propendere per una o un’altra soluzione ma senz’altro
lo si farà tenendo conto dei vantaggi e delle carenze messi in evidenza dai
turbolenti rapporti fra i protagonisti. Orso d’Argento a Maren Eggert come
migliore e nomination Orso d’Oro a Berlino.
Wet Sand (Elene Naveriani, 2021, Geo)
Ennesimo
interessante film prodotto in Georgia, una delle poche ex repubbliche sovietiche
(se non l’unica) ad avere lunga tradizione cinematografica prima e dopo il
regime e ad aver mantenuto il proprio idioma. Intrigante la trama che sviluppa
a partire da un funerale in una piccolissima comunità sulle sponde del Mar
Nero. La protagonista, nipote del deceduto, vi ritorna dopo molti anni proprio
per prendersi cura della cosa, essendo l’unica parente. Pian piano scoprirà che
il nonno non era esattamente ben visto dai più, intreccerà amicizie ma fomenterà
anche l’odio verso la sua famiglia, fino a sfociare in atti violenti. Al centro
della storia pone il tema dell’omosessualità che, evidentemente ritenuto scabroso
dagli abitanti, non viene apertamente discusso né chi lo disprezza né da chi lo
tollera. Ben girato e interpretato, vale la visione; Gia Agumava (la
protagonista) migliore attrice a Locarno.
Smoke (Wayne Wang, 1995, USA)
“Piccolo grande”
film indipendente, girato per lo più in un negozio di tabacchi e giornali (e
poche altre cose) situato all’angolo di un trafficato incrocio di Brooklyn, NY.
Non solo è quasi un passaggio obbligato per tanti residenti, ma anche punto
d’incontro per fare quattro chiacchiere, filosofeggiare, prendersi in giro,
quasi con un vecchio bar di paese. Il cast è composto da un bel gruppo di
amici, ai quali regista e sceneggiatori lasciarono ampio spazio per
l’improvvisazione. Comprende pochi attori di successo (Harvey Keitel, William
Hurt e Forest Whitaker) e tanti caratteristi dai volti più che noti
ma dai nomi sconosciuti ai più; eccone alcuni, habitué dei film ambientati a
Little Italy o nel mondo della criminalità newyorkese. Le storie si intrecciano
in modo inaspettato e, per la parte nella quale compare Forest Whitaker
portano i protagonisti anche al di fuori di Brooklyn. Attenzione ai titoli di
coda! Non interrompete la visione poiché, con un ottimo flashback in bianco e
nero, si mostra che storia narrata in precedenza di cui è protagonista Harvey
Keitel, con l’azzeccatissimo sottofondo di Innocent when you dream, di
Tom Waits, interpretata dallo stesso cantautore. Orso
d’Argento per la regia a Wayne Wang.
Blue in the Face (Wayne Wang,
Paul Auster, 1995, USA)
Nessun commento:
Posta un commento