Ultimo post del 2021, ma non sono gli ultimi film di quest’anno. Entrambi i noir sono diretti da Roberto Gavaldón (un maestro del genere) e interpretati da Arturo de Córdova e appartengono al periodo della Epoca de Oro del Cine Mexicano. L’anti-western (o western revisionista che si voglia chiamare) si basa su evento che può sembrare banale e già utilizzato, ma gli sviluppi e la morale sono ben differenti. Infine le due commedie sono le ultime di buon livello di Cantinflas, nel periodo ne quale abbandonò i ruoli più ridicoli di povero diavolo, buono ma pasticcione e a volte incapace, per impersonare personaggi normalmente rispettati nella società che gli fornivano la possibilità di ridicolizzare i formalismi e criticare alcuni comportamenti.
La diosa arrodillada (Roberto Gavaldón, 1947, Mex)
In questo film Arturo
de Córdova è un ricco industriale con una casa immensa (sale enormi,
scaloni e giardino) che si trova a dover scegliere fra sua moglie (Rosario
Granados) ed una modella (Maria Felix) non del tutto onesta. Fra
vari tira e molla, bugie, feste e troppo alcool il protagonista percorre una
strada molto pericolosa e la precaria salute di sua moglie si rivela essere un
ulteriore rischio. Non aggiungo altro per evitare spoiler, ma confermo solo che
questo noir è valido sotto tutti i punti di vista: regia, fotografia di Alex
Phillips (all’epoca secondo solo a Gabriel Figueroa),
interpretazioni e sceneggiatura di Tito Davison (rispettato anche come
regista). Nei primi 40 posti fra i migliori film messicani sia nella classifica
del 1994 che nel 2020.
En la palma de tu mano (Roberto
Gavaldón, 1950, Mex)
Al contrario
dell’altro, qui Arturo de Córdova è quello che tenta di
circuire/ricattare e non quello che subisce. Interpreta un sedicente veggente (il
Prof. Jaime Karin) che, per un colpo di fortuna viene a conoscenza di fatti che
pensa di poter sfruttare a proprio vantaggio (economico). Ma nessuno dei due
ricattati è uno stinco di santo e così inizia un pericoloso gioco a tre, con
obiettivi omicidi che si concluderà con interessanti colpi di scena. Rispetto al
precedentemente commentato, questo volge più al crime ed alla violenza palese,
non subdola. Buon noir con ottimi momenti di suspense.
Los hermanos Del Hierro (Ismael Rodriguez, 1961, Mex)
Nella nota prima
classifica dei migliori 100 film messicani (1994) si trovava al 15° posto ed in
quella del 2020 resisteva ancora al 22°, nonostante l’ingresso dei nuovi
registi compresi los tres amigos (Del Toro, Iñárritu e Cuarón)
di caratura internazionale. Uno dei rari film messicani candidati ai Golden
Globes (per la regia). Come anticipato, l’evento iniziale (un assassinio a
sangue freddo) e il filo conduttore (i figli presenti al fatto quando erano
piccoli spinti dalla madre a vendicarsi) possono sembrare banali, ma il
rapporto che si sviluppa fra i due fratelli - di carattere quasi completamente
opposti e con morali di vita ben differenti – sarà causa di numerosi scontri.
Molto ben interpretato, non solo da Columba Domínguez nel ruolo della
madre ma anche da Antonio Aguilar che qui non appare nelle sue usuali
vesti di attore/cantante. Inoltre, in piccole parti appaiono tanti famosi
attori dell’epoca fra i quali Emilio Fernández, Ignacio López Tarso,
David Silva e José Elías Moreno. Apprezzabile anche la fotografia
(b/n) e l’ambientazione.
El padrecito (Miguel M. Delgado, 1964, Mex)
Questo è uno dei
miei preferiti di Cantinflas, trovandosi a metà strada fra i classici
che gli diedero fama e quelli con chiari risvolti morali, politici o sociali.
Il padrecito è un sacerdote non proprio giovanissimo che ha il suo primo
incarico da parroco e dovrebbe sostituire un anziano collega in una piccola
cittadina. Per motivi molto diversi si trova ad avere tutti contro: la sorella
del parroco, il parroco stesso che non vorrebbe lasciare l’incarico, il ricco
possidente che lo raggira e istiga la popolazione ad opporsi al nuovo arrivato.
Questa situazione dà luogo ad una serie infinita di gag e di discussioni con
personaggi sicuramente peculiari, ma in questo ruolo Cantinflas ha anche
modo di reinterpretare a proprio modo religione e sacre scritture secondo la
sua logica molto particolare esposta con la solita quasi incomprensibile
logorrea.
Su excelencia (Miguel M. Delgado, 1967, Mex)
Molti associano
questo film a Il dittatore (1940, di Charlie Chaplin) per
la presentazione in chiave satirica della contrapposizione dei grandi blocchi
politici, ma se allora si era agli inizi della WWII con i noti schieramenti e
con protagonista un dittatore professionista, qui Cantinflas, interpreta
un ambasciatore per caso, di una repubblica senza potere economico né militare,
in piena guerra fredda. La prima parte è un po’ farraginosa e poco avvincente
ma dal momento in cui, esauriti tutti i possibili candidati il funzionario Lopitos
viene nominato ambasciatore, la storia prende tutt’altra piega. Si deve
conoscere la lingua per apprezzare tutti i nomi dei diplomatici e delle
repubbliche che rappresentano, ma alcuni sono facilmente comprensibili. Oltre a
ridicolizzare tutte le cerimonie, etichette, onorificenze, ecc. ci sono
intrighi, talpe e spie, e nel discorso conclusivo all’Assemblea (ONU) divisa
fra rossi e verdi il protagonista non risparmia nessuno. Come tutti gli altri
film di Cantinflas si dovrebbe guardare in versione originale.
messicani (1994) si trovava
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