Mix molto vario per generi e periodi, i film sono accomunati solo la loro pregevole qualità. Si passa dalla pura arte visiva al crime/dramma psicologico e alla violenza dell’ambiente carcerario; dei documentari, uno è oltremodo realistico di argomento sociale e l’altro assolutamente scientifico.
Chungking Express (Kar-Wai Wong, 1995, HK)
Uno dei numerosi
capolavori del regista simbolo di Hong Kong, che dimostra ancora una volta che
si possono realizzare ottimi film senza bisogno di grandi avvenimenti, effetti
speciali e masse di attori e comparse. Il suo modo di filmare, giocando con
sfocature e tempi di ripresa, utilizzando al meglio colori e commento musicale,
e lasciando molto alle intuizioni o all’immaginazione dello spettatore
affascina senz’altro chi comprende il suo linguaggio, mentre delude quelli che
pretendono fatti certi e visibili. Se non conoscete questo film ma avete avuto
modo di apprezzare qualcun altro dei film di Kar-Wai Wong, non ve lo
perdete.
Gone Girl (David Fincher,
2014, USA)
Intrigante sceneggiatura
di Gillian Flynn, anche se con qualche lacuna, specialmente nella parte
finale. Trame simili se ne erano già viste, ma questa è veramente piena di
twist e molto articolata … forse troppo. I personaggi principali sono psicologicamente
estremi, ma abbastanza credibili, e sono ben interpretati. Non si può dire
molto di più per evitare spoiler. Buona anche la regia molto bilanciata che, pur
seguendo con attenzione la coppia con tanti brevi flashback e rappresentazioni
di bugie dette e scritte, non trascura assolutamente il contorno della vicenda
che vede implicati parenti, investigatori, vicinato e giornalisti. Nomination
Oscar per la protagonista Rosamund Pike, oltre a 64 premi e 188
nomination, attualmente al 202° posto nella classifica IMDb dei migliori film
di tutti i tempi (direi sopravvalutato).
Brute Force (Jules Dassin, 1947, USA)
Di Jules Dassin
scrissi brevemente nel precedente post a proposito di Night and the City,
e ora ho recuperato e guardato quest’altro suo film, di genere ben diverso da
quelli immediatamente successivi. L’intera storia si sviluppa all’interno di un
carcere, ma con interazioni fra detenuti e fra essi e le guardie non proprio
uguali alle stereotipate solite e anche le motivazioni e anche gli sviluppi del
tentativo di fuga sono distinti. Ben
diretto da Dassin e ben interpretato da Burt Lancaster e da uno
stuolo di buoni comprimari. Accettato il genere, merita una visione.
Voyage of Time: The IMAX
Experience (Terrence Malick, 2016, USA)
Con titolo
simile sono stati prodotti due diversi documentari sull’evoluzione, intendo
quella omnicomprensiva dalla nascita di stelle e pianeti alle prime forma di
vita, fino all’universo che conosciamo oggi. Entrambi furono diretti da Terrence
Malick ma la struttura è diversa così come la voce narrante: Brad Pitt per
questa versione breve di 45 minuti e Cate Blanchett per il lungometraggio
di durata doppia (Life's Journey). La scelta delle immagini riprese dal vivo è
eccellente (vulcani in eruzione, oceani, vita naturale, deserti e ogni altro
tipo di ambiente) e senz’altro hanno il sopravvento su quelle elaborate in
studio. I testi (redatti dallo stesso Malick) alternano concetti profondamente
filosofici al alcuni quasi poetici, ma poco convincenti. Vale la pena guardarlo
soprattutto per le immagini prettamente documentaristiche.
Narco Cultura (Shaul Schwarz, 2013, USA/Mex)
Documentario coprodotto
da USA e Messico, di argomento (come evidenziato dall’esplicito titolo) relativo
alle attività illecite e violente legate al traffico di droga fra i due paesi. Attraverso
la narrazione di un perito (reale) della polizia messicana si viene a
conoscenza delle modalità di esecuzione di buona parte degli omicidi susseguenti
alla guerra fra bande rivali. Un’escalation che una dozzina di anni fa vide
quasi raddoppiare il numero di morti ogni anno … 3.600 nel 2010, vale a dire 10
omicidi al giorno nelle faide fra narcos che, però, spesso coinvolgevano
anche cittadini completamente innocenti. Si parla soprattutto della precarietà
della vita a Ciudad Juarez (Mex) in confronto a quella della città gemella oltreconfine
(El Paso, città più sicura degli USA, appena 4 omicidi per anno) dalla quale è
divisa solo da un muro. Attenzione!: si vedono tanti corpi sfigurati e morti
veri, tanto sangue altrettanto vero; immagini non consigliate per i più
sensibili, ma sia chiaro, assolutamente reali.
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