Cinque film di Jean-Pierre Melville, semisconosciuto fra i non addetti ai lavori ma molto apprezzato non solo dai cinefili ma anche dai cineasti, in particolare fu autore di riferimento per quelli della Nouvelle Vague. Dei suoi migliori, fra i solo 13 diretti, mancano gli ottimi Le silence de la mer (1949, suo primo lungometraggio) e Le doulos (1963), entrambi guardati di recente.
Bob le Flambeur (Jean-Pierre Melville, 1956, Fra)
Primo film a
soggetto criminalità francese, con stile inspirato ai simili prodotti americani
che il regista dichiaratamente apprezzava. Anche in questo caso risulta
evidente quanto Melville desse molto più importanza alle riprese che ai
dialoghi, spesso quasi del tutto assenti per svariati minuti. Nel cast non ci
sono ancora nomi noti come Delon, Belmondo, Ventura, …, ma
sono già presenti un buon numero di fidati caratteristi (a cominciare da Paul
Meurisse) che saranno presenti in molti dei suoi film successivi. Al
contrario dei suoi altri lavori del genere (dei quali fu sempre anche
sceneggiatore) in questo caso spicca il finale molto differente da tutti gli
altri, con una evidente vena ironica invece che tragica. Altro elemento che
risulterà ricorrente e che qui viene anticipato è il relativamente buon
rapporto fra chi dirige le indagini e il criminale protagonista della storia. Il
film si è meritato un remake con altro titolo (The Good Thief, 2002,
di Neil Jordan, con Nick Nolte) e, come al solito non all’altezza
dell’originale … guardate questo del ’56, tutt’altra atmosfera e qualità.
Le deuxième
souffle (Jean-Pierre
Melville, 1966, Fra)
Dietro al ridicolo titolo Tutte le ore feriscono... l'ultima uccide con il quale fu distribuito in Italia si cela questo interessantissimo noir francese (IMDb 8,1 RT 100%), per il quale Melville si avvalse di un’ottima sceneggiatura nella quale riuscì a collegare le due storie ben distinte incluse del romanzo originale (Un reglement de comptes) di José Giovanni. Questi fu autore di romanzi e dialoghi per i film, regista e sceneggiatore, personaggio molto singolare e senz'altro discutibile ma fondamentale per i polizieschi francesi per avere una perfetta conoscenza degli ambienti malavitosi essendo stato gangster, collaborazionista dei nazisti, estorsore, assassino, ricattatore e una decina di anni di galera sulle spalle ... non vi sembra abbastanza? A lui la Cinemateca Portuguesa dedicò quasi un’intera pagina delle 4 della dettagliata ed interessantissima scheda del film, insieme ai dati tecnici e commenti di critici e storici del Cinema. Corso, all’anagrafe Joseph Damiani, visse nell’ambiente criminale fino a quando alla fine della guerra, non avendo più protezione, fu arrestato e gli furono comminati 20 anni di lavori forzati; poi, aggiungendo altre condanne, addirittura la pena di morte che però fu successivamente commutata in lavori forzati a vita, poi ridotta e infine fu liberato nel 1956 dopo solo 11 anni di galera. Appena un anno dopo pubblicò il suo primo romanzo (Le trou) con lo pseudonimo José Giovanni edito dalla più prestigiosa casa editrice dell'epoca (Gallimard) ... ma rimaneva l'ex gangster Damiani. Nel '60 fu prodotto l'omonimo adattamento cinematografico (Il buco) e subito dopo un altro suo romanzo-film: Classe tous risques (Asfalto che scotta). Fra sceneggiature, stesure dialoghi e soggetti ha collaborato a oltre 30 film ed è anche stato egli stesso regista 13 volte. Fra i suoi lavori ci sono molti dei migliori film polizieschi francesi degli anni ’60 e ‘70 film di successo in fra i quali, oltre ai già citati, anche Il clan dei siciliani (1969), I 3 avventurieri (1967), Ultimo domicilio conosciuto (1970), Lo zingaro (1975), ... quasi tutti film di primo livello con gli attori più famosi in questo genere come Lino Ventura, Alain Delon, Jean-Paul Belmondo. I suoi precedenti rimasero ben nascosti fino al 1993 quando 2 giornalisti svizzeri rivelarono che dietro lo pseudonimo Giovanni si nascondeva il criminale Joseph Damiani nonché i dettagli del suo passato, ma avendo scontato la pena e chiuso i conti con la giustizia rimasero solo le chiacchiere e minacce di cause e querele non portate a termine.
Tornando al
film, l’ho trovato ottimo, avvincente (le 2 ore e mezza non pesano
assolutamente), molto ben interpretato. Interessante anche la varietà di
personaggi proposti dai due commissari rivali che procedono con metodi
completamente opposti, i due fratelli criminali che procedono su binari
diversi, il misterioso e ambiguo Orloff, Manuche (proprietaria di un locale apparentemente
signorile, rispettata da tutti) e ovviamente l’evaso Gu (Ventura) che si
trova preso in una rete di ricatti, tranelli e bugie. Senz’altro un film da non
perdere, altro che megaproduzioni moderne con attori iperpagati (e per lo più
incapaci) ed effetti speciali a più non posso. Ah, dimenticavo ... ovviamente è
girato con un opportunissimo bianco e nero. Di Le deuxième souffle
è stato prodotto un (pessimo) remake nel 2007 con un cast improponibile ... Daniel
Auteuil nel ruolo di Gu (con tutto il rispetto per Auteil, lo si può
paragonare a Lino Ventura e specialmente in nelle vesti di un gangster?)
e l’unico fondamentale personaggio femminile fu affidato a Monica Bellucci,
che certo grande attrice non è.
Le Cercle Rouge (Jean-Pierre Melville, 1970, Fra)
Molto
interessante la struttura della trama che scaturisce da una serie di incontri
casuali e contatti intrecciati, mentre risulta eccessiva la struttura del
minuzioso piano del grande furto … quasi un’americanata. Notevole il
cast con il metodico e pacato commissario Mattei (Bourvil) che persegue
i criminali interpretati da Alain Delon, Gian Maria Volontè e Yves
Montand. Spicca l’abilità di Melville nel delineare i caratteri molto
differenti dei personaggi, in questo caso particolarmente attento ai tre che non
si conoscevano precedentemente.
L'armée des
ombres (Jean-Pierre
Melville, 1969, Fra)
In questo film i
protagonisti sono i partigiani francesi durante l’occupazione nazista dei primi
anni ’40 e, come nel caso di Le silence de la mer (1949), il
regista descrive situazioni vissute o quasi. Infatti, nel 1940, entrò a far
parte della resistenza e proprio in tale occasione scelse per sé lo pseudonimo Melville,
essendo grande estimatore di Herman Melville, l’autore di Moby
Dick; il suo vero cognome era Grumbach. Le star di questo film
sono Lino Ventura e Simone Signoret, ben coadiuvati da Serge Reggiani,
dal solito Paul Meurisse e Jean-Pierre Cassel (padre di Vincent).
Certamente più politico e più cruento degli altri, specialmente se confrontato
con il suo succitato film d’esordio nel quale l’ufficiale tedesco venne
presentato come una persona colta e rispettosa degli altri, certo non lo
stereotipo nazista di tanti altri film.
Un Flic (Jean-Pierre Melville, 1972, Fra)
Ultimo film di Melville,
di nuovo con Alain Delon come protagonista, ma stavolta dall’altra
parte, vale a dire che interpreta il commissario invece che il malvivente come
in Le Samurai (1967) e Le Cercle
Rouge (1970). Se ho espresso il mio disappunto per il furto alla
gioielleria in Le Cercle Rouge, qui esagera ulteriormente con due
diversi ed elaborati colpi, il secondo dei quali addirittura con l’utilizzo di
un elicottero. Come altre volte, risultano fondamentali i rapporti fra i
protagonisti, siano essi di omertà, rispetto o amicizia che quindi costituiscono
il vero nucleo del film, lasciando ai crimini parti secondarie. Restano quindi
intatte la gran qualità della narrazione per immagini e le buone
interpretazioni.
A chi si destreggia con l’inglese consiglio la lettura di Jean-Pierre Melville’s Cinema of Resistance, articolo apparso sulla rivista The New Yorker.
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