Island disaster era il titolo che campeggiava su un grande pannello esposto
nella sezione ornitologica del National Zoo di Washington.
Si riferisce ai profondi cambiamenti
intervenuti nel corso degli ultimi 60 anni nell’isola di Guam, nel Pacifico.
Negli anni ’50 il Boiga irregularis (un serpente arboricolo) giunse sull’isola
per caso, molto probabilmente con un carico via nave o aereo dall’Australia o
dalla Nuova Guinea. Trovò un ambiente perfetto per le sue caratteristiche con abbondanti
e facili prede e praticamente nessun predatore.
Dopo mezzo secolo di permanenza su Guam questi serpenti hanno causato l’estinzione di 9 delle 18 specie di uccelli presenti al momento del loro arrivo, e delle altre 6 sono già classificate rare e 3 poco comuni.
A parte un minuscolo serpente delle dimensioni di un verme sull’isola non
ce n’erano altri. Pare che i Boiga si
siano “trovati molto bene” ed è stato constatato che ora arrivano quasi a 3
metri di lunghezza contro la media di meno di 2 metri degli altri.
Guam è un importante hub aereo e si paventa il
rischio che i serpenti possano viaggiare di nuovo e, nonostante i controlli e
barriere elettrificate, alcuni “sono già riusciti a partire” ma sono stati bloccati
ad Honolulu (Hawaii).
Questa è la storia in breve così come riportata
sul pannello dello Smithsonian, ma c’erano anche parti interessanti (che
qualche “scienziato” dovrebbe valutare) relative ai possibili metodi di
contrasto.
Alla domanda “Si potrebbe introdurre un
predatore?” la risposta è un chiaro “NO” e si riporta l’esempio delle manguste
che per simile scopo furono portate nei Caraibi con il risultato che hanno
ucciso molti più uccelli che serpenti e topi.
Viene anche scartata l’ipotesi delle trappole
(con le quali effettivamente si potrebbero catturare i serpenti) in quanto l’isola
è troppo grande per eseguire un intervento a tappeto e a causa dei tempi lunghi
si migliorerebbero soltanto le condizioni di quelli che sopravvivono, avendo
minore concorrenza.
Pare si stia ipotizzando una “guerra biologica”
e si sta cercando un virus o altro agente infettivo ma ci vorrà tempo prima che
si possa essere certi che non risulti poi dannoso per altre specie (inclusi gli
umani). Alcuni studi stanno esplorando la possibilità di intervenire sulla
riproduzione ma devono ancora capire come, dove e quando si accoppiano e
riproducono, o attirarli con feromoni o altre soluzioni ma nessuna sembra
essere attuabile in tempi brevi.
Ovviamente, tutto ciò non è colpa dei serpenti
che sono stati trasportati a Guam dove semplicemente hanno continuato a vivere
come avevano sempre fatto in precedenza. Dalle mie esperienze di viaggiatore posso
dire che soprattutto per le isole, che in quanto tali hanno spesso flora e fauna particolare, il problema
è molto sentito e negli aeroporti ci sono severi controlli. Ricordo che in
Nuova Zelanda, dove arrivano molti escursionisti da tutto il mondo, venivano
controllate anche e soprattutto le suole delle scarpe o scarponi da trekking
che avrebbero potuto “importare” semi o batteri intrappolati in un po’ di fango
secco.
Ho trovato anche interessante questo articolo
apparso ieri su Repubblica in merito all’invasione delle specie “aliene”, fra le quali ci sono anche gli scoiattoli grigi americani che mettono a rischio la sopravvivenza di quelli rossi europei. In passato sono state disastrose le importazioni di capre e di conigli in Nuova Zelanda, per non parlare delle invasioni umane come quella degli europei in centroamerica dove hanno causato più morti con malattie come vaiolo e morbillo che con armi vere e proprie.
Nel mio piccolo, anche io avevo accennato alle possibili conseguenze dell'importazione di specie alloctone (sia piante che animali) nel recente post Animali e umani: dilemmi e controsensi.
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