sabato 18 luglio 2020

Micro-recensioni 241-245: altri 4 film messicani e uno dei due famosi di Kusturica

Due film di spicco  e tre nella (buona) norma. Ognuno ha le sue ragioni di essere e i suoi meriti e quindi risultano essere interessanti visioni, specialmente se valutate nel loro contesto di tempo e di luogo di produzione.
  
Underground (Emir Kusturica, Yug, 1995)
Kusturica ha diretto solo una decina di film nel corso dei suoi 40 anni di carriera, ma partì con il piede giusto e molti suoi film hanno ottenuto importanti riconoscimenti. Esordì nel 1981 con il poco conosciuto Ti ricordi di Dolly Bell? (4 premi a Venezia e Nomination Leone d’Oro), seguito 3 anni dopo da Papà... è in viaggio d'affari (Nomination Oscar e Palma d’Oro e e Premio FIPRESCI a Cannes) e nel 1988 da Il tempo dei gitani (Miglior regia a Cannes). Dopo aver tentato il salto a Hollywood (Arizona Dream, 1993) tornò a occuparsi di dei Balcani e dei gitani con i due film che gli hanno dato vera fama internazionale visto anche il successo di pubblico: Underground (1995) e Gatto nero, gatto bianco (1998). Ho quindi ri-guardato con molto piacere il primo anche se l’altro rimane il mio preferito per essere più graffiante, esplosivo e grottesco, oltre che conciso. In entrambe ha un ruolo fondamentale la musica, interpretata in scena dalla fantastica banda di ottoni Musika Akrobatika. Questo è forse è un po’ lungo e dispersivo, considerato che inizia con l’occupazione nazista, prosegue per tutta l’epoca di Tito e termina con le guerre interne della Iugoslavia in disfacimento, sotto il “controllo” delle forze ONU.
Senz’altro da guardare (e ascoltare), così come gli altri suoi migliori film.

Dos monjes (Juan Bustillo Oro, Mex, 1934)
Si distingue nettamente fra i messicani di questa cinquina, e per due motivi molto diversi. Uno è lo stile, fortemente influenzato dall’espressionismo tedesco del decennio precedente, nonché dall’emulazione dei registi russi che in quel periodo collaboravano con i messicani a cominciare da Eisenstein. L’altro è la sceneggiatura, che anticipa di quasi una ventina d’anni quella del ben più famoso Rashomon di Akira Kurosawa. Infatti, la storia si basa su due monaci che si ritrovano per caso in uno stesso convento molti anni dopo essersi scontrati per questioni di cuore, prima di prendere i voti. Nel corso delle confessioni al priore presenteranno diverse versioni degli eventi. Le scenografie sono in puro stile espressionistico, così come le luci e i forti contrasti. Purtroppo, le interpretazioni sono molto deludenti … peccato!
  
El Peñón de Las Ánimas (Miguel Zacarías, Mex, 1943)
Rosenda (Julio Bracho, Mex, 1948)
El brazo fuerte (Giovanni Korporaal, Mex, 1958)
Due degli altri 3 messicani sono diretti da registi di spicco della Epoca de Oro e interpretati da attori altrettanto noti, bravi e amati dal pubblico: Jorge Negrete e María Félix sono i protagonisti del primo e Fernando Soler e Rita Macedo del secondo. Senz’altro buoni ma non certo fra i migliori del loro genere.
Il terzo, invece, è quasi del tutto sconosciuto ai più, ma è tornato alla ribalta per essere stato di recente restaurato e la prima è stata proposta dalla Cineteca Nacional Mexico poche settimane fa. Si tratta di un film indipendente dell’allora esordiente Giovanni Korporaal, uno dei primi esempi di satira politica messicana (si parla di corruzione e usurpazione di potere) e per tal motivo addirittura bloccato dalla censura per oltre 15 anni.

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