Se frequentate
spagnoli e in qualche occasione vi capiterà di essere proprio gli ultimi ad
arrivare o ad andare via o a rendervi conto di qualcosa, è probabile che vi
chiameranno scherzosamente "los ultimos de Filipinas".
Questa locuzione
si riferisce ad un evento assolutamente reale e ben documentato che ebbe luogo
appunto nelle isole Filippine
durante e oltre la fine della Guerra
Ispano-Americana detta anche Guerra
di Cuba. Alla fine dell’800 del vastissimo viceregno della Nueva
España non rimaneva quasi più niente visto che praticamente tutte le
regioni dell’America Latina e Centrale si erano già conquistate l’indipendenza
e allo stesso tempo gli Stati Uniti continuavano la loro politica di espansione
dopo aver già preso alla Spagna gran parte del nord del Messico (California,
Texas, Arizona, Nevada, Colorado, ...).
Il conflitto
scoppiò a seguito dell’esplosione della nave da guerra Maine nel porto dell’Avana (Cuba), che causò la morte di oltre 250
militari, ma non è stato mai accertato che fosse sabotaggio e non semplice
incidente. La Guerra coinvolse anche altri territori, molto lontani fra loro,
come Puerto Rico e le Filippine. Qui, come anche a Cuba, già
operavano gruppi di indipendentisti-rivoluzionari e la Spagna di allora non
aveva né uomini, né soldi, né mezzi per controllare tutti questi territori così
vasti e così lontani. La Guerra durò meno di 4 mesi (dal 21 aprile al 13 agosto
1898) e il 10 dicembre fu firmato a Parigi l’accordo con il quale la Spagna si impegnava a cedere le Filippine agli Stati Uniti per 20 milioni
di dollari, accordo ratificato l’11 aprile 1899.
La loro storia
divenne “esemplare” in quanto, fra alterne vicende, scontri con gli
indipendentisti, malattie letali come il beriberi, scarsezza di viveri e qualche
diserzione, resistettero per quasi un anno senza mai rendersi conto dell’inizio
e della fine della Guerra.
Per la verità,
sia i rivoluzionari (che non avevano un vero interesse nel cacciarli da una
chiesa ormai diroccata priva di alcun valore strategico e che già erano passati
a combattere i nuovi nemici, gli americani) sia un ufficiale spagnolo che
rientrava in patria tentarono di convincerli ma l’irremovibile tenente Martín Cerezo non si fidò neanche dei
documenti e ordini scritti, ritenendoli falsi. Alla fine cedette all’evidenza
quando gli furono portati vari giornali e riviste che riportavano gli esiti
della guerra.
Così, ai 33
sopravvissuti fu concesso l’onore delle armi e non furono fatti prigionieri, né
dai filippini né dagli americani e rientrarono in patria dove Martín Cerezo fu decorato e continuò la
sua carriera militare e infine scrisse un libro sui 337 giorni del sitio
de Baler (l’assedio di Baler).
Da qualunque
punto di vista si voglia giudicare questa storia che venne ampiamente riportata
sui giornali dell’epoca, atto di eroismo, perfetta strategia, abnegazione o
tattica militare, diventò esempio di resistenza ad oltranza e gli assediati
simbolo degli ultimi in assoluto, nel bene o nel male.
Quindi gli
ultimi a lasciare una festa, o gli ultimi ad arrivare (in gran ritardo), gli
ultimi ad arrendersi all'evidenza dei fatti o ad una innovazione tecnologica vengono
ancora oggi chiamati "los ultimos de Filipinas". La loro storia ha anche fornito lo spunto per un paio di film, uno appena uscito.
Concludo con una
delle mie solite associazioni di idee, che non poteva sfuggirmi essendo un
altro modo di dire: “tira (votta) ‘na
bella filippina”.
Non ci sono dubbi in merito al significato del termine, si tratta di un vento gelido e secco (di solito la tramontana) ma per estensione si applica anche a spifferi che entrano da una porta o finestra mal chiusa. L’origine non è certa, il solito Brak scrive “... è un prestito lucano (Tursi piccolo comune montano della provincia di Matera) con riferimento al vento particolarmente pungente che spira colà nel rione della Chiesa di san Filippo Neri”, ma mi sembra un po’ debole essendo troppo localizzato e per di più in un piccolissimo paese, ma altrettanto fantasiosa appare l’etimologia proposta nel Lessico etimologico del dialetto brindisino:
Non ci sono dubbi in merito al significato del termine, si tratta di un vento gelido e secco (di solito la tramontana) ma per estensione si applica anche a spifferi che entrano da una porta o finestra mal chiusa. L’origine non è certa, il solito Brak scrive “... è un prestito lucano (Tursi piccolo comune montano della provincia di Matera) con riferimento al vento particolarmente pungente che spira colà nel rione della Chiesa di san Filippo Neri”, ma mi sembra un po’ debole essendo troppo localizzato e per di più in un piccolissimo paese, ma altrettanto fantasiosa appare l’etimologia proposta nel Lessico etimologico del dialetto brindisino:
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