Come burlare la censura franchista … fra i maestri di questa attività, oltre ai due registi menzionati nel titolo del post è indispensabile citare Rafael Azcona, frequente collaboratore di Berlanga (fra quelli di questo gruppo per Placido e per El verdugo), ma anche di Marco Ferreri che proprio in Spagna diresse El pisito (1958) e El Cochecito (1960), scritti a quattro mani con lui. Una analisi di alcuni di questi film, ottimi esempi di come arguti e abili registi riuscirono a aggirare la censura del regime del Caudillo Francisco Franco barcamenandosi fra realismo e commedia, è ben esposta nel saggio Disidencia en el franquismo.
Placido (Luis Berlanga, Spa, 1961)
Secondo film
spagnolo candidato Oscar fra gli stranieri, dopo il drammatico La
venganza di Bardem (1959). Scoppiettante comedia negra
che più negra non si può, quasi in tempo reale, nel senso che tutti gli
eventi avvengono durante una concitata vigilia di Natale in una cittadina di
provincia. Il protagonista, Placido, utilizza il suo motociclo a 3 ruote per
qualunque lavoro, trasportando cose, persone e perfino un morto. Per questo
giorno speciale il motocarro è abbellito con ghirlande per essere di appoggio
ad una manifestazione di beneficenza che vede impegnate alcune attrici venute
dalla capitale e messe all’asta per averle come ospiti per la cena della
vigilia. Oltre ai soldi così raccolti per beneficenza, gli organizzatori hanno
previsto che famiglie benestanti ospitassero un indigente (povero, senzatetto o
anziano dell’ospizio). In questo ambito inizia, e prosegue fino al termine, il
dramma di Placido che deve pagare una cambiale per non farsi pignorare il
veicolo. In questa storia Berlanga e Azcona hanno dato libero
sfogo alla loro geniale fantasia e satira creando tante situazioni diverse
nelle quali appaiono una miriade di personaggi reali ma tendenti al grottesco,
prendendo in giro (per quanto consentito dalla censura) le ipocrisie del
perbenismo, della religione e della burocrazia nei confronti dei meno
fortunati. Film da guardare e ascoltare con attenzione poiché ogni gesto,
ogni sguardo e ogni parola è significativo. Nomination Palma d’Oro a Cannes.
El verdugo (Luis Berlanga,
Spa, 1963) tit. it. La
ballata del boia
Un film geniale realizzato alla perfezione, ancor più pregevole se si considerano ambiente e periodo storico, ma gran merito va senz’altro attribuito agli sceneggiatori (lo stesso Luis Berlanga e il sempre sorprendente Rafael Azcona, con la collaborazione ai dialoghi di Ennio Flaiano). Senza dire troppo della trama, voglio comunque accennare a questa storia di un necroforo (evitato dai più) che si innamora della figlia del boia (e per questo evitata da tutti). Queste sono le ottime premesse per un eccezionale comedia negra in puro stile latino. Per questioni familiari, economiche e sociali, l’anziano verdugo vuole che il genero (assolutamente contrario ad ogni forma di violenza) prenda il suo posto. Per amore José Luis Rodríguez (Nino Manfredi) arriverà, seppur controvoglia, alla sua prima esecuzione? Grazie a questa incertezza, la seconda parte del film diventa quasi un thriller. Fra i protagonisti si fanno notare anche l’ineffabile José Isbert, Emma Penella, l’onnipresente José Luis López Vázquez. Premio FIPRESCI e Nomination Leone d’Oro a Venezia.
Bienvenido Mr. Marshall (Luis Berlanga, Spa, 1953)
Questo è un film
cult apprezzato anche oltreconfine per la furbizia e l’acume con i quali riuscì
a rappresentare personaggi, mestieri, ambiente e i vari responsabili dei poteri
senza incorrere in troppi ostacoli, che comunque ci furono. La cosa non era
facile in quanto nel film compaiono il Delegado General (portavoce delle
disposizioni della dittatura), l’alcalde, il parroco, l’hidalgo senza un soldo
ed eterno bastian contrario; si parla anche (come intuibile dal titolo) del non
sempre efficace Piano Marshall e quindi degli americani ... che protestarono
per l’allusione di una bandiera portata via dalla corrente. Durante i primi 7
minuti la voce narrante di Fernando Rey mostra i vari ruoli dei protagonisti,
ma descrive anche le attività di farmacista, maestra e allievi, autista della
corriera, barbiere, impresario con cantante al seguito, banditore con
l’immancabile trombetta e via discorrendo. L’ora e poco più del resto del film
è pieno di battute sagaci ed equivoci, fino ad arrivare al mesto eppure
significativo finale. L’unica parte secondo me discutibile è quella onirica,
nella quale Berlanga mostra sogni e incubi dei vari protagonisti durante
la notte prima dell’arrivo degli americani. Spunti geniali si alternano a idee
banali e talvolta scontate. Bienvenido Mr. Marshall si rifà in
parte al neorealismo, ma all’epoca non si poteva eccedere in quanto era
assolutamente proibito di mostrare povertà e situazioni disdicevoli per il
governo, ma c’è anche un evidente omaggio al cinema classico russo con un
perfetto piano Pudovkin (folla di persone con cappelli, ripresi di
spalle). 2 premi e Nomination al Gran Prix a Cannes.
Muerte de un ciclista (Juan Antonio Bardem, Spa, 1955) tit.it. Gli egoisti
Dramma
psicologico che colpisce una coppia di amanti della ricca borghesia dopo che
questi hanno investito e ucciso un ciclista, lasciandolo sul posto (non è uno
spoiler, è la prima scena). Il rimorso e dubbi che li attanagliano, aggravati
da un vago tentativo di ricatto di una comune conoscenza, li portano sull’orlo
di una crisi di nervi. Molto ben girato, il film include una scena a mio parere
esemplare dal punto di vista didattico: durante una festa il possibile
ricattatore parla separatamente con il marito della donna, con questa e con il
suo amante, ma non si percepisce una sola parola. Eppure le sensazioni sono perfettamente
descritte con una serie di primi piani e sguardi che i 4 a turno si scambiano,
comunicando preoccupazioni, minacce, dubbi, cenni di complicità. Essenza del
cinema, altro che effetti speciali. Juan Antonio Bardem (nato in una
famiglia di attori e cineasti, zio di Javier) ha diretto vari film
notevoli, e ne ha sceneggiato molti altri, anche questi di buon livello.
Calle Mayor (Juan Antonio
Bardem, Spa, 1956)
In questo dramma
neorealista, più che la vena drammatica risalta quella amara in quanto niente
di ciò che accade è ineludibile o dovuto a pura sfortuna, ma è conseguenza
della superficialità, dei vincoli del conformismo e soprattutto della
cattiveria umana e della mancanza di principi morali. Un tardivo ripensamento
del protagonista non riuscirà a sanare la situazione, ormai spinta troppo
all’estremo, e quindi qualunque “soluzione” lascerà conseguenze per niente
piacevoli, forse disastrose. L’ambiente è quello di una cittadina qualunque, in
una qualunque regione con differenti problemi sociali (come dice la voce
narrante all’inizio del film); i vitelloni locali, nullafacenti, perditempo e
privi di alcuna considerazione per gli altri (la scena iniziale è eloquente).
Per prendere in giro una zitella, nei suoi confronti architettano un
piano forse peggiore del bullismo, l'illudono per poi umiliarla ... situazione
certo sfruttata anche in altri film, di solito conseguenza di stupide
scommesse. Betsy Blair (Nomination Oscar per Marty, 1954) qui,
stranamente, interpreta di nuovo la zitella di buona famiglia e sani
principi, ma in questo caso, dopo essersi illusa di aver trovato l'amore della
vita dovrà presto ricredersi. Ottima la sceneggiatura (dello stesso Bardem)
che, oltre a rappresentare egregiamente un certo tipo di società
piccolo-borghese di provincia, inserisce anche vari espliciti riferimenti alla
censura spagnola e anche al famoso Hays Code americano. Per aver preso
posizione contro la censura, Bardem fu arrestato proprio mentre girava Calle
Mayor ... qualcuno dice che il fatto lo aiutò ad avere successo
internazionale. Presentato al Festival di Venezia, ottenne 3 Premi e fu preso
in seria considerazione per l’attribuzione del Leone d’Oro, che tuttavia
quell’anno non fu assegnato.
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