Del mio breve soggiorno a Misahuallí ricordo
bene due escursioni, una più affollata e “turistica” (molto relativamente) con Hector
e l’altra, più avventurosa e faticosa, con suo nipote, entrambe molto
interessanti.
La prima ci portò per facili sentieri fino ad una
cascata dove avemmo anche il tempo per un bagno e poi ad un villaggio di
indigeni, però già abbastanza “corrotti dalla civiltà (?)”. Lungo il percorso Hector,
che fece onore alla sua fama di esperto, ci mostrò tanti insetti e piante,
spiegandone le caratteristiche e gli usi, stanò una enorme tarantola,
all’arrivo dell’inevitabile acquazzone ci tagliò delle enormi foglie (ciascuna
sufficiente per due persone) da usare come ombrelli e ci fece bere acqua pura
dalle liane.
Durante la sosta al villaggio beccammo un altro scroscio di pioggia e gli indigeni, quel giorno impegnati in una particolare attività collettiva che richiedeva la partecipazione di tutti, sospesero il lavoro e ci invitarono a mangiare qualcosa con loro e soprattutto a bere la chicha. Questa è una bevanda che si ottiene dalla fermentazione del maiz e fu prodotta dagli amerindi dal Messico fino in Cile e veniva servita come bevanda sacra nel corso di rituali e altre occasioni particolari fin dall’epoca precolombiana. Tradizionalmente il grano veniva tritato masticandolo (compito affidato esclusivamente a donne e bambini) e gli enzimi della saliva lo facevano fermentare producendo così una bevanda leggermente alcolica che veniva consumata dopo averla bollita e filtrata. Ritornammo a Misahuallí viaggiando su tetto di un camion/bus.
Durante la sosta al villaggio beccammo un altro scroscio di pioggia e gli indigeni, quel giorno impegnati in una particolare attività collettiva che richiedeva la partecipazione di tutti, sospesero il lavoro e ci invitarono a mangiare qualcosa con loro e soprattutto a bere la chicha. Questa è una bevanda che si ottiene dalla fermentazione del maiz e fu prodotta dagli amerindi dal Messico fino in Cile e veniva servita come bevanda sacra nel corso di rituali e altre occasioni particolari fin dall’epoca precolombiana. Tradizionalmente il grano veniva tritato masticandolo (compito affidato esclusivamente a donne e bambini) e gli enzimi della saliva lo facevano fermentare producendo così una bevanda leggermente alcolica che veniva consumata dopo averla bollita e filtrata. Ritornammo a Misahuallí viaggiando su tetto di un camion/bus.
Per l’altra escursione attraversammo il fiume usando
una piroga e camminammo per ore e ore, con mille saliscendi, tanto fango, umidità
prossima al 100%, lungo tracce appena riconoscibili e attraversammo tanti
piccoli canali riuscendo a rimanere in equilibrio su ponticelli costituiti
ciascuno da un singolo tronco scivolosissimo. Vedemmo anche vari serpenti fra i
quali alcuni che dovevano essere molto velenosi non solo perché ce lo disse la
guida, ma anche a giudicare dai salti che fece al vederli, mentre di fronte ad
altri rimase assolutamente tranquillo.
La guida Ecuador
(Lonely Planet, 2016) introducendo Misahuallí
ricorda che da quando è stata costruita la strada Tena - Coca ha
perso molto della sua “importanza”. Situata all’estremità di una lingua di
terra chiusa fra due corsi d’acqua (non essendoci ancora i ponti costruiti pochi
anni fa) era a tutti gli effetti la “fine
della strada”. Proprio da ciò derivava la sua importanza in quanto il Rio
Napo è navigabile (seppur con qualche piccola difficoltà) e quindi c’era un
servizio quasi regolare di lance fra Misahuallí e Coca (il cui
nome ufficiale è Puerto Francisco de
Orellana).
Fu
una “crociera nel bacino amazzonico” molto singolare, oserei dire impareggiabile,
costata pochi sucres, in ottima
compagnia, con scenari irripetibili in una natura rigogliosa veramente incontaminata.
Leggendo questo articolo di Maria Elisa Di Pietro, arricchito con varie foto, potrete sapere qualcosa di più di vari
aspetti dell’Oriente (questo è il nome della regione ecuadoriana) aggiornati al
2009.
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