A tre buone commedie romantiche / sofisticate quasi grottesche basate su pregiudizi e differenze di classe ho aggiunto altre due classici paradossali di ottimo livello una slapstick (manco a dirlo dei fratelli Marx) e un musical con finale grandioso … tranne una, sono tutte degli anni ’30. Anticipo che le tre commedie romantiche sono effettivamente sullo stesso tema ma, benché spesso le due più note siano associate e reputate una remake dell’altra, fra loro ce n’è una terza che è effettivamente l’originale dell’ultima, messicana e del 1955. In tutti e tre i casi i protagonisti (involontariamente sotto mentite spoglie) vengono assunti da ricchissime famiglie come maggiordomo nel primo caso, come autista negli altri due. Dall’atteggiamento dei presunti barboni assunti per la smodata filantropia della padrona di casa (completamente svagata, fuori di testa) è chiaro dall’inizio che sono persone di una certa cultura e che, in precedenza, era abituati a trattare con i membri dell’alta società o, quanto meno, con quelli dell’ambiente degli straricchi. Escuela de vagabundos, più che un remake, sembra una copia conforme di Merrily We Live (quasi del tutto sconosciuto) ed alcune scene, a cominciare da quella iniziale, sono assolutamente identiche. Dei tre, forse anche perché non lo conoscevo, quest’ultimo mi è sembrato quello più arguto e divertente, nonostante il finale quasi slapstick, e da questo comincio.
Merrily We Live (Norman Z. McLeod, USA, 1938)
Con un cast di
nomi semisconosciuti conquistò ben 5 Nomination Oscar (ma nessuna statuetta) ed
è rimasto pressoché ignoto ai più. Rispetto al simile My Man Godfrey di due anni prima, le due sorelle non
sono in totale contrasto, manca il fratello e ci sono due simpatici cagnoni. I
dialoghi, specialmente quelli con la svampita padrona di casa (Billie Burke,
Nomination non protagonista), sono ancor più surreali eppure arguti. La sceneggiatura
è un adattamento del romanzo The Dark Chapter: A Comedy of Class
Distinctions (1924, E.J. Rath), poi prodotto a Broadway nel 1926
come They All Want Something da Courtenay Savage e infine già portato
sullo schermo nel 1930 da George Crone con il titolo What a Man!,
eppure viene di solito associato a My Man Godfrey nei cui titoli
non compare nessuno dei suddetti autori fra i collaboratori alla sceneggiatura.
Io lo consiglio, tit. it. Gioia di vivere.
Escuela de vagabundos (Rogelio A. González, Mex, 1955)
Come anticipato,
questo è un vero remake di Merrily
We Live, diventato subito
un classico della Epoca de Oro, da molti giudicato uno dei migliori film
di Pedro Infante, il più noto e amato attore / cantante di allora,
prematuramente scomparso 2 anni più tardi. Ma se la sua partecipazione ha dato
lustro e importanza al film, allo stesso tempo è diventata una palla al piede
della commedia poiché, inevitabilmente sono state inserite una mezza dozzina di
canzoni a discapito del buon ritmo della trama.
My Man Godfrey (Gregory La
Cava, USA, 1936)
Come detto
questo è il più famoso dei tre, con un gran cast che meritò ben 4 delle 6
Nomination ottenute dal film: Carole Lombard e William Powell
protagonisti, Alice Brady e Mischa Auer non protagonisti. Le
altre due andarono a alla regia e alla sceneggiatura, ma anche in questo caso
nessuna delle 6 si trasformò in Oscar. A ben vedere i punti di contatto con le
altre commedie simili sono pochi, solo il (pre)concetto della valutazione delle
persone per il loro aspetto o per la loro situazione momentanea sono uguali così
come la ridicolizzazione della ricca svampita filantropa padrona di casa. Alla
fine regnano i buoni sentimenti ed il più che previsto lieto fine. Certamente
buono, ma continuo a preferire Merrily We Live.
Gold Diggers of 1935 (Busby Berkeley, USA, 1935)
Busby Berkeley più che regista era coreografo molto apprezzato a Hollywood e non fatevi ingannare dal titolo che letteralmente significa “cercatori d’oro” in quanto questi non c’entrano assolutamente niente. All’epoca Gold Digger era un termine comunemente usato per indicare le ragazze, o donne, in cerca di un marito straricco; la storia si sviluppa in un grande albergo che definire di lusso sarebbe un diminutivo. La prima parte del film è una commedia molto divertente, con personaggi bizzarri non solo fra gli ospiti dell’hotel, ma anche fra il personale. Tutti quelli che hanno o hanno avuto a che fare con questo ambiente lavorativo dovrebbero vederlo ... da allora niente è cambiato. La parte finale volge più al musical classico con due coreografie affollatissime, la prima delle quali coinvolge un numero incredibile di pianoforti che si muovono come in un caleidoscopio ... e non è un gioco di specchi, sono veramente tanti! Se è piaciuto a me che non sono amante di questo genere di film penso che possa piacere anche a tanti altri. Oscar per la miglior canzone e Nomination per la coreografia.
Monkey Business (Norman Z.
McLeod, USA, 1931) tit. it. Quattro folli in alto mare
Primo film originale e non tratto da lavoro teatrale dei fratelli Marx. Il regista Norman Z. McLeod li diresse anche nel successivo Horse Feathers (1932) e in tutta la sua carriera gravitò nel genere commedie più o meno grottesche con comici famosi come W.C. Fields, Danny Kaye e Bob Hope ... si direbbe che solo per Merrily We Live non gli fu messo a disposizione nessun gran nome. La lunga prima parte della storia è certamente la più divertente e si svolge su un transatlantico, sul quale i 4 ineffabili fratelli viaggiano come clandestini e, ovviamente, portano scompiglio se non caos. La parte finale ha meno mordente e perde di vivacità. In stile classico dei Marx Brothers, è indispensabile conoscere l’inglese (ancora meglio l’americano) per cogliere le sfumature linguistiche e i giochi di parole.
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