Dopo Au coeur du mensogne, ho cercato altri film di Chabrol non ancora guardati e ho scelto i suoi primi due e uno degli anni ‘80. Completano il gruppo due film recenti che, a giudicare dai rating, non sono stati molto graditi dal pubblico, ma lodati dalla critica. Nel complesso, nessuno è pessimo, tutti sono discutibili (e ciò risalta dai giudizi molto contrastanti) e solo uno mi è piaciuto veramente.
Le beau Serge (Claude Chabrol, 1958, Fra)
Primo film di Chabrol,
del quale fu anche sceneggiatore unico; dai più è considerato il primo film
della Nouvelle Vague francese della quale fu fondatore insieme ai suoi
amici cinefili Rivette, Godard, Rohmer e Truffaut.
Completò le riprese in 9 settimane invernali nel villaggio di Sardent, nel
quale visse la sua famiglia materna e dove lui passava settimane intere,
coinvolgendo molti abitanti del paese come figuranti o brevi ruoli marginali.
In questa rappresentazione comunque vicina al neorealismo, propone un dramma
sociale, nel quale regnano alcolismo, violenza e, soprattutto, l’indifferenza
che fa accettare tutto come ineluttabile e quindi inutile da cercare di
contrastare, e questo lo afferma perfino il prete. Da non perdere.
Les cousins (Claude Chabrol,
1959, Fra)
Secondo film di Chabrol
in tutto e per tutto opposto al precedente. La scena si sposta dal paesino di
campagna alla vita sfrenata di giovani (e meno giovani) a Parigi. Gli attori
principali sono gli stessi ma a ruoli invertiti, vale a dire che Gérard
Blain (alcolizzato e violento nel primo) qui interpreta lo studente serio e
idealista, mentre Jean-Claude Brialy (che in Le beau Serge voleva redimere l’amico l’infanzia)
qui è il trascinatore di un gruppo di sfaccendati perdigiorno (e soprattutto
notti), organizzatore di festini quasi selvaggi nei quali, ovviamente, abbonda
l’alcol. Personaggi per niente attraenti, nel complesso oserei dire
detestabili, anche se ognuno per motivi diversi. Buono, ma non regge il
confronto con il film d’esordio.
Bande de filles (Céline Sciamma, 2014, Fra)
Interessante spaccato
della gioventù delle periferie parigine, ma quella rappresentata è la norma o
una storia particolare? Come appare chiaro dal titolo, si parla di un gruppo di
ragazze che si atteggiano a gang, sfidano altre adolescenti, si dedicano al
taccheggio e al bullismo per racimolare un po’ di soldi. La protagonista si
deve però confrontare anche con i difficili rapporti con la famiglia (madre praticamente
assente, del padre non si hanno notizie, fratello maggiore troppo protettivo).
Cercando una propria dimensione e libertà, la sedicenne Marieme, detta Vic, si
caccerà in una serie di situazioni complicate. L’ambiente è quello degli
immigrati africani integrati, quasi tutti nerissimi, ma ci sono anche alcuni
che sembrano maghrebini, “bianchi” quasi assenti.
Masques (Claude
Chabrol, 1987, Fra)
La prova di Philippe
Noiret (lodata da molti) mi è sembrata troppo sopra le righe (anche se in
parte era richiesta dal personaggio) e il film, limitato nella villa del
protagonista e abitato da una mezza dozzina di personaggi peculiari, non ha il
fascino delle interessanti descrizioni degli ambienti provinciali alle quali Chabrol
ci ha abituato. Anche la suspense (non dimentichiamo che il regista ha come
punto di riferimento Hitchcock, sul quale scrisse un famoso saggio
insieme con Eric Rohmer) non riesce ad essere veramente tale. Sostanzialmente
deludente, con personaggi e situazioni talvolta poco credibili. Certamente non
uno dei migliori lavori del regista, troppo concentrato nella sua critica della
borghesia francese.
Under the Skin (Jonathan Glazer, 2013, UK)
Mi è sembrato senza
né capo né coda, certamente ben realizzato, raffinata fotografia ma con troppo
nero, quasi inesistenti i dialoghi, ottimo commento sonoro, veramente
originale. Sembra che Glazer si sia concentrato più che altro sull’originalità
e sull’estetica trascurando la storia che, forse, è più avvincente nel testo
del romanzo scritto dall’olandese Michel Faber, ma è stata mal adattata
per il grande schermo. Lento e spesso ripetitivo, sembra che Scarlett
Johansson sia stata usata come specchietto per le allodole, deludendo poi
il pubblico (solo 6.3 su IMDb e 55% su RT). Presentato in innumerevoli
Festival, conta oltre 130 Nomination, ma solo 23 Premi, 14 dei quali per la
musica (di Mica Levi); fu fischiatissimo a Cannes.
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