Cinque ottimi registi quali Bondarchuk, Chabrol, Scorsese, Masumura e Sjöberg (anche se gli ultimi due probabilmente poco conosciuti), di cinque paesi diversi (URSS, Fra, Swe, Jap, USA), produzioni che spaziano fra il 1944 e il 1999.
Fate of a Man (Sergey Bondarchuk, 1959, URSS)
Intrattenitore
per le truppe durante la II Guerra Mondiale, apprezzato attore cinematografico
dai primi anni ’50 (e per questo nominato Artista del Popolo dallo
stesso Stalin) con questo film Sergey Bondarchuk esordì alla regia e
iniziò una brillante carriera in questo campo. Rimarrà certamente nella storia
del cinema per aver diretto e interpretato il miglior adattamento
cinematografico del capolavoro di Tolstoy Guerra e pace (1965,
Oscar miglior film straniero e Nomination per la scenografia, oltre 7 ore di
durata). Anche in questa sua prima regia diresse sé stesso, nel ruolo del
protagonista. Ottimo film in stile classico russo del dopoguerra, bella e
precisa fotografia in b/n, con ampio uso di doppie esposizioni e scene di massa,
appropriatissimo e di notevole livello il commento musicale in stile sinfonico.
Si tratta della storia di un artigiano di un piccolo paesino che lascia moglie
e figli per andare in guerra, mandato nei campi di lavoro dai nazisti, poi
autista di un ufficiale tedesco, infine torna a casa ma il triste destino gli
riserva nuove disgrazie. Quasi un film di propaganda, ma con meno enfasi
rispetto ai soliti, preferendo la qualità artistica ai messaggi politici.
Au coeur du mensonge (Claude Chabrol, 1999, Fra)
Chabrol è riconosciuto maestro delle descrizioni di personaggi, eventi e relazioni sociali delle comunità delle cittadine di provincia, nelle quali tutti si conoscono ed ognuno ha opinioni non sempre positive su ciascun altro, in particolar modo quando ci sono omicidi di mezzo. In questo caso si inizia con l’assassinio di una adolescente, ma ci sarà anche un’altra vittima. La commissaria (appena nominata) ha un modo inusuale di condurre le indagini, in contrasto con il suo collega locale, prossimo alla pensione. Per i motivi più disparati, molti dei personaggi descritti hanno qualcosa da nascondere, le voci in paese corrono e ipotesi e illazioni non si contano. Ben narrato anche dal punto di vista psicologico, lascia agli spettatori tante possibili supposizioni, a cominciare dalla scelta fra un unico assassino o due diversi, ma solo all’ultima scena si saprà la verità che non garantisce che il colpevole sarà punito.
Kundun (Martin Scorsese, 1997, USA)
Biopic del 14°
Dalai Lama (1935 e tutt’ora in vita) diretto da Scorsese, giudicato un
suo prodotto “minore” nonostante la bella fotografia, l’ottima scenografia
(interni, esterni, location e costumi), le 4 Nomination Oscar e l’interesse
della storia considerata la caratura del personaggio. Visto che si comincia con
l’individuazione del nuovo Dalai Lama dopo la morte del 13° è chiaro che sono
stati impegnati diversi attori per ricoprirne il ruolo. Nella prima parte si
presenta infanzia, adolescenza ed educazione, mentre nella seconda il film
prende un risvolto storico informandoci dei difficilissimi rapporti con i
cinesi, fino alla fuga dal Tibet, evento con il quale si conclude il film. Anche
se può sembrare una pignoleria, purtroppo ho visto la versione parlata in
inglese, lingua che stona con l’ambiente e i protagonisti. La versione in
tibetano (certamente incomprensibile, ma ci sono i sottotitoli) sarebbe apparsa
molto più reale e coinvolgente. Piacevole da guardare ma troppo spezzettato e
relativamente ripetitivo e prevedibile.
Hoodlum Soldier (Yasuzô
Masumura, 1965, Jap)
Penso sia utile
riproporre parte della brevissima presentazione che feci nel 2018, in occasione
dei primi film di Masumura che ebbi occasione di guardare in una
rassegna a lui dedicata alla Filmoteca Española de Madrid. Laureato in
filosofia con una tesi su Kirkegaard, poco dopo vinse una borsa di
studio del Centro di Cinematografia di Roma dove ebbe fra i suoi docenti
Antonioni, Fellini e Visconti. Quindi fu assistente di Gallone
per Madama Butterfly (1954), prima di tornare a lavorare in
patria come assistente di Mizoguchi (anche Street of Shame,
1956) e poi di Kon Ichikawa. Non si può dire che non abbia avuto buoni
maestri e con abbia fatto ottima gavetta. Divenne noto anche per cimentarsi nei
generi più disparati e per la sua prolificità: 55 film in una ventina di anni,
quasi 3 all’anno! A giusto titolo Masumura è considerato esponente di
rilievo della cosiddetta New Wave giapponese che ha preceduto di alcuni
anni la senz'altro più famosa omologa francese.
Questo è uno di
quei film di guerra nei quali non si vede mai il nemico, ma tratta di soldati
giapponesi in Manciuria. I protagonisti sono un incontrollabile ex yakuza
appena arruolato e il sottufficiale al quale viene affidato, il dovrà fare salti
mortali per instaurare un rapporto di fiducia e rispetto reciproco. Film sostanzialmente
antibellico che mostra anche i curiosi rapporti gerarchici vigenti nelle truppe
nipponiche e i sorprendenti punizioni consentite (botte da orbi).
Torment (Alf Sjöberg, 1944,
Swe)
Spasimo (tit.it., malamente tradotto, negli
altri paesi Tormento, Supplizio, Tortura, … certamente più
pertinenti) fu la prima delle 48 sceneggiature firmate da Ingmar Bergman,
che solo 2 anni più tardi diresse il suo primo film. Si sviluppa in ambiente
studentesco nel quale si confrontano liceali non troppo volenterosi prossimi
agli esami e un professore quasi sadico ma, a complicare la situazione, c’è
anche una giovane donna. Dramma sociale psicologico, oserei dire tipico della
cinematografia scandinava, nel quale vengono inseriti tesi rapporti familiari,
pessimi rapporti fra il prof e gli studenti, alcolismo, infatuazione e stalking. Già si
possono intravedere alcuni classici tormenti di Bergman. Vinse il Gran
Premio a Cannes nel ’46 e fu candidato al Premio Internazionale a Venezia nel ’47.
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