Innumerevoli
sono stati i formati cinematografici utilizzati nel tempo, con i loro pregi e
difetti a seconda di cosa e come si filmi e quindi di come si proponga al
pubblico. Si va dal formato quadrato ai classici 1,33 (4/3) e 1,37, dall’ormai
comunissimo 16:9 al riproposto Univisium
(2:1), dal Cinemascope all’enorme e
praticamente impossibile da gestire 4:1 (Polyvision,
in effetti composto da tre riprese 1,33 affiancate), utilizzato da Abel Gance in parte del suo Napoleon
(1927).
In questo esempio si immagina chiaramente cosa succede tagliando una immagine
Cinemascope (2,35:1) per adattarla a Widescreen (1,85:1) o a 14:9 (1,56:1).
da Wikipedia (CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=68282)
Molti
guardano un film prestando attenzione soltanto alla storia o ammirando gli
attori o apprezzando gli effetti speciali, pochi si curano delle inquadrature e
della loro relazione con i formati e raramente notano distorsioni o ridimensionamenti
che non sfuggono ad un occhio attento. Un Cinemascope mozzato nei lati per
farlo entrare in uno schermo di proporzioni diverse perde molto, così come un
film girato in un formato e poi adattato ad uno schermo di diverso rapporto.
La
composizione delle inquadrature nel loro complesso (soprattutto angolo di
ripresa e posizione relativa degli interpreti e degli oggetti) è infatti spesso
vincolata al formato scelto e qualunque modifica deteriora e sminuisce la
visione “artistica” originale.
Tuttavia,
produttori di oggi hanno la giustificazione del fatto che se prima i film
venivano visti esclusivamente nelle sale, quindi con schermi grandi sui quali
si potevano proiettare più o meno tutti i formati, adesso devono per forza tener
conto dei vari canali di distribuzione che talvolta rendono più degli incassi
delle sale. Infatti, è normale che un film di successo, dopo essere passato in
sala (forse, vedi alcuni titoli resi disponibili esclusivamente su piattaforme
tipo Netflix) debba essere poi
convertito e adattato a schermi televisivi, di computer, di tablet e smartphone,
nonché alle dimensioni dei piccoli schermi degli aerei operanti su tratte lunghe; chiaramente il ritorno economico è una conditio sine qua non per la produzione del film.
I
vari formati sono ben illustrati in queste due pagine Wikipedia (l’italiana e l’inglese,
simili eppure diverse, date una scorsa ad entrambe) e sono corredati da
numerosi esempi.
Di
particolare interesse è la proposta che Vittorio
Storaro, apprezzatissimo direttore della fotografia vincitore di 3 Oscar (Apocalypse
Now, Reds, L’ultimo imperatore), avanzò una
ventina di anni fa, vale a dire quella di standardizzare i formati e per questo
rispolverò il rapporto 2:1, chiamandolo significativamente Univisium, già utilizzato negli anni ‘50 da Universal e RKO (col nome di Superscope). Interessante anche questo articolo (in inglese).
Grazie. Molto utile!
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