sabato 1 settembre 2018

“Mean Streets“, Martin Scorsese e Robert De Niro insieme per la prima volta

Mean Streets segna l’inizio della collaborazione fra questi due mostri sacri della nuova Hollywood che fino ad allora avevano prodotto poco e non sempre di buona qualità. Nello stesso anno De Niro, dopo una decina di B-movies sotto la sufficienza,  si era appena fatto apprezzare nel suo primo film di un certo livello Bang the Drum Slowly (di John Hancock). Scorsese era invece alla sua terza regia dopo Who's That Knocking at My Door (1967, aka I Call First) e Boxcar Bertha (1972), discreto il primo insufficiente il secondo. 
   
Robert De Niro e David Proval *** Harvey Keitel e Richard Romanus
262 “Mean Streets“ (Martin Scorsese, USA, 1973) tit. it. Domenica in chiesa, lunedì all'inferno” * con Robert De Niro, Harvey Keitel, David Proval, Cesare Danova, Richard Romanus, George Memmoli
IMDb  7,4  RT 96% * presentato nella Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 1974 e riproposto nel 2018

Insieme con Taxi Driver (1976), questo esordio dell’eccezionale duo resta uno dei miei preferiti, pur essendo molto meno conosciuto. Lo trovo molto più originale, autobiografico, spontaneo, con un casting perfetto, così come la scelta delle location. I set quasi non esistono, l’edificio nel quale sono state girate tante scene (per le scale, ingresso, retro, tetto) era quello dove abitava la madre di Scorsese, che oltretutto compare in una scena e parla (sgrida i due che litigano) in italo-siciliano. Quasi tutti i protagonisti parlano con un forte accento, in particolare quando discutono fra di loro, oltre ad utilizzare tanto slang; ci sono anche vari dialoghi in italiano e tante parole dialettali napoletane o siciliane inserite in frasi in inglese. Questo più degli altri è un film da guardare in versione originale, meglio se con l’aiuto dei sottotitoli americani per i tanti termini desueti o propri di quell’ambiente. Facendolo, si noterà anche che la voce che nei primi secondi del film - a schermo ancora nero - declama i pensieri di Harvey Keitel in chiesa non è la sua bensì quella di Martin Scorsese.
   
Harvey Keitel in chiesa ***  Harvey Keitel e Cesare Danova
Una ricca (sia per quantità di pezzi, che qualità ed eterogeneità) colonna sonora accompagna i protagonisti ricreando alla perfezione l’ambiente delle comunità italoamericane, come ben noto composte soprattutto da meridionali, ed in particolare quella di Little Italy in periodi festivi. Infatti gli eventi narrati si svolgono proprio lì nei giorni della festa di San Gennaro e i suonatori della banda sono quelli veri, dai volti ed espressioni incredibili, direi affascinanti. Quindi, a cominciare da uno dei caratteristici e tradizionali canti a figliola (clicca qui per ascoltarlo) che i pellegrini che si recavano al Santuario della Madonna di Montevergine (AV), una delle tante Madonne nere, in Campania soprannominata Mamma Schiavona, intonavano lungo il cammino, si ascoltano tante arie napoletane conosciutissime anche all’estero quali Scapricciatiello, Malafemmena, Maruzzella, Munastero ‘e Santa Chiara. Questo argomento della festa e della religiosità in particolare (che mal si lega allo stile di vita dei protagonisti) è parte essenziale del film e dà un senso al titolo italiano. A questa parte etnica si sommano famosi brani pop di vario genere, fra i quali Be My Baby eseguito dalle Ronettes (l'unica girl band invitata ad esibirsi con i Beatles), Jumpin' Jack Flash dei Rolling Stones, il ritmo latino di Ray Barretto con Ritmo sabroso.
Oltre alle riprese nel corso della festa, soprattutto astanti e banda di ottoni, nel cast compaiono tanti caratteristi, vari dei quali in questo film hanno dato il meglio di sé forse proprio per sentirsi a proprio agio interpretando tipologie personaggi che avevano conosciuto o almeno visto chissà quante volte. Molti erano amici di Scorsese ed erano cresciuti in quell’ambiente o in simili comunità come quelle degli italoamericani di Brooklyn o Queens.
   
Su tutti spicca Richard Romanus (alla guida nella foto a dx) che senz’altro molti conoscono solo per questa sua ottima interpretazione di Michael, il piccolo ras-usuraio che tenta disperatamente di esigere quanto De Niro gli deve in un crescendo di minacce da parte sua, di bugie da parte di Johnny Boy, di rassicurazioni pacificatorie da parte di Charlie (Harvey Keitel). Ma c’è anche Cesare Danova, italiano che dopo una lunga e per niente disprezzabile carriera in gro per il mondo sarà comunque probabilmente ricordato per la sua interpretazione del “padrino” Don Giovanni Cappa (zio di Charlie/Keitel) e, forse, per la sua ultima apparizione in un altro film cult, seppur di tutt’altro genere, nei panni del sindaco corrotto Carmine DePasto in Animal House (John Landis, 1978).
La già radicata passione di Scorsese per il cinema risulta evidente per i tanti poster inquadrati qua e là, le classiche insegne luminose sull’ingresso dei cinema con titoli e interpreti dei film, una serata al cinema a guardare The Searchers (aka “Sentieri selvaggi”, di John Ford, 1956, per caso visto un paio di giorni fa), una scena di The Tomb of Ligeia (1964, di Roger Corman, con Vincent Price) e una di The Big Heat (1953, famoso noir di Fritz Lang) in parte simile al finale del film.
 
Nota personale: sbarcai per la prima volta a New York il 13 settembre 1985, in pieno periodo della festa di San Gennaro (19 settembre) e queste sono due immagini dal film (a colori) e due miei scatti in b/n. Noterete che altarino e luminarie dopo una dozzina di anni erano sono uguali.
   
Tempo fa pubblicai un post in merito alla mia seconda visita a New York, nel corso della quale non mancai di tornare in quei stessi luoghi trovando però ben poche tracce della "vecchia Little Italy" ... anche lì ormai imperversano cinesi e russi.

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