Prendo spunto
dal soggetto di un corto d'animazione candidato all'Oscar visto un paio di
giorni fa: Blind Vaysha (blind = cieca). (short di Theodore Ushev, Canada, 2016, 8 min, IMDb 7,7)
In effetti la
giovane protagonista Vaysha non è “non vedente” ma i suoi occhi, di diverso
colore, hanno caratteristiche opposte e incredibili: uno vede solo il passato e
l'altro solo il futuro. La logica terribile conseguenza è l'impossibilità di
vivere il presente essendo ancorata al passato e angustiata dal futuro.
Trovandovi nella
medesima situazione della ragazza e dovendo rinunciare ad un occhio, di quale (forse
volentieri) fareste a meno?
Questo quesito
mi era già balenato in mente al solo leggere la mini-trama e poi ho scoperto
che lo stesso interrogativo se lo pone la protagonista del cortometraggio.
Per quanto
astruso, il dilemma ci porta a considerare l’importanza che ciascuno di noi dà
a passato e futuro, anche senza voler considerare il completo distacco dal
presente. Quanto sono importanti i ricordi, il conoscere il passato di chi ci
vive intorno e l’esperienza acquisita negli anni precedenti e quanto potrebbe essere importante
conoscere eventi futuri? In particolare nel secondo caso, sarebbe un vero
vantaggio?
La prima
situazione potrebbe non cambiare molto la nostra vita e la si potrebbe assimilare
ad una amnesia totale, mentre l'altra avrebbe effetti notevoli, potenzialmente
devastanti, in quanto senza dubbio condizionerebbe tutte le nostre scelte. Tuttavia,
in questo secondo caso le conseguenze sarebbero molto diverse a seconda di ciò
che vediamo in anticipo, se è di carattere generale (che non ci tocca
direttamente in prima persona) o di fatti inerenti alla nostra sfera personale.
A partire dalle
diverse varianti di questa assurda ipotesi ci si può comunque scervellare a
piacimento da soli o anche intavolare interessanti e argute discussioni.
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