Nomi ricorrenti in questa cinquina sono i Soler e gli Alcoriza. La nota dinastia Soler discende da una coppia di attori spagnoli (lei valenciana, lui gallego) emigrata in Messico a fine ‘800 e poi negli USA. Non contando i due figli morti in tenera età, gli altri otto (4 sorelle e 4 fratelli) gravitarono in ambiente cinematografico. I quattro maggiori (Fernando, Andrés, Irene e Domingo) formavano il Cuarteto Infantil Soler, che cantava e recitava brevi drammi e sketch comici; negli USA apparirono in vari film muti, ma in Messico ebbero vero successo come protagonisti film diretti dai migliori registi dell'epoca quali Buñuel, Indio Fernández, Gavaldón, Bustillo Oro, Boytler, e vari di loro furono anche apprezzati registi (in questo gruppo ci sono Julián e Fernando).
Lo spagnolo naturalizzato
messicano Luis Alcoriza iniziò come attore (solo 16 film, negli anni ’40),
ma poi si distinse soprattutto come sceneggiatore (88) e come regista (23). Sui
set messicani incontrò l’attrice e sceneggiatrice austriaca Janet Riesenfeld
la quale, dopo il matrimonio, prese il cognome del marito e insieme
firmarono decine di sceneggiature. Luis fu l’autore preferito di Luis Buñuel, per il quale scrisse circa la metà
dei film del periodo messicano, fra i quali alcuni fra i più apprezzati come Los
olvidados (1950), El bruto (1953), El
(1953).
La visita que no tocó el timbre (Julián Soler, 1954, Mex)
Primo (forse) di una lunga serie di film con variazione sul tema: poppante lasciato da mani ignote davanti alla porta di una casa abitata solo da uno o più uomini. Di questo, tratto da una farsa del 1949 di Joaquín Calvo Sotelo, fu prodotto un remake spagnolo nel 1965; seppur non esplicitamente citato, fu poi spunto per il francese Tre scapoli e una culla (1985) e la sua successiva versione americana Tre scapoli e un bebè (1987) e sequel. Inoltre, anche se si tratta del vero padre single, molto simile sono il messicano No se aceptan devoluciones (2013, campione di incassi) ed il suo remake francese Famiglia all'improvviso (2016). Evidentemente un tema che piace, visto che offre innumerevoli spunti per commedie familiari, fra il grottesco e il ridicolo, spesso con risvolti strappalacrime. In questo caso i destinatari del bebè sono due fratelli timidi e pasticcioni, ovviamente scapoli, impiegati di banca. Per quanto i protagonisti siano proposti in modo esagerato, tutto il resto, dai comprimari alla trama con twist non sempre scontati, funziona più che bene. Gli sceneggiatori sono Janet e Alcoriza.
Los jovenes (Luis Alcoriza,
1961, Mex)
Fu l’esordio alla
regia di Luis Alcoriza che si lanciò subito in temi più o meno
scottanti. Questo ha vari punti in comune con Los olvidados
(1950) del quale scrisse la sceneggiatura per Luis Buñuel; i
protagonisti sono infatti un gruppo di giovani ma, al contrario di quelli
poverissimi della periferia, in questo caso si tratta soprattutto di studenti
universitari e appartenenti a famiglie della media e alta borghesia. Le aspirazioni
di giovani e dei loro genitori non sempre coincidono, in quanto i primi
vorrebbero vivere “all’americana” (grandi macchine, rock, alcool, vita quasi
sregolata), mentre i secondi cercano di tenerli sotto controllo. Ovviamente ci
sono differenze anche nell’eterogeneo gruppo di giovani fra i quali anche dei
balordi che comunque non risultano indifferenti alle ragazze “per bene”. Fece
molto discutere all’epoca per questi temi reali e di rottura, con tanti
contrasti sociali e familiari, con uno stile a tratti da Nouvelle Vague;
sparatorie, tradimenti e ogni tipo di violenza dei noir e dei film della
rivoluzione erano la norma, ma mettere a nudo i problemi reali dei giovani borghesi
della capitale, in un periodo di grandi cambiamenti mondiali, fu una novità.
Qualcosa di simile lo si ritrova nel cult Los caifanes (1967, Juan
Ibáñez) nel quale si seguono le vicende di una ricca giovane coppia di fidanzati
che, lasciata una festa, passeranno un’inaspettata notte con un piccolo banda
di balordi che li farà riflettere sulle enormi differenze sociali e culturali
messicane. Nomination Orso d'Oro a Berlino.
El barbero prodigioso (Fernando Soler, 1942, Mex)
Piacevole commedia poco conosciuta, ma con trama buona e tutt’altro che scontata, ma piena di buoni sentimenti. Fernando Soler è regista e protagonista (il barbiere), suo fratello Domingo ricopre il ruolo dell’alcalde. Un tranquillo barbiere di un piccolo paese, vessato da moglie e suocera e preso in giro (oggi si direbbe bullizzato) da tutti diventa un caso dopo che un cieco riacquista improvvisamente la vista mentre gli sta lavando i capelli. I rapporti fra il barbiere e i tanti che gli stanno attorno cambieranno quindi radicalmente tranne che con il suo vero amico Tomás. Appariranno grandi oculisti, un’avventuriera americana e tanti che vorrebbero essere miracolati e la vita del barbiere avrà sviluppi assolutamente inattesi.
El medallón del crimen (Juan Bustillo
Oro, 1955, Mex)
Discreto noir,
che conta su ottimi tempi in merito a quasi incroci, oggetti bene in vista ma
non visti, incontri casuali con la polizia che non si accorge di cosa succede,
scambi di gioielli che saranno la chiave delle indagini. Sul versante negativo
c’è invece la pochezza di Manolo Fábregas nei panni del protagonista; se
la sua insipienza poteva andar bene nel summenzionato La visita que no
tocó el timbre nel quale interpretava uno dei fratelli, qui non regge.
Neanche la voce fuori campo (quasi i suoi pensieri) che gli suggerisce cosa
fare per occultare potenziali prove mi è sembrata superflua e fuori luogo …
peccato.
Historia de un abrigo de mink (Emilio Gómez
Muriel, 1955, Mex)
Mediocre
commedia quasi ad episodi (4) che segue la storia di un cappotto di visone che
passa, per vari motivi, di mano in mano, ma torna sempre dallo stesso pellicciaio.
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