Cinquina monografica, messa insieme recuperando film di seconda fascia della Epoca de Oro che non avevo ancora visto. Come più volte scritto, negli anni ’40 e ’50 la cinematografia messicana visse i suoi anni migliori grazie ad un nutrito gruppo di cineasti locali ai quali si affiancarono alcuni giunti dall’Europa, a cominciare dai russi Eisenstein e Arcady Boytler, per non parlare dello spagnolo Luis Buñuel che già nel 1949 ottenne la nazionalità messicana. A parte la piacevolezza e l’originalità della maggior parte delle trame sia per i film della rivoluzione che di quelli musicali di cabareteras e rumberas, come dei melodrammi ambientati nella capitale (con case ricchissime con scaloni, colonne e ricchi arredi) o in aree rurali in enormi ranchos, dai noir ai crime classici, in tutti risalta sempre con la marcata connotazione nazionalista della quale i messicani sono sempre andati molto fieri. Inoltre, si apprezza la loro peculiare e gradevole cadenza (in particolare per le classi più povere e gli indigeni) e anche il loro vocabolario che spesso si discosta, e non poco, dal castigliano peninsulare (della Spagna). Trovo che la visione di questi film sia un ottimo modo per imparare o rinfrescare il proprio spagnolo visto che sono parlati per lo più molto chiaramente, fermo restando le differenze fra spagnolo peninsulare, latino (dagli USA agli stati settentrionali del sudamerica) e rioplatense (Argentina e Uruguay). Nel complesso non memorabili, ma per lo più piacevoli e interessanti
La ausente (Julio Bracho, 1952, Mex)
Arturo de Córdova,
uno dei più apprezzati attori dell’epoca, estremamente versatile, qui interpreta un vedovo che nasconde
qualcosa in merito alla moglie e alla sua morte in un incidente stradale.
Rimasto solo con la figlia di 5 anni, per la quale stravede) dovrà affrontare tre
donne che ambiscono a prendere il comando della enorme residenza e della
famiglia. Come se non bastassero sorella e cognata, apertamente in contrasto
ancor prima dell’evento, si aggiunge infatti la giovane istitutrice della
bambina della quale il vedovo si innamora. Tanti i segreti che vengono svelati a
poco a poco, fino al colpo di scena finale.
La escondida (Roberto Gavaldón, 1956, Mex)
Classico della rivoluzione, uno dei pochi girati a colori, con due star di assoluto valore nei panni dei protagonisti: María Félix e Pedro Armendáriz. Sono gli anni della fine del porfiriato e l’ascesa di Madero, segnati da repentini cambi di bandiera come quelli che caratterizzarono anche gli anni successivi. A partire da una storia d’amore fra i due in una grande hacienda dedicata alla coltivazione del maguey (agave per la produzione di tequila, mezcal e pulque) la storia si sviluppa fra rivoluzionari e federali, con vari cambi di casacca. Melodramma a sfondo storico con esaltazione dei contrasti fra la misera vita dei magueyeros (i peones) e quella ricchissima di latifondisti, politici e ufficiali di rango.
Cuatro contra el mundo (Alejandro Galindo, 1950, Mex)
Buon noir dalla
struttura classica, del genere rapinatori mal assortiti che mettono a segno un
ricco colpo quasi senza lasciare indizi, tranne qualche vittima. I quattro
pensano di restare nascosti insieme per qualche tempo, aspettando che le acque
si calmino, contando anche sul fatto che la polizia ha grandi difficoltà a risalire
alla loro identità. I caratteri molto diversi e la presenza di una donna
metteranno ben presto in contrasto il gruppo.
Los dineros del diablo (Alejandro
Galindo, 1953, Mex)
Altro noir di
medio livello, come la maggior parte dei lavori di Galindo, molto
prolifico nei più svariati generi, ma raramente memorabili. Originale la
sceneggiatura che mette insieme alcolismo, famiglia, tradimento, furti,
ricettazione e l’inevitabile storia d’amore. Senza infamia e senza lode.
Aquí está Heraclio Bernal (Roberto Gavaldón, 1958, Mex)
Certamente è uno
dei meno apprezzati film di Gavaldón, già regista di ottimi lavori come La
diosa arrodillada (1947), Rosauro Castro (1950), En
la palma de tu mano (1951) e La noche avanza (1952).
L’ambiente è quello di un piccolo villaggio nel quale risiedono i minatori
dipendenti di imprenditori stranieri che li sfruttano e li imbrogliano con il
beneplacito e la partecipazione del potere locale. A metà strada fra western
drammatico e film con temi sociali e sindacali.
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