Post con i soli tre titoli con i quali ho concluso anche quest’anno oltre l’obiettivo di un film al giorno, superato per il sesto anno consecutivo a dispetto dei mancati viaggi e di una sosta di tre settimane, ma poi favorito dalle limitazioni covid che hanno limitato i movimenti. Anche se qualche giorno mi è capitato di guardarne 3 in un giorno, non ho le mire di Truffaut che affermava:
“… Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di grande musica basteranno a fare la mia felicità fino alla morte, che un giorno dovrà pure arrivare e che egoisticamente temo.”
Venendo ai film,
due sono diretti da Fritz Lang ed entrambi collegati in qualche modo a film
degli anni ‘30 di Jean Renoir. Ho poi concluso l’anno in bellezza con il
film d’esordio di Ridley Scott, statisticamente meno apprezzato di tanti suoi
successivi, ma secondo me dovrebbe aver avuto maggior considerazione … e con
questo comincio.
The Duellists (Ridley Scott, 1977, UK)
Per chi non ha
presente la filmografia del regista è opportuno ricordare che appena due anni
dopo diresse Alien (1979, oggi al 53° posto dei migliori film di
sempre, IMDb), e poi Blade Runner (1982, al 172°), Gladiator
(2000, al 44°), ma anche Thelma & Louise (1991), American
Gangster (2007), The Martian (2015) e i recentissimi House
of Gucci e The Last Duel. In quanto al film è doveroso
sottolineare che si avvantaggia del soggetto tratto dal racconto The Duel
di Joseph Conrad ma al regista vanno tutti i meriti di averlo messo in scena
in modo eccellente senza indugiare più di tanto né sulle storie personali dei
due eterni contendenti, né sui pur numerosi duelli (diversi per ambientazioni,
armi e termini di sfida) che a volte fa durare anche meno di un minuto.
Dovrebbero apprendere da lui i tanti che fanno durare anche la più semplice
scazzottata 5 minuti e oltre con svenuti che resuscitano, quasi morti che
atterrano l’avversario con un pugno e simili baggianate. I due ufficiali dell’esercito
napoleonico protagonisti incrociano le lame per la prima volta nel 1801 e,
pertinacemente, Harvey Keitel continua a sfidare Keith Carradine
ogni volta che i loro reggimenti si trovano nella stessa località fino al
duello conclusivo una quindicina di anni dopo, al termine dell’era napoleonica,
dopo essersi affrontati perfino in Russia. Spettacolari sia la fotografia che
la scenografia, come per esempio gli esterni del duello a cavallo, la
preparazione dello stesso e gli attimi immediatamente precedenti preceduti da
rapidissimi flashback. Anche tutto il resto merita, dalle ambientazioni negli
accampamenti militari alle cittadine con taverne e prostitute, dai palazzi di
comando alle rovine del duello finale. Più che convincenti sia i protagonisti
che i coprotagonisti. Da non perdere.
Human Desire (Fritz Lang, 1954, USA)
Citato spesso
come remake di La bête humaine (Jean Renoir, 1938, tratto dall’omonimo
romanzo del 1890 di Émile Zola), è piuttosto un diverso adattamento del
soggetto originale e non solo per la completamente diversa ambientazione ma
anche per ruoli e caratteri dei protagonisti. I due film sono diversi per trama,
sviluppi e conclusione e mancano di tante altre trame secondarie pur presenti
nel libro; li accomuna l’ambientazione nel mondo dei ferrovieri, il tradimento,
la passione e l’omicidio. In sostanza un buon noir, ma certamente Glenn Ford
non vale Jean Gabin … interessante guardarli entrambi e, al di là della
trama, apprezzare anche come i due registi hanno curato in modo quasi opposto la
messa in scena.
The Woman in the Window (Fritz Lang,
1944, USA)
Questo
collegamento con il lavoro di Renoir è più sottile e articolato. Stranamente,
il film successivo Scarlet Street (1945) di Lang fu un remake
di La Chienne (1938) di Jean Renoir ed ebbe lo stesso trio
di protagonisti (Edward G. Robinson, Joan Bennett e Dan Duryea)
e personaggi in parte simili. Tuttavia, in questo caso l’anziano professore (Robinson)
si trova coinvolto in un crimine dopo aver incontrato la vamp (Bennett) a
causa di un dipinto; nell’altro lui è pittore dilettante sfruttato dalla donna …
Dan Duryea veste comunque ii panni del cattivo. Film certamente meno
convincente degli altri due, anche se ha dei buoni momenti di classico
crime/noir; deludente il finale.
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