352 Portrait de la jeune fille en feu (Céline Sciamma, Fra/Bel, 2018) * con
Noémie Merlant, Adèle Haenel, Luàna Bajrami * IMDb 8,3 RT 98%
* Premiato per miglior
sceneggiatura e Queer Palm oltre a Nomination Palma d’Oro
Intrigante sceneggiatura pur contando su
un cast ristrettissimo, due protagoniste e due coprotagoniste, una sostanziale
l’altra di puro contorno.
Si assiste ad un sottile gioco
psicologico-dialettico molto ben messo in scena. Brave le primattrici (ma Adèle
Haenel certamente più convincente di Noémie Merlant) ed anche la
18enne di origine kosovara Luàna Bajrami … piatta e incolore come sempre
la prova di Valeria Golino, per fortuna limitata a poche scene. Gli
uomini non sono praticamente presenti, sono loro riservate solo un paio di
battute (a inizio e fine soggiorno) e scene con tante comparse nel finale. A
proposito di questo, mi ha sorpreso vedere che, dopo un’ottima (possibile)
scena conclusiva, ne sia stata aggiunta un’altra sforzata, con una zoomata che
termina con un lungo primo piano, in diverso ambiente e diverso tempo. Secondo
me, Céline Sciamma
avrebbe potuto chiudere il film più brillantemente risparmiandoci quei 2-3
minuti finali.
Belle l’ambientazione, sia per gli
interni oltremodo spogli dell’enorme casa, sia per gli esterni sulle scogliere
e in riva al mare, tutto molto ben filmato. La poco approfondita storia
omosessuale fra le protagoniste ha dei punti in comune con Beanpole
visto in mattinata all'HIFF, ma ben diverso dalla incontrollata libidine di And
Then We Danced ... Tutti e 3 erano fra candidati alla Queer Palm
di quest'anno a Cannes, questo di Sciamma (che se lo è aggiudicato) ha
senz'altro meritato di prevalere sugli altri due.
Film elegante, sottile, con buoni
dialoghi, ben diretto e fotografato. Da guardare.
353
El hombre de las mil caras (Alberto Rodríguez, Spa, 2016) tit. it. "L'uomo dai mille volti" * con José
Coronado, Eduard Fernández, Miquel García Borda * IMDb 6,9 RT 83%
Film con aspetti documetaristici di
Alberto Rodríguez (regista dell’acclamato La isla minima, 2014) in
quanto la storia estremamente ingarbugliata è basata su avvenimenti reali dei
quali si conoscono i punti salienti ma, ovviamente, sono stati aggiunti alcuni
passaggi fittizi - ma plausibili - per collegare i fatti certi.
Mi sono preso la briga di verificare ed
è senz’altro vero che Francisco Paesa fu artefice di tanti intrighi
politici ed economici, millantando cariche e conoscenze, avendo a che fare con servizi
segreti di vari paesi e che a un certo punto si fece credere morto. Il film
tratta però quasi esclusivamente del suo rapporto con Luis Roldán, Direttore
Generale della Guardia Civile spagnola, che a metà anni ’90, sapendo di essere
indagato per frode, fuggì dal paese con l’equivalente di 10 milioni di euro dei
nostri giorni. Ovviamente non dico di più, chi vuole trova tutto online. Il film
si basa soprattutto sul libro scritto da Fernando Sánchez Dragó che ha
ricostruito la vicenda (romanzandola), con l’aiuto dello stesso Roldán.
Anche non sapendo niente di tutto ciò,
il film è perfettamente godibile e non ci vuole molto a capire che qualcuno
imbroglia, probabilmente più di uno, ma chi e quali e quante sono le sue
vittime? Si assiste ad una serie vorticosa di spostamenti dell’enorme quantità
di denaro da un lato all'altro del mondo, pagamenti di sostanziose tangenti,
ricatti e minacce … avvalorando l’affermazione: spesso la realtà supera la
fantasia.
Ottimo film, avvincente e ben interpretato,
con attori che appaiono molto simili ai veri personaggi. Direi da non perdere,
ma non lo si può guardare a tempo perso; bisogna stare molto attenti a seguire
gli intrecci della trama.
354 Kuroi kawa - Black River (Masaki
Kobayashi, Jap, 1957) * con Fumio Watanabe, Tatsuya Nakadai, Ineko Arima *
IMDb 8,3 RT 98%
Non fra i migliori del regista
giapponese, troppo scontata la trama nel suo complesso, troppo caricaturali i
personaggi di contorno. Pur fornendo un interessante spaccato del giappone del
dopoguerra, ancora con tanta presenza militare americana e l'economia in rovina,
si basa più che altro sulle convincenti interpretazioni dei tre protagonisti.
Fra loro spicca Tatsuya Nakadai uno dei più attivi attori nipponici, conosciuto ed apprezzato anche all’estero per le numerose partecipazioni a famosi film di Kurosawa
(con il quale esordì in 7 Samurai per poi avere ruoli in Yojimbo,
Sanjuro, High and Low, Kagemusha, Ran)
e di altri noti registi quali Naruse e Ichikawa. Certamente fu
uno dei preferiti di Kobayashi che lo diresse in ben 11 film fra i quali
ci sono i suoi capolavori The Human Condition e, soprattutto, Harakiri
(aka Seppuku, 1962, Premio Speciale della Giuria a Cannes, RT
100%, IMDb 8,7 e 33° nella classifica dei migliori film di sempre … da non
perdere!). Per chi non lo sapesse, ricordo che nel 1968 Masaki Kobayashi fu uno dei fondatori del The Four
Horsemen Club (con Akira
Kurosawa, Keisuke
Kinoshita e Kon Ichikawa)
che si prefiggeva lo scopo di produrre film per le nuove generazioni.
351 Beanpole (Kantemir Balagov, Rus, 2018) tit. or. “Dylda” * con Viktoria Miroshnichenko, Vasilisa Perelygina, Andrey Bykov * IMDb 7,2 RT 100% * Premio FIPRESCI e Un Certain Regard (per regia) e Nomination Queer Palm e Un Certain Regard (film)
351 Beanpole (Kantemir Balagov, Rus, 2018) tit. or. “Dylda” * con Viktoria Miroshnichenko, Vasilisa Perelygina, Andrey Bykov * IMDb 7,2 RT 100% * Premio FIPRESCI e Un Certain Regard (per regia) e Nomination Queer Palm e Un Certain Regard (film)
Lentissimo e abbastanza noioso, con le due protagoniste che prima di dire una parola pensano interminabili secondi fissando l’interlocutore (chiunque esso sia) per non parlare dei lunghi momenti di “paralisi” di Iya / Beanpole (=stangona). I fatti si svolgono a Leningrado nel 1946 ed entrambe soffrono di traumi diretti e indiretti della guerra appena terminata, seppur con conseguenze molto diverse. In effetti è ben filmato e decentemente interpretato, ma oltre due ore di film con molta poca sostanza (per lo più ripetitiva e inutilmente prolissa) sono oggettivamente troppe.
Non si perde molto rinunciando alla sua visione.
355 The
Good Liar (Bill Condon, USA, 2019) tit. it. “L’inganno perfetto” * con Helen
Mirren, Ian McKellen, Russell Tovey * IMDb
6,5 RT 63%
Ho deciso di guardarlo più che altro
per i due primi attori … e loro non mi hanno certo deluso. Purtroppo la storia
regge poco, appare melensa già dopo le prime scene e il seguito non è migliore.
Il finale poi, con la chiara aspirazione di voler dare un carattere serio
al tutto, mi è sembrato pretenzioso,
fuori luogo, irreale e, come se non bastasse, stupido.
Da evitare.
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.
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