274 A Man
for All Seasons (Fred Zinneman, UK,
1966) tit. it. “Un uomo per tutte le stagioni” * con Paul
Scofield, Robert Shaw, Orson Welles, Wendy Hiller * IMDb 7,7 RT
82% *
6 Oscar (miglior film, regia, Paul
Scofield protagonista, sceneggiatura, fotografia, costumi) e 2 Nomination (Robert
Shaw, e Wendy Hiller non protagonisti)
Film storico basato su un evento
fondamentale per la storia, non solo inglese ma mondiale, tuttavia poco approfondito
al di fuori del Regno Unito. Si tratta infatti degli ultimi giorni di vita di
Thomas More (italianizzato Tommaso Moro, 1478-1535) politico e letterato, ma
soprattutto fervente cattolico che per le sue convinzioni fu decapitato. Il tentativo
di Enrico VIII di far annullare il suo matrimonio con Caterina d’Aragona per
sposare Anna Bolena condusse alla dichiarazione di supremazia del re sulla Chiesa
d’Inghilterra, alla conseguente rottura con il papato e quindi alle
decapitazioni dei personaggi pubblici che non accettarono questo divisione (fra
i quali More). Da ciò consegue che i dialoghi sono di stampo politico, filosofico
e religioso, i riferimenti alla storia dell’epoca (in particolare ai rapporti
di potere con Spagna e papato) sono numerosi e quindi a chi non ci si
raccapezza il film apparirà pesante. Tuttavia, non si potrà fare a meno di
apprezzare scenografie e costumi nonché le ottime interpretazioni di Paul Scofield, Robert Shaw, Wendy Hiller
e anche quella di Orson Welles,
seppur limitata alla scena iniziale ... è comunque un pezzo d’arte.
Due parole le merita senz’altro il
regista Fred Zinneman (Da
qui all’eternità, Mezzogiorno di fuoco, ...),
vincitore di 4 Oscar, che svolge un eccellente lavoro nel mettere insieme una
sceneggiatura sostanzialmente difficile e potenzialmente poco cinematografica. Di
lui ho sempre apprezzato la versatilità a cominciare dal suo film di esordio Redes
(1936, Mex, co-diretto con Emilio Gómez
Muriel) del quale conservo un ottimo ricordo.
273 Hobson's
Choice (David Lean, UK, 1954) tit. it.
“Hobson il
tiranno” * con Charles Laughton, John Mills, Brenda de Banzie * IMDb 7,7 RT
90% *
Orso d’Argento per David Lean a Berlino
Non è certo il David Lean dei grandi film di fine carriera (Il ponte sul fiume Kwai, Lawrence
d’Arabia, Doctor Zivago, ...), ma si era già fatto apprezzare soprattutto
per Brief Encounter (1945) e Great
Expectations (1946), dei quali era anche sceneggiatore e per i quali
ottenne le sue prime 4 Nomination Oscar (2 per le regie e 2 per le
sceneggiature), quando si cimentò con questa commedia in puro stile inglese,
ambientata in una relativamente opulenta cittadina britannica a fine ‘800.
Al limite della farsa, questa commedia
vede protagonista un vedovo despota (il titolo italiano, pur non essendo
traduzione letterale dell’originale, è più che giustificato) padrone assoluto
del suo negozio-laboratorio di calzature e alle prese con tre figlie che
aspirerebbero a maritarsi con chi dicono loro e non secondo le scelte del
padre. Oltre Charles Laughton nelle
vesti del padre padrone, bravo come al solito, qui un po’ sopra le righe ma è
il personaggio che lo richiede, anche tutto il resto del cast è convincente nell’interpretare
non solo i coprotagonisti (figlie e fidanzati) ma anche gli amici di bisboccia
di Hobson e gli altri personaggi minori.
Divertente e ben realizzato, porta lo
spettatore in un ambiente piccolo borghese, in una bottega artigiana di ottimi livello
e reputazione con residenza annessa, nel pub dove si beve a più non posso, nella
vita quotidiana inglese in piena epoca vittoriana e nelle sue tradizioni.
Ottimo per svagarsi un paio d’ore
scarse.
271 Ragazze
in uniforme (Leontine Sagan, Ger, 1931) tit. or. “Mädchen in Uniform” * con Dorothea Wieck, Hertha Thiele, Emilia Unda *
IMDb 7,7
RT 100%
Film rigoroso che si svolge tutto all’interno
di un collegio femminile (dalle regole molto rigide) che inevitabilmente mi ha riportato
alla mente quello mostrato in Diario di una donna perduta (1929, di
G. W. Pabst) guardato la settimana
scorsa. Evidentemente dovevano essere situazioni comuni per le ragazze della
media borghesia e oltre, specialmente per quelle un po’ ribelli per le quali
diventava una specie di riformatorio.
In questo caso la storia quasi osé per
le venerazione della protagonista nei confronti di una istitutrice, fa passare
in secondo piano i rapporti fra il dispotico staff e le “recluse”.
Si tratta del primo dei soli 3 film
diretti dalla Sagan, già attrice e
regista teatrale, certamente il suo più famoso soprattutto per lo scalpore
suscitato dal cast completamente femminile e il tema chiaramente lesbico,
seppur non del tutto esplicitato.
Interessante e ben realizzato.
272 Older
Brother Younger Sister (Mikio
Naruse, Jap, 1953) tit. or. “Ani imôto” * con Machiko Kyô, Masayuki Mori,
Yoshiko Kuga * IMDb 7,4
Film
basato sull’omonimo noto racconto di Saisei Murō già adattato per il grande schermo nel 1936 (regia di Sotoji Kimura) e successivamente
riproposto da Tadashi Imai nel 1976,
sempre con lo stesso titolo. Pur non essendo famoso come altri registi
giapponesi suoi contemporanei, Naruse
sfoggia come suo solito un più che apprezzabile stile personale alternando
interni a campi lunghi esterni e ponendo sempre la massima attenzione alla
composizione dell’immagine.
In sostanza, una classico dramma familiare
giapponese, molto ben interpretato e costruito, forte della solida base fornita
dai protagonisti tutti molto diversi e spesso in contrasto fra di loro: genitori,
un figlio, due figlie (una delle quali “sedotta e abbandonata”), il presunto
seduttore, un pretendente. Tutto si svolge in un piccolo villaggio rurale, la
grande città (Tokio) si nomina più volte ma non viene mai mostrata, pur avendo
un suo ruolo nella storia.
Da guardare.
275 Un coeur en hiver (Claude Sautet, Fra,
1992) tit. it. “Un cuore in inverno” * con Daniel Auteuil, Emmanuelle Béart,
André Dussollier * IMDb 7,7 RT
85%
Se Ani imôto è tipicamente giapponese, questo
film di Sautet è inconfondibilmente francese. Una storia intricata e ben
narrata, ma sostanzialmente con pochi avvenimenti. Una buona analisi dei
vertici di un improbabile triangolo impossibile, personaggi tenuti insieme dal
violino. Infatti, è proprio questo strumento che lega la violinista di classe,
il suo fidanzato commerciante di liuti, il socio di quest’ultimo costruttore/accordatore
dei preziosi strumenti. Ovviamente, tutta la colonna sonora è costituita da
eccellenti pezzi per violino e trio (con violoncello e piano) eseguita durante
prove, registrazioni, concerti. Seppur con buona scenografia e buone interpretazioni,
la regia non si fa notare per alcunché e la sceneggiatura è un po’ debole.
Tutto sommato è un film più che
sufficiente, ma non coinvolge, né convince del tutto.
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.
Un cuore in inverno. Concordo, elegantemente francese. Mi piacque per la musica , ben scelta e ben eseguita. È un film sentimentale, non mi stupisco che non abbia catturato la tua attenzione più di tanto. "Non si fa notare per alcunchè" è un giudizio troppo severo. Non è così debole la sceneggiatura. La regia non è niente di che. Ma gli attori riempiono lo schermo e recitano davvero bene, molto bene. Auteuil eccellente.
RispondiElimina"Non si fa notare per alcunché" è riferito alla regia e tu, subito dopo confermi "La regia non è niente di che" ...
EliminaIl contendere è quindi solo sulla sceneggiatura.
Grazie comunque per il commento; probabilmente ci saranno giudizi più severi in merito ai quali si potrà discutere nella prossima cinquina.