mercoledì 7 agosto 2019

50° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (246-250)

Cinquina per tre quinti monografica, dedicata alla regista Agnès Varda per la quale, come già fatto nel post precedente per von Sternberg, scrivo un breve commento cumulativo per i suddetti film, anche se girati a distanza di anni (i 3 di v. Sternberg in appena un paio di anni). Tuttavia, gli altri due sono di tutt'altro livello e quindi meritano i primi due posti, quello di Jim Jarmusch per la finezza, la cura dei particolari e gli interessantissimi e colti dialoghi, l'altro per l'assoluta innovazione nel campo dell'animazione alla quale si aggiunge una tecnica sopraffina e, ovviamente, l'eccellente materiale di base fornito dai dipinti di Vincent van Gogh.

   

249  Only Lovers Left Alive (Jim Jarmusch, UK, 2013) tit. it. “Solo gli amanti sopravvivono” * con Tilda Swinton, Tom Hiddleston, Mia Wasikowska, John Hurt * IMDb  7,3  RT 85%  *  Premio per la colonna sonora e Nomination Palma d'Oro a Cannes
Film elegante, raffinato, colto, con eccellente commento musicale e colonna sonora, come molti altri prodotti da Jim Jarmusch (anche sceneggiatore) non è stato pensato per far soldi (e infatti pare che sia appena rientrato delle spese) ma per creare qualcosa di bello e soddisfacente soprattutto per il regista.
Con un approccio al mondo dei vampiri assolutamente inedito, la storia narra di una coppia di essi amanti da secoli che vivono distanti (Tangeri e Detroit), lontani per vari decenni ma sempre in contatto si incontreranno nella seconda città che viene mostrata sempre di notte (ovvio per i vampiri) e quasi completamente deserta.
Le citazioni “colte” sono quasi in ogni battuta, in ogni immagine. Nel corso dei dialoghi citano scienziati, letterati e artisti di ogni epoca e paese, numerosi sono anche riferimenti specifici al mondo del cinema con piccole perle ... l’alias di Tom Hiddleston quando si intrufola in ospedale una volta è Dr. Faust e poi Dr. Caligari (protagonisti di famosissimi film espressionisti tedeschi) e Tilda Swinton vola a Detroit con Air Lumière!
Le innumerevoli riprese dall’alto e quella degli amanti ricordano non solo l’ovvio Taxi Driver di Scorsese, ma anche tanti film giapponesi d’avangardia degli anni ’60 e ’70. Ottimo anche il conciso finale con un “excusez-moi” seguito da un nero totale e poi dai titoli di coda con caratteri gotici.
Nel complesso il film è volutamente lento e succede ben poco, ma la fotografia e le interpretazioni sono di ottimo livello, accompagnate (come scritto in apertura) da ottima musica, sia quella del commento musicale che quella dei pezzi eseguiti; in parole povere non diventa mai noioso e le due ore scorrono tenendo sempre viva l'attenzione dello spettatore. 
Certo non tutti lo possono apprezzare ... ho letto un commento di uno che criticava aspramente i tanti nomi inseriti nei dialoghi; certo, se uno non ne conosce quasi nessuno, non hanno molto senso, così come i binomi scientifici (in latino) di specie botaniche e animali. C’è anche chi, più attento e interessato, ha avuto la pazienza (certamente utilizzando il fermo immagine) di andare ad identificare i volti ritratti nelle decine e decine di foto attaccate alla parete ... un miscuglio molto interessante!
Film assolutamente consigliato a chi ama il cinema nella sua essenza ed ha un discreto background culturale (trasversale)  

250  Loving Vincent  (Dorota Kobiela, Hugh Welchman, UK/Pol, 2017) * animazione * IMDb  7,8  RT 85%  *  Nomination Oscar film animazione
“Trattandosi di una seconda visione, riporto integralmente quanto scrissi un paio di anni fa in occasione della prima e, in calce, ho aggiunto un paio di righe.
Ecco un film-progetto unico, che ha impegnato 120 artisti nell'arco di quasi un decennio. Sono state dipinte a olio con tecnica simile a quella di Van Gogh 853 scene, successivamente modificate per creare il movimento. Molte includono esattamente famosi quadri dell’artista olandese e tutti i personaggi del film sono realmente esistiti e ebbero a che fare con Van Gogh o semplicemente furono soggetti occasionali per i suoi dipinti.
Nei perfetti titoli di coda scorrono i personaggi dipinti dall’artista, affiancati ai disegni del film che hanno avuto come modelli attori veri e in vari casi alle foto dell’epoca delle persone in carne e ossa. Ho cercato il videoclip dei soli titoli di coda ma non li ho trovati, eppure sono certo che a breve appariranno da qualche parte anche perché hanno come commento sonoro Vincent, canzone del 1971 che molti conoscono come Starry Starry Night, dedicata dall’autore Don McLean proprio a Vincent Van Gogh.
Per mettere insieme i vari dipinti e personaggi, gli autori hanno ideato una trama da mistery e il collegamento è l’ultima lettera di Vincent scritta al fratello Theo, ma mai spedita. Il dirigente dell’ufficio postale che ne è in possesso affida la missiva al proprio figlio con l’incarico di recapitarla. Seppur malvolentieri il giovane (con la giacca gialla) parte e, in attesa di consegnarla, parla con molti di quelli che hanno conosciuto Vincent ed ognuno gli fornisce notizie diverse in merito ai suoi rapporti con i locali e agli avvenimenti dei suoi ultimi giorni. Per la narrazione vengono inseriti numerosi flashback (tutti in bianco e nero) e si ipotizza che qualcuno abbia sparato a Van Gogh e che quindi la versione del suo suicidio non fosse vera.
In questo modo il film riesce a carpire l’attenzione degli spettatori senza mai rallentare il ritmo e coloro che hanno un minimo di "cultura visiva" non possono fare a meno di restare rapiti dalle immagini, colori e tratti tutti nel più puro stile di Van Gogh.
Purtroppo per gli amanti del buon cinema, dell’arte e delle tecniche innovative non a solo fine commerciale, ancora una volta la circolazione in Italia è stata limitatissima ... in poche sale e solo per 3 giorni (da lunedì a mercoledì della settimana appena terminata). Si dovrebbe riconsiderare l’assunto (da molti dato per scontato) che la cultura non interessa e quindi non paga. Infatti, proprio relativamente a questo caso ho letto che Loving Vincent in quei pochi giorni ha avuto più spettatori e incassato di più di qualunque altro film, incluso Blade Runner 2049. Ciò lascia ben sperare e, forse, distributori e sale troveranno un accordo per ulteriori passaggi.
Tornando al film, ne consiglio senz’altro la visione, ma dovrete stare molto attenti a non perdere la prossima occasione, se ci sarà.”
Questo film molto particolare, direi unico nel suo genere, ha superato brillantemente anche la seconda prova, pur a solo un paio di anni di distanza. Non è escluso che, con la scusa di mostrarlo ad amici, fra qualche altro anno mi avventuri in una terza visione.

      

246  La Pointe-Courte (Agnès Varda, Fra, 1955) * con Philippe Noiret, Silvia Monfort, Marcel Jouet * IMDb  7,2  RT 69%p
247  Le bonheur (Agnès Varda, Fra, 1965) tit. it. “Il verde prato dell'amore” * con Jean-Claude Drouot, Marie-France Boyer, Marcelle Faure-Bertin * IMDb  7,7  RT 86%p  *  Orso d'Argento, premio speciale della Giuria e Nomination Orso d'Oro a Berlino
248  Sans toit ni loi (Agnès Varda, Fra, 1985) tit. it. “Senza tetto né legge” * con Sandrine Bonnaire, Macha Méril, Stéphane Freiss * IMDb  7,8  RT 100%  *  Leone d'Oro, Premio Fipresci e Premio OCIC a Venezia

La prima cosa che mi ha colpito è lo stile dei commenti musicali, motivi strazianti, ripetitivi e monotoni, soprattutto a base di archi, quindi non sempre in sintonia con le situazioni mostrate sullo schermo. Di nota opposta è l’interessante montaggio che include serie di scene di pochissimi fotogrammi ciascuna e dissolvenze a sfondi colorati.
Anche se la regista si rifiuta di essere così etichettata, molti la includono fra i componenti della Nouvelle Vague in quanto Le Pointe-Courte ha molto dello stile essenziale di quella corrente della quale Godard, Truffaut, Rivette, Chabrol e Rohmer furono i più noti rappresentanti.
Come detto, il primo di questi tre film di Varda (il suo primo in assoluto, il lungometraggio successivo, Cleo dalle 5 alle 7, lo diresse ben 7 anni dopo) è senz'altro il migliore del gruppo e per molti anche il più convincente dell'intera produzione della regista belga che lo girò con mezzi modesti nei pressi di Sète (fra il Mediterraneo e l’enorme laguna dell’ Étang de Thau), dove si era trasferita. L’ambientazione in un piccolo villaggio di pescatori (quasi esclusivamente di frutti di mare) e i lor problemi con le autorità ricorda molto non solo La terra trema (1948, di Luchino Visconti, tratto da I Malavoglia di Verga) ma anche due ottimi film messicani: Redes (1934, di Fred Zinnemann ed Emilio Gómez Muriel) e Janitzio (1935, di Carlos Navarro, con Emilio “el Indio” Fernández nelle vesti di protagonista). Qui il ruolo principale spetta a Philippe Noiret (al suo esordio ufficiale, le precedenti 3 apparizioni erano state uncredited) e chi si occupò del montaggio fu Alain Resnais, certo non uno qualunque. Come gli altri film appena citati, Le Pointe-Courte sembra essere sospeso fra fiction e documentario, ma resta ben bilanciato.
Con Le Bonheur (suo terzo lungometraggio), nel 1965 Varda ottenne l'Orso d'Argento e il gran premio della giuria al Festival di Berlino, ma la sceneggiatura mi è sembrata debole e poco realistica, anche se il film è in sostanza ben diretto.
Sans toit ni loi mi è veramente piaciuto poco, quali per niente, per avere dialoghi e proporre situazioni poco credibili, con una protagonista assolutamente angosciante, che non suscita alcuna empatia, una che è la sola causa dei suoi problemi e riesce a venire ai ferri corti anche con i tanti che, inopinatamente, tentano di aiutarla di buon grado e disinteressatamente.
Agnès Varda è deceduta pochi mesi fa, a 90 anni; per molti anni moglie di Jacques Demy, regista dei più famosi musical francesi, come Les parapluies de Cherburg e Les deimoselles de Rochefort, al quale dedicò tre film, subito dopo la sua morte (1990).
Dei tre film presi in considerazione, a dispetto di rating e riconoscimenti, consiglio la visione solo per Le Pointe-Courte, evitate gli altri due, specialmente il terzo.
   
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

2 commenti:

  1. Contenta ti sia piaciuto Only Lovers left Alive. Un dettaglio "pazzariello" e colto che Jarmusch inserisce :l'anziano vampiro a Tangeri (di nome Marlowe)tiene appeso sul muro accanto al letto un ritratto classico di William Shakespeare e indicandolo lo chiama con disprezzo :"impostore"! Cristopher Marlowe (autore del famoso Doctor Faustus) e William Shakespeare furono pressochè contemporanei. Marlowe introdusse il "blank verse" nella sua poesia prima di Shakespeare,che lo adottò in seguito perfezionandolo.
    Il vecchio vampiro di Tangeri quindi........ Jarmusch si diverte alla grande!😁

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    1. Grazie per la nota, sono certo che, riguardando e riguardando il film, si potrebbero scoprire tante altre citazioni/provocazioni.
      Oltre a quelle che ho già menzionato, ne ho colto varie altre ma sarebbe stato noioso stendere tale elenco.

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