Cinquina di gran qualità, almeno sulla carta
... Al recupero di 3 film candidati e/o vincitori di Oscar 2019, ho affiancato
2 pellicole del secolo scorso di indiscusso pregio. Mi è sembrato che la fama
di quelli moderni sia dovuta più che altro al gran battage pubblicitario.
Come era bravo il giovane Robert
De Niro ... tutte (o quasi) le sue migliori interpretazioni sono
concentrate in una decina di anni, da Mean
Streets (1973, Scorsese) a Once
Upon a Time in America (1984, Leone). Fra i gli altri 9 film interpretati
in tale periodo ci sono anche: The
Godfather: Part II (1974), Taxi
Driver (1976) The Deer Hunter
(1978) e questo Raging Bull
(1980), ... scusate se è poco.
La scene sul ring (che scandiscono la cronistoria della carriera di La Motta) sono mirabilmente abbreviate
all’essenziale, proposte in modo quasi teatrale, ma certamente poco credibili
in quanto a realismo. Pur volendo considerare ciò una pecca, questa sarebbe
probabilmente l’unica di un film quasi perfetto. Infatti, la splendida fotografia b/n di Michael Chapman, l’accattivante colonna
sonora (include anche Scapricciatiello che fu tema dominante in Mean Streets), la scenografia, i
costumi e le interpretazioni dei tanti goodfellas italoamericani
contribuiscono alla costruzione di un film pregevole sotto ogni punto di vista.
A tratti violento, è comunque tanto coinvolgente che anche i più
sensibili lo guarderanno fino alla fine, casomai chiudendo gli occhi in qualche
occasione. Chi non lo avesse ancora visto dovrebbe correre ai ripari al più
presto.
194 Andrei
Rublev (Andrei Tarkovski, URSS, 1966) * con Anatoliy Solonitsyn, Ivan
Lapikov, Nikolay Grinko * IMDb 8,2 RT 95% * Premio FIPRESCI a Cannes, al 210° posto
nella classifica IMDb dei migliori film di tutti i tempi
Alcuni lo giudicano un “mattone”, ma si sa che quella di Andrei Tarkovski non è una
cinematografia tradizionale e/o leggera, in quanto si destreggia fra
l’artistico e il poetico, e un film in bianco e nero di quasi 3 ore e mezza è
senz’altro troppo per chi non lo comprende. Alcuni momenti salienti della vita del
pittore di icone Andrei Rublev
(fatti avvenuti fra il 1400 e il 1423) sono narrati in 8 parti ben distinte, comprese
fra un prologo e un epilogo; quest’ultimo è l’unica parte a colori e mostra alcune
opere dell’artista russo.
Le immagini sono (quasi) tutte spettacolari, sia con che senza
movimenti di macchina, la qualità della fotografia è ottima, la sceneggiatura (dello
stesso Tarkovski insieme con Konchalovsky) è molto ben congegnata. Solo la parte dei tartari mi è sembrata meno convincente.
Ho guardato la versione integrale (3h05’) messa in circolazione a fine
secolo scorso dalla Criterion; negli anni precedenti erano state
proposte solo le edizioni ridotte una ventina di minuti, ma una per la televisione
russa era stata addirittura condensata in appena 1h41’. Di conseguenza, si
vedono anche le famose scene censurate che diedero adito ad infinite polemiche
in merito al maltrattamento di animali (quella del cavallo la più disturbante).
Un film comunque da guardare, possibilmente con la giusta preparazione
e disposizione di spirito.
193 Roma (Alfonso
Cuarón, USA, 2018) * con Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Diego Cortina
Autrey * IMDb 7,8 RT 96% * 3 Oscar
(miglior film non in lingua inglese, regia, fotografia) e 7 Nomination (miglior
film, Yalitza Aparicio protagonista, Marina de Tavira non protagonista, sceneggiatura,
scenografia, sonoro, mixaggio sonoro)
Buon film, ma non è certo il capolavoro che Netflix ha cercato
di vendere nel mondo intero come tale, investendo più per la promozione che per
la vera e propria produzione. Inquadrato così è stato quindi deludente. Sembra
che ormai quasi tutti quelli che si interessano di cinema si siano convinti che
gli Oscar (ancor più che negli anni passati, e nonostante i notevoli
cambiamenti nelle composizioni delle giurie) siano manipolati da produttori e
lobby varie. Quest’anno in particolare, la lista dei candidati comprendeva
titoli a dir poco imbarazzanti.
Venendo al film, mi è sembrato caotico, privo di un filo conduttore pur
essendo ben lontano da un film corale. Il sonoro e il mixaggio sonoro
(candidati Oscar) saranno pur pregevoli tecnicamente, ma all’atto pratico
semplicemente rendono l’audio estremamente confuso, con troppi rumori di fondo
e spesso con ragazzetti urlanti, non strettamente necessari. In quanto alla
fotografia (Oscar), sembra che Cuarón si
intestardisca nei controluce. Se ciò funziona mirabilmente nella sequenza
finale sulla spiaggia, rasenta il ridicolo in quelle dell’addestramento del
reparto speciale in quanto i numerosi campo/controcampo mostrano le lunghe
ombre che si alternano davanti e dietro agli spettatori, lasciando questi
sempre non illuminati direttamente.
Altre scene poco credibili, mi sono sembrate quelle degli innumerevoli
urti dell’auto, degli innumerevoli escrementi canini nel garage, dell’incendio
e anche nella scena finale (che vuole apparire come un lungo piano sequenza) avevo
notato che onde e luce cambiavano più volte ... e infatti non si tratta di una
vera singola ripresa, ma di un abile e complicato montaggio non completamente mascherato
dagli sforzi in fase di editing. Il regista/direttore della fotografia gioca
con l’acqua e spesso anche con i riflessi ma, nonostante varie scene
effettivamente ammirevoli, è evidente che non è Tarkovski.
Il film che Cuarón ha realizzato
è dichiaratamente un film di ricordi e ha quindi inserito tante situazioni e personaggi,
vari dei quali quasi del tutto scomparsi: l’uomo proiettile, il suonatore di campanaccio
che avvisa della raccolta della spazzatura, la banda militare in giro per la
città, l’arrotino in bici che si annuncia con il tradizionale flauto di pan, il
venditore di castagne, ... el halconazo (aka Matanza del Jueves de
Corpus, 10 giugno 1971, quando il regista aveva 10 anni), ma troppo viene
lasciato in sospeso. Quanti colgono tutti questi particolari all’infuori dei
messicani? In patria, in linea di massima
il film non è stato particolarmente apprezzato, specialmente da chi ha vissuto
quell’epoca. La mia amica cinefila, nata e cresciuta nella capitale, già studentessa
all’epoca dei fatti, mi aveva scritto abbastanza polemicamente: “Non mi è
chiaro in che consista l’eccezionalità del film”. In sostanza sono d’accordo
con lei, è un buon film ma assolutamente non eccezionale.
192 BlacKkKlansman
(Spike Lee, USA, 2018) * con John David Washington, Adam Driver, Laura
Harrier * IMDb 7,5 RT 96% * Oscar per
sceneggiatura e 5 Nomination (miglior film, regia, Adam Driver non
protagonista, montaggio e commento musicale)
Certamente interessante, relativamente ben realizzato e ben
interpretato. Come tutti sanno, si tratta di storia vera seppur al limite dell’incredibile,
basata sulle memorie del protagonista, poliziotto afroamericano che, facendosi
passare per suprematista bianco (al telefono) riesce a infiltrarsi in una
sezione del Ku Klux Klan.
191 The
Ballad of Buster Scruggs (Ethan Coen, Joel Coen, USA, 2018) * con Tim Blake
Nelson, Willie Watson, Clancy Brown * IMDb 7,3
RT 91% * 3 Nomination Oscar (miglior sceneggiatura, costumi, canzone
originale)
Molto deludente ... non so a cosa stessero pensando i fratelli Coen, che in linea di massima apprezzo;
sarà una conseguenza della produzione Netflix? Fotografia troppo patinata,
personaggi e situazioni al limite del ridicolo, si salvano alcuni buoni spunti
di humor nero.
Il film è diviso in 6 storie completamente indipendenti l’una dall’altra,
il solo legame è il periodo e il west; il titolo è quello dell’episodio di
apertura ... quasi un semplice sketch.
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.
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