giovedì 25 aprile 2019

32° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (156-160)

Cinquina con predominanza francese, 2 film molto singolari, oserei dire unici, prodotti a 50 anni di distanza, ai quali hanno fatto seguito tre pellicole che hanno un elemento comune, le protagoniste sono giovani ventenni (+ o -) che si trovano ad affrontare difficili situazioni non solo sentimentali ma anche sociali. 
Si va dal dramma vissuto in una famiglia pakistana radicata in Europa, ai fermenti giovanili in Tunisia appena prima della rivoluzione del 2010, al più romantico ma non meno complesso dramma ambientato in Giappone. Essendo troppo "diversi" i primi 2 ed equivalenti gli altri 3 li metto in ordine di visione.


   

156  Alphaville, une étrange aventure de Lemmy Caution (Jean-Luc Godard, Fra, 1965) tit. or. “Alphaville” * con Eddie Constantine, Anna Karina, Akim Tamiroff * IMDb  7,2  RT 91% * Orso d’Oro a Berlino
Film sui generis, molto Nouvelle Vague, molto godardiano. Si tratta del nono lungometraggio di Godard, dopo il suo esordio con A bout de souffle (1960), quasi contemporaneo a Bande à part (1964) e Pierrot le fou (1965), altri caposaldi dei suoi primi frenetici anni da regista (negli anni ’60 diresse 17 lungometraggio, 6 episodi di film e 12 corti). A mio modesto parere, dopo quel periodo (comunque fra alti e bassi) perse verve e genialità e degli anni successivi non ricordo molto di memorabile o veramente innovativo.
Si tratta di una quasi irrispettosa ma certamente ben miscelata parodia di vari generi: sci-fi, spy story, thriller, poliziesco, western. Non richiese nessuna scenografia particolare, Godard scelse semplicemente i set fra gli edifici di Parigi più all'avanguardia, e tanto bastò per la sua messa in scena minimalista.
Da sottolineare la partecipazione di Eddie Constantine (attore americano di B movie) nei panni del protagonista, agente CIA Lemmy Caution. Il personaggio era noto per essere stato già rappresentato in una mezza dozzina di film diretti da Bernard Borderie, sempre interpretato da Constantine.
Alterna versi surrealisti tratti da Capitale de la douleur (la copertina del libro viene mostrata in più occasioni) e battute da degne dei peggiori B-movie, azioni palesemente caricaturali e personaggi ridicoli, tutto assemblato con intento chiaramente dissacrante. 
Da guardare e riguardare attentamente, senza scervellarsi troppo.

157  Francofonía  (Aleksándr Sokúrov, Fra, 2015) * con Louis-Do de Lencquesaing, Benjamin Utzerath, Vincent Nemeth  * IMDb  6,6  RT 86%
A metà strada fra documentario e fiction, questo ottimo lavoro di Sokúrov ci mette al corrente di come furono salvate tante opere d’arte del Louvre durante la II Guerra Mondiale, della simile sorte che ebbero altri lavori e monumenti, degli artefici di tale salvataggio. Lo fa con accuratezza e allo stesso tempo con ironia, facendo apparire più volte nelle sale del museo parigino Napoleone, il quale si vanta di aver portando innumerevoli statue, dipinti e reperti di ogni genere in Francia grazie alle sue guerre di conquista. Si alternano filmati d'epoca, documenti, riprese del museo ai giorni nostri, scene con attori che interpretano il direttore del museo (Jacques Jaujard) e l'ufficiale tedesco responsabile del settore artistico, il Conte Franz Wolff-Metternich.
Sokúrov coglie anche l'occasione per fare un discorso generale sulla preservazione delle opere d’arte e sulle conseguenze delle guerre e dei trasporti.
Certo non per tutti, ma chi ha un seppur minimo senso artistico non potrà fare a meno di apprezzarlo ... io l'ho trovato eccellente.

      

158  Noces  (Stephan Streker, Bel/Pak, 2016) tit. int. “A Wedding” * con Lina El Arabi, Sébastien Houbani, Babak Karimi * IMDb  7,2  RT 100%
Se anche per questo film un eventuale distributore italiano cambierà il titolo, ne suggerirei almeno uno attinente, che potrebbe essere: "Chi è causa del suo mal, pianga se stesso", adatto a vari dei protagonisti. La ragione? Seguire ciecamente gli obblighi dettati dalle tradizioni, a dispetto del buonsenso, dei tempi che cambiano e, in questo caso, del trovarsi in una società sostanzialmente diversa. La protagonista è una giovane pakistana, musulmana, colta, di bell'aspetto, di famiglia relativamente benestante, che si trova a dover prendere molte decisioni importanti. Purtroppo per lei, si renderà conto che fare delle scelte (giuste o sbagliate che siano) e poco dopo tornare sui propri passi non porta nessun vantaggio. Noces è ben realizzato, sulla scorta di una buona sceneggiatura che mette in risalto molti dei controsenso derivanti da da tradizioni e religioni. Da come lo interpreto è un film “femminista” che tuttavia mette in risalto il peggio del comportamento di madri e sorelle maggiori, le quali, pur essendo passate per gli stessi problemi, non si schierano dalla parte delle più giovani, quasi a dire: ho sofferto io, adesso tocca a te. Ciò non per dire che padri e fratelli siano migliori, ma penso che le donne dovrebbero aspettarsi almeno un po' di solidarietà femminile. 
In conclusione, un film più che buono che mostra il peggio di un certo tipo di società.

159  À peine j'ouvre les yeux  (Leyla Bouzid, Tun, 2015) tit. it. “Appena apro gli occhi - Canto per la libertà” * con Lina El Arabi, Sébastien Houbani, Babak Karimi  * IMDb  6,8  RT 100% * Premio Label Europa Cinemas e Nomination a Venezia per Leyla Bouzid
Film tunisino, premiato a Venezia, 100% su RottenTomatoes come il per certi versi omologo Noces. L’azione si sviluppa nell’estate precedente la Rivoluzione dei Gelsomini (2010/11) quando era già evidente un certo fermento, soprattutto giovanile. In questo caso la storia d’amore è quasi secondaria, essendo più importante il vivace confronto fra la protagonista (aspirante cantante, che vorrebbe studiare musica) e i genitori che la vorrebbero medico. Alcune canzoni del gruppo del quale fa parte hanno contenuti chiaramente politici e da ciò derivano problemi con la polizia. La giovane Farah con la sua voglia di liberà ed indipendenza, dovrà fare quindi i conti con i genitori (soprattutto la madre), il suo ragazzo (componente della band e autore dei testi) e la polizia politica.
La tunisina Leyla Bouzid, figlia del regista e sceneggiatore Nouri Bouzid, è al suo primo lungometraggio dopo vari corti, un documentario e collaborazioni in varie vesti anche per produzioni importanti come La Vie d'Adèle (2012, Abdellatif Kéchiche).
Lungi dall’essere perfetto, è senz’altro ben realizzato e molto interessante. Come i recentemente visti Noces e Félicité, si può senz’altro credere a molto di come sono descritti gli ambienti sociali considerato che sono visti “dall’interno” e non sono le solite produzioni commerciali di altri paesi.

160  Netemo sametemo (Ryûsuke Hamaguchi, Jap, 2018) tit. int. “Asako I & II” * con Baya Medhaffer, Ghalia Benali, Montassar Ayari  * IMDb  6,6  RT 68% * Nomination Palma d’Oro a Cannes
Film "giapponese" dal passo tranquillo, fra giovani garbati, cerimoniosi, anche se alcuni sono un po' stravaganti. Dei tre film giovanili di questo gruppo è senz’altro il più romantico e il meno drammatico, ma senz’altro è originale e ben strutturano. Si tratta della singolare storia di Asako, una ragazza che con un colpo di fulmine pensa di aver trovato l’amore della sua vita. Ben presto, però, il ragazzo sparisce misteriosamente; due anni dopo, la ragazza fortuitamente lo incontra ... ma è lui o è un sosia? Come andrà a finire? Senza svelare troppo dico solo che Asako dovrà prendere decisioni, alcune delle quali contrastanti, qualcuna giusta e qualche altra sbagliata.
Ryûsuke Hamaguchi è un regista che già si era fatto notare e si spera che adesso, a seguito della candidatura alla Palma d’Oro, gli sia dato maggior credito in quanto sembra sapere il fatto suo. 

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

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