Si va dal dramma vissuto in una famiglia pakistana radicata in Europa, ai fermenti giovanili in Tunisia appena prima della rivoluzione del 2010, al più romantico ma non meno complesso dramma ambientato in Giappone. Essendo troppo "diversi" i primi 2 ed equivalenti gli altri 3 li metto in ordine di visione.
156 Alphaville,
une étrange aventure de Lemmy Caution (Jean-Luc Godard, Fra, 1965) tit. or. “Alphaville” * con Eddie Constantine, Anna Karina, Akim
Tamiroff * IMDb 7,2 RT 91% * Orso d’Oro a Berlino
Film sui generis, molto Nouvelle Vague, molto godardiano. Si
tratta del nono lungometraggio di Godard, dopo il suo esordio con A bout de souffle (1960), quasi
contemporaneo a Bande à part
(1964) e Pierrot le fou
(1965), altri caposaldi dei suoi primi frenetici anni da regista (negli anni ’60
diresse 17 lungometraggio, 6 episodi di film e 12 corti). A mio modesto parere,
dopo quel periodo (comunque fra alti e bassi) perse verve e genialità e degli
anni successivi non ricordo molto di memorabile o veramente innovativo.
Si tratta di una quasi irrispettosa ma certamente ben miscelata parodia
di vari generi: sci-fi, spy story, thriller, poliziesco, western. Non richiese
nessuna scenografia particolare, Godard scelse semplicemente i set fra gli
edifici di Parigi più all'avanguardia, e tanto bastò per la sua messa in scena
minimalista.
Da sottolineare la partecipazione di Eddie Constantine (attore
americano di B movie) nei panni del protagonista, agente CIA Lemmy Caution. Il
personaggio era noto per essere stato già rappresentato in una mezza dozzina di
film diretti da Bernard Borderie, sempre interpretato da Constantine.
Alterna versi surrealisti tratti da Capitale de la douleur (la
copertina del libro viene mostrata in più occasioni) e battute da degne dei
peggiori B-movie, azioni palesemente caricaturali e personaggi ridicoli, tutto
assemblato con intento chiaramente dissacrante.
Da guardare e riguardare attentamente, senza scervellarsi troppo.
157 Francofonía (Aleksándr Sokúrov, Fra, 2015) * con Louis-Do de
Lencquesaing, Benjamin Utzerath, Vincent Nemeth * IMDb
6,6 RT 86%
A metà strada fra documentario e fiction, questo ottimo lavoro di Sokúrov ci mette al corrente di come
furono salvate tante opere d’arte del Louvre durante la II Guerra Mondiale,
della simile sorte che ebbero altri lavori e monumenti, degli artefici di tale
salvataggio. Lo fa con accuratezza e allo stesso tempo con ironia, facendo
apparire più volte nelle sale del museo parigino Napoleone, il quale si vanta
di aver portando innumerevoli statue, dipinti e reperti di ogni genere in
Francia grazie alle sue guerre di conquista. Si alternano filmati d'epoca,
documenti, riprese del museo ai giorni nostri, scene con attori che
interpretano il direttore del museo (Jacques Jaujard) e l'ufficiale tedesco
responsabile del settore artistico, il Conte Franz Wolff-Metternich.
Sokúrov coglie
anche l'occasione per fare un discorso generale sulla preservazione delle opere
d’arte e sulle conseguenze delle guerre e dei trasporti.
Certo non per tutti, ma chi ha un seppur minimo senso artistico non
potrà fare a meno di apprezzarlo ... io l'ho trovato eccellente.
158 Noces (Stephan Streker, Bel/Pak, 2016) tit. int. “A Wedding” * con Lina El Arabi, Sébastien Houbani, Babak Karimi * IMDb 7,2 RT
100%
Se anche per questo film un eventuale distributore italiano cambierà il
titolo, ne suggerirei almeno uno attinente, che potrebbe essere: "Chi è
causa del suo mal, pianga se stesso", adatto a vari dei protagonisti. La
ragione? Seguire ciecamente gli obblighi dettati dalle tradizioni, a dispetto
del buonsenso, dei tempi che cambiano e, in questo caso, del trovarsi in una
società sostanzialmente diversa. La protagonista è una giovane pakistana,
musulmana, colta, di bell'aspetto, di famiglia relativamente benestante, che si
trova a dover prendere molte decisioni importanti. Purtroppo per lei, si
renderà conto che fare delle scelte (giuste o sbagliate che siano) e poco dopo
tornare sui propri passi non porta nessun vantaggio. Noces è ben realizzato, sulla scorta di una buona
sceneggiatura che mette in risalto molti dei controsenso derivanti da da
tradizioni e religioni. Da come lo interpreto è un film “femminista” che tuttavia
mette in risalto il peggio del comportamento di madri e sorelle maggiori, le
quali, pur essendo passate per gli stessi problemi, non si schierano dalla
parte delle più giovani, quasi a dire: ho sofferto io, adesso tocca a te. Ciò
non per dire che padri e fratelli siano migliori, ma penso che le donne
dovrebbero aspettarsi almeno un po' di solidarietà femminile.
In conclusione, un film più che buono che mostra il peggio di un certo
tipo di società.
159 À peine
j'ouvre les yeux (Leyla Bouzid, Tun, 2015) tit. it.
“Appena apro gli occhi - Canto per la libertà” * con Lina El Arabi, Sébastien Houbani,
Babak Karimi * IMDb 6,8 RT
100% * Premio Label Europa Cinemas e Nomination a Venezia per Leyla Bouzid
Film tunisino, premiato a Venezia, 100% su RottenTomatoes come il per
certi versi omologo Noces. L’azione si sviluppa nell’estate precedente la Rivoluzione dei
Gelsomini (2010/11) quando era già evidente un certo fermento, soprattutto
giovanile. In questo caso la storia d’amore è quasi secondaria, essendo più
importante il vivace confronto fra la protagonista (aspirante cantante, che
vorrebbe studiare musica) e i genitori che la vorrebbero medico. Alcune canzoni
del gruppo del quale fa parte hanno contenuti chiaramente politici e da ciò derivano
problemi con la polizia. La giovane Farah con la sua voglia di liberà ed
indipendenza, dovrà fare quindi i conti con i genitori (soprattutto la madre),
il suo ragazzo (componente della band e autore dei testi) e la polizia
politica.
La tunisina Leyla Bouzid, figlia
del regista e sceneggiatore Nouri Bouzid,
è al suo primo lungometraggio dopo vari corti, un documentario e collaborazioni
in varie vesti anche per produzioni importanti come La Vie d'Adèle (2012, Abdellatif
Kéchiche).
Lungi dall’essere perfetto, è senz’altro ben realizzato e molto
interessante. Come i recentemente visti Noces
e Félicité, si può senz’altro
credere a molto di come sono descritti gli ambienti sociali considerato che
sono visti “dall’interno” e non sono le solite produzioni commerciali di altri
paesi.
160 Netemo
sametemo (Ryûsuke Hamaguchi, Jap, 2018) tit. int. “Asako I & II”
* con Baya Medhaffer, Ghalia Benali,
Montassar Ayari * IMDb 6,6 RT
68% * Nomination Palma d’Oro a Cannes
Film "giapponese" dal passo tranquillo, fra giovani garbati,
cerimoniosi, anche se alcuni sono un po' stravaganti. Dei tre film giovanili di
questo gruppo è senz’altro il più romantico e il meno drammatico, ma senz’altro
è originale e ben strutturano. Si tratta della singolare storia di Asako, una
ragazza che con un colpo di fulmine pensa di aver trovato l’amore della sua
vita. Ben presto, però, il ragazzo sparisce misteriosamente; due anni dopo, la
ragazza fortuitamente lo incontra ... ma è lui o è un sosia? Come andrà a
finire? Senza svelare troppo dico solo che Asako dovrà prendere decisioni,
alcune delle quali contrastanti, qualcuna giusta e qualche altra sbagliata.
Ryûsuke
Hamaguchi è un regista che già si era fatto notare e si spera che adesso, a
seguito della candidatura alla Palma d’Oro, gli sia dato maggior credito in
quanto sembra sapere il fatto suo. Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.
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