lunedì 22 aprile 2019

30° gruppo di 5 micro-recensioni 2019 (146-150)

Altra cinquine di provenienza molto varia; a un intramontabile classico americano degli anni ’40 si affiancano 4 recentissimi film prodotti in Russia, Brasile, Messico e Danimarca. Come per il gruppo precedente, il peggiore è lo scandinavo ... eppure hanno una grande tradizione alle spalle! 
Visto che Quarto potere si può considerare fuori concorso, dispongo i film in modo diverso dal solito, anche perché non saprei decidere i posti d'onore, praticamente ex-aequo.

146  Citizen Kane (Orson Welles, USA, 1941) tit. it. “Quarto potere”  * con Orson Welles, Joseph Cotten, Dorothy Comingore * IMDb  8,3  RT 100% * Oscar per la sceneggiatura e 8 Nomination (miglior film, regia, Orson Welles protagonista, fotografia, scenografia, montaggio, sonoro, commento musicale) * al 73° posto della classifica IMDb dei migliori film di tutti i tempi

Non vale la pena diventare ripetitivo scrivendo ennesimi elogi in merito al film e, soprattutto, al genio che era Orson WellesTuttavia, mi preme dire che il breve biopic di Charles Foster Kane mostrato nei primi minuti continua a non piacermi mentre apprezzo sempre di più le composizioni delle inquadrature, le luci e le riprese da angoli impossibili, specialmente quelle dal pavimento. La scena in cui il protagonista si confronta con Joseph Cotten è memorabile ed unica.
Assumendo che tutti lo abbiate guardato almeno una volta, mi limito a sottolineare che guardare in sala la più recente versione di Citizen Kane (restaurata e corretta nel 2015) è tutt’altra cosa rispetto alle edizioni passate o a ciò che si poteva apprezzare in televisione. Nel caso vi capiti l’occasione, non ve la lasciate sfuggire ... guardatelo di nuovo anche se lo conoscete a memoria. 


   

147  Leto (Kirill Serebrennikov, Rus, 2018) tit. it. “Summer”  * con Teo Yoo, Irina Starshenbaum, Roman Bilyk * IMDb  7,5  RT 70% * Premio per colonna sonora e Nomination Palma d’Oro a Cannes
Argomento molto particolare, penso sconosciuto ai più, perfino agli amanti del rock. Il film tratta infatti della musica giovani russa di oltrecortina negli anni ’80. Rockettari più o meno bravi tentavano di affermarsi con uno stile proprio ma sempre avendo come punto di riferimento i loro idoli inglesi e americani, più o meno gli stessi di tutti i coetanei europei. La sceneggiatura ricalca vagamente la storia di un paio fra i più noti di questi musicisti e cantautori: Mayk Naumenko e Victor Tsoy. Il primo, già affermato e punto di riferimento per tutti gli altri, fa da guida e quasi da impresario al secondo, accettando anche una non ben definita storia fra sua moglie e Victor, della quale è a conoscenza e non la ostacola.
Nel film sono inseriti in vari momenti originali effetti speciali consistenti in linee e disegni sovrapposti alle immagini, tipo quelli che in animazione rappresentano scariche elettriche. A volte l’inquadratura è divisa in tre parti regolari, nel centro seguono le immagini ai lati testi (scritti a mano).
Per la cronaca, si tratta del più recente dei 9 film di Serebrennikov, che si era già fatto conoscere a Cannes con (M)uchenik (2016, Parola di Dio).
Film interessante e originale che alterna bianco e nero e colore, ben costruito ed interpretato, con buona musica (se non si è allergici al rock).


149  Praça Paris  (Lúcia Murat, Fra, 2017) * con Grace Passô, Joana de Verona, Marco Antonio Caponi * IMDb  6,7 
Assolutamente niente male, al di sopra delle aspettative, molto vario e ben organizzato, con tante svolte. Tratta di un inusuale sviluppo del rapporto medico - paziente, fra una giovane psicologa portoghese e una dipendente dell'università di Rio de Janeiro. La regista Lúcia Murat, senza mai indugiare troppo nei vari avvenimenti ed evitando le scene a sensazione nelle quali altri avrebbero sguazzato, riesce a fornire un più che buon quadro di entrambe le personalità, con background molto diversi non solo per la provenienza (borghesia portoghese - favelas brasiliane) ma anche per i trascorsi che vengono fuori pian piano. Il rapporto è in continuo divenire, fra bugie, diverbi quasi aggressivi, rifiuti; quasi in ogni scena accade qualcosa di significativo e sempre credibile e la psicologa, suo malgrado, si renderà conto della vita pericolosa e violenta di Rio, e delle sue favelas in particolare, e diventerà sempre più agitata e insicura, quasi paranoica (a dispetto della sua professione).
Visto l’ambiente e l’argomento del film, pensavo fosse opera di una brava giovane regista e invece ho scoperto che Lúcia Murat (oggi 70enne) è regista e sceneggiatrice da 30 anni, seppur con solo una decina di lavori. Ciò spiega l’evidente sicurezza nella direzione e già dall'inizio è chiaro che sappia il fatto suo. Per esempio, ho trovato cinematograficamente ottimi i titoli di testa che scorrono accompagnati da uno struggente fado interpretato da Carminhomentre si vede la psicologa (Joana de Verona) che passeggia nei pressi di un faro in cima ad una tipica falesia della costa Atlantica, per poi farla riapparire nuotando davanti ad una spiaggia di Rio. Simili immagini concluderanno il film.
Le transizioni sono buone, i personaggi credibili oltre ad essere ben interpretati e descritti per quanto necessario. Brave entrambe le protagoniste, certamente più convincente Grace Passô (l’ascensorista).
Più che consigliato.

150  Las niñas bien (Alejandra Márquez Abella, Mex, 2018) * con Ilse Salas, Flavio Medina, Cassandra Ciangherotti * IMDb  7,2  RT 88% 

Film senza infamia e senza lode, con una trama che potrebbe essere adattata a qualunque società, in qualunque epoca. Descrive, a prescindere dalla intrinseca pochezza morale degli arricchiti, la loro rapida decadenza non appena, per un qualunque motivo, non hanno più potere economico e non possono (perché non sanno) rinunciare a tutto ciò che è stata la loro routine di apparenza, falsità, esibizionismo. A causa di una crisi economica varie "signore" si trovano in difficoltà e cominciano a comportarsi in modo più che anormale, mentre alcuni mariti hanno reazioni ancora peggiori. Praticamente niente di nuovo sotto il sole, film decentemente costruito ed interpretato sulla base di una sceneggiatura comunque debole. 
Non malvagio in quanto mostra molte verità, ma appena sopra la sufficienza.  

148  Il colpevole  (Gustav Möller, Sve, 2018) tit. int. “The Guilty”  tit. or. “Den skyldige”  * con Jakob Cedergren, Jessica Dinnage, Omar Shargawi * IMDb  7,5  RT 99%

Ero scettico, ma non prevenuto, sapendo che si trattava di un film interamente girato nei locali di un commissariato della polizia di Copenaghen nei quali si gestiscono le emergenze. Pochi buoni twist non bastano a salvare questo film, praticamente giudicabile solo sulla base della sceneggiatura visto che non c’è azione e gli spazi sono limitati.
Mi sembra che nella storia ci siano troppe falle e forzature, che ovviamente non riporto per evitare spoiler. Una cosa è certa, sembra incredibile che un centralinista addetto alle emergenze, oltre ai suoi problemi (ben presto evidenti, vengono chiariti a poco a poco) abbia riflessi da bradipo (senza offesa per tali simpatici mammiferi) e non le idee assolutamente poco chiare su come gestire la complicata situazione, che si ostina a fronteggiare quasi da solo.
Il protagonista Jakob Cedergren (il poliziotto centralinista) non è male ma la parte che gli è stata affidata non regge e, nel complesso, cinematograficamente parlando non c’è molto di più.
Non capisco l'entusiasmo di numerosi "critici" nei confronti di questo regista (e co-sceneggiatore) al suo primo lungometraggio.
Non lo consiglio, suggeriscono di scegliere altro. 

Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog. 

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