lunedì 14 gennaio 2019

4° post cumulativo di micro-recensioni 2019 (16-20)

Ho iniziato questa quarta cinquina con tre film giapponesi molto diversi fra loro, due degli anni ’60 (uno diretto da un regista classico ma molto eclettico, Kobayashi, e l’altro da uno d’avanguardia, il solito Masumura) mentre l’ultimo è dell’inizio di questo secolo, diretto da Hirokazu Koreeda (ora sulla bocca di tutti per aver diretto Shoplifters) e l’ho completata con due più che piacevoli sorprese. Eccoli in ordine di mio gradimento.

    
  
19  Paradise (Andrey Konchalovskiy, Rus, 2016) tit. or. “Ray” * con Yuliya Vysotskaya, Christian Clauss, Philippe Duquesne, Peter Kurth * IMDb  7,0  RT 70%  * Leone d’Argento per la regia, Nomination Leone d’Oro a Venezia 2016
Dopo un avvio lungo, lento e un po’ spiazzante, che tuttavia alla fine appare assolutamente giustificato, Paradise prende quota e con un montaggio solo apparentemente confuso, che include flashback alternati a "interviste" e vita reale, giunge a un ottimo finale. Altra particolarità di questo film è l'ottimo bianco e nero che si distingue dai soliti per essere spesso volutamente sovraesposto e perfino le dissolvenze sono al bianco e non al classico nero. Anche le "interviste" sono a ragion veduta montate come una semplice sequenza di spezzoni che si interrompono repentinamente, e particolare è anche l'inserimento di quelli che sembrano dei fine bobina. Anche le interpretazioni di Yuliya Vysotskaya, Christian Clauss, Philippe Duquesne nei panni dei tre protagonisti sono più che convincenti.
Secondo me è uno di quei buoni film giudicabili solo alla fine della visione poiché si ha bisogno di tutti i pezzi per trovare la quadratura, per comprendere i personaggi e il motivo delle “interviste”.
Nonostante la struttura quasi da film sperimentale, è da non perdere.

16  The Inheritance (Masaki Kobayashi, Jap, 1962) tit. or “Karami-ai” con Keiko Kishi, Tatsuya Nakadai, Sô Yamamura *  IMDb 7,5
Altro ottimo film di Kobayashi, girato fra i suoi due capolavori: The Human Condition (1961, IMDb 8,8) e Seppuku (1962, aka Harakiri, IMDb 8,7  RT 100%). Non a caso è inserito nella collezione Criterion.
Il regista, uno dei membri del cosiddetto Yonki no Kai (Club of the 4 Cavalieri, con Akira Kurosawa, Keisuke Kinoshita e Kon Ichikawa), dirige alla perfezione questo adattamento del romanzo di Norio Nanjo, facendone un film non solo drammatico (come classificato da IMDb) ma un ottimo noir moderno giapponese. Infatti, sono in molti ad ambire alla ricca eredità di un magnate che sa di dover morire entro un anno e alleanze, bugie, tentativi di truffa e minacce si susseguono a ritmo vertiginoso e, ovviamente, con molti colpi di scena.
Più che consigliato, ma non dimenticate di guardare anche gli altri due succitati lavori di Kobayashi.

      

17  La casa degli amori particolari (Yasuzô Masumura, Jap, 1964) tit. or “Manji” tit. int. “Passion” * con Ayako Wakao, Kyôko Kishida, Eiji Funakoshi, Yûsuke Kawazu  *  IMDb 7,1
Altro originale film di Masumura, con una singolare trama che passa da una infatuazione fra due donne (di età e ceto diversi) a un quasi triangolo che strada facendo cambia un vertice. Fra dominazione, perdita di senso comune e ricatti, spesso lo spettatore viene sviato e sorgono dubbi in merito a chi sia la vera vittima e a chi persegue fini illeciti, senza essere chiaro come e quali siano. Per quanto a tratti incredibile, la dipendenza quasi totale per "amore" è fatto ben noto e, purtroppo, incontrovertibile ... e questo è il tema ben proposto dal film.
Nonostante l’ennesimo fuorviante titolo italiano (a dir poco creativo), è un film che merita senz’altro una visione.

20  The Great Flamarion (Anthony Mann, USA, 1945) tit. it. “La fine della signora Wallace” * con Erich von Stroheim, Mary Beth Hughes, Dan Duryea * IMDb  6,6 
Appena notato il volto di Eric von Stroheim sulla copertina del dvd, non ho esitato a prenderlo, anche contando sul fatto che il regista fosse Anthony Mann. Uno strano film noir degli anni ’40, che tuttavia si “suicida” partendo dalla fine e poi iniziando la narrazione degli eventi precedenti in un unico lungo flashback. Attori principali di livello con von Stroheim perfetto nel personaggio del tiratore infallibile Flamarion (ma lo preferisco senz’altro come regista), Dan Duryea nel ruolo di un alcolizzato poco di buono (inusuale per lui) e Mary Beth Hughes nei panni di un’artista fallita ma mangiauomini ne fanno un buon film, ma non capisco la decisione di eliminare la suspense anticipando il finale.
The Great Flamarion (tanto per cambiare distribuito in Italia con titolo ridicolo) è uno dei primi noir diretti da Mann ma nonostante il buon cast resta un film poco conosciuto anche se quasi tutti gli amanti del genere lo apprezzano e lo reputano ampiamente sottovalutato.
Da guardare.

18  Distance (Hirokazu Koreeda, Jap, 2001) * con Arata Iura, Yûsuke Iseya, Susumu Terajima  *  IMDb  7,1  RT 80%
Terzo film diretto da Hirokazu Koreeda, regista giapponese del momento per essere sulla bocca di tutti per aver diretto Shoplifters (2018, probabile candidato all’Oscar, ne ho parlato la settimana scorsa). Essendomi piaciuti i suoi precedenti film ero rimasto deluso dal suo più recente lavoro e lo sono ancor di più da questo Distance, di ormai quasi 20 anni fa. L’ho trovato slegato e confuso, con dialoghi vaghi, assolutamente non coinvolgente nonostante la drammaticità degli avvenimenti. 
Se vi piacesse Shoplifters (il più facile da guardare in questi mesi al cinema) cercate di recuperare Little Sister (2015) e, in seconda battuta, anche Like Father, Like Son (2013) e After the Storm (2016), tutti e tre secondo me senz’altro migliori.

I film sono disposti in ordine di (mio) gradimento, il numero indica solo l'ordine di visione. In attesa di importarle nel mio sito, e finché Google+ rimarrà attivo, si può accedere a tutte le altre micro-recensioni cliccando sui poster in queste pagine

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