10 Elettra, amore mio (Miklós Jancsó, Ung, 1974) tit. or. “Szerelmem, Elektra” * con Mari Töröcsik, György Cserhalmi, József Madaras * IMDb 7,1
Nomination Palma d'Oro a Cannes
Nomination Palma d'Oro a Cannes
Questo fu il film di Jancsó che più mi colpì oltre 40 anni fa e che ho rivisto con estremo piacere. Ennesima rivisitazione del mito di Elettra, questa volta ripreso da un'opera teatrale di László
Gyurkó del 1968 che ovviamente si rifaceva alle tragedie greche di uguale argomento. Come in molti altri film del regista magiaro, in particolare quelli del primo periodo, molte se non tutte le scene sono ambientate nella puszta ungherese nella quale si muovono decine e decine, se non centinaia, di comparse e di cavalli, montati o allo stato brado. Questi grandi movimenti rappresentano la chiave dei 12 piani sequenza con i quali Jancsó ha composto l'intero film. Al fascino della rappresentazione e dei continui movimenti di macchina si aggiunge un testo estremamente interessante con tanti riferimenti al potere, guerra, rivoluzione, tradimenti, assassini.
Assolutamente consigliato.
9 L'armata a cavallo (Miklós Jancsó, Ung, 1967) tit. or. “Csillagosok, katonák” tit. int. “The Red and the White” * con József Madaras, Tibor Molnár, András Kozák * IMDb 7,8 RT 92%
Viene spesso giudicato uno dei migliori film di Jancsó ma per apprezzarlo a dovere si dovrebbero conoscere abbastanza bene le vicende dei "rossi" (bolscevichi e rivoluzionari) e dei "bianchi" (zaristi e nazionalisti) che furono anche appoggiati da vari governi stranieri. Questo contrasto è evidenziato anche nel titolo originale, tradotto correttamente in tutte le lingue tranne che in italiano!
I continui capovolgimenti di fronte e la costante del punto di vista magiaro rendono un po' confusi gli avvenimenti, ma anche in questo caso vale quanto scritto in precedenza a proposito di "Elettra", il modo di dirigere di Jancsó,la sua scelta di inquadrature e la fluidità dei piani sequenza sono un piacere per qualunque cinefilo, e poco conta il discorso politico. Anche questo da non perdere.
6 Giganti e giocattoli (Yasuzô Masumura, Jap, 1958) tit. or. “Kyojin to gangu” * con Hiroshi Kawaguchi, Hitomi Nozoe, Osamu Abe * IMDb 7,5
Altro film molto originale di Masumura. Completamente
distinto dallo stile classico di pochi anni prima, mostra un altro aspetto del
Giappone, il mondo del marketing nel quale irrompono giovani rampanti la cui
"morale" dipende solo ed esclusivamente dal "dio denaro".
Esplicitamente ammettono, e sostengono, che nella moderna società nipponica ciò
che contano sono solo potere e yen, dimenticandosi dell'onestà e tradendo
perfino gli amici. Ovviamente, non tutti quelli delle generazioni precedenti
sono d'accordo. Appena nel suo secondo anno di attività, questo è già il quinto
film di questo regista dell’avanguardia nipponica, una new wave trasgressiva e spesso
al limite dello sperimentale. Ancora una volte colpisce il suo stile snello,
con montaggio rapido, scene sempre essenziali sia come composizione sia per
significato.
7 Blind Beast (Yasuzô
Masumura, Jap, 1969) tit. or. “Môjû” * con Eiji Funakoshi,
Mako Midori, Noriko Sengoku * IMDb 7,3
In questo film ci sono quasi esclusivamente due personaggi: uno scultore
cieco ed una modella. A mio parere Masumura esagera
nella parte finale (per evitare spoiler non dirò il perché) ma tutto il precedente, specialmente le scene che si
svolgono nello studio dell’artista, sono da manuale. Molto conta la scenografia
dell’interno del capannone dalle cui pareti sporgono vari elementi del corpo
umano replicati in varie forme, posizioni e dimensioni. Un settore con tanti
nasi, un altro con occhi, e poi bocche, gambe, braccia, orecchie ... e al
centro due enormi corpi femminili distesi.
Di recente Masumura è stato rivalutato anche a
livello internazionale, promosso ufficialmente dall’istituto culturale giapponese (suggerisco di leggere il suo profilo su Rotten Tomatoes). Una delle sue più emblematiche dichiarazioni fu: My goal is to create an exaggerated depiction
featuring only the ideas and passions of living human beings. In Japanese
society, which is essentially regimented, freedom and the individual do not
exist. The theme of Japanese film is the emotions of the Japanese people, who
have no choice but to live according to the norms of that society . . . After
experiencing Europe for two years, I wanted to portray the type of beautifully
vital, strong people I came to know there.
8 Sono venuto così (Miklós Jancsó, Ung, 1965) tit. or. “Így jöttem” tit. int. “My Way Home” * con András Kozák, Sergey Nikonenko, Béla Barsi * IMDb 7,7
Dei 3 film di Jancsó del gruppo, questo è quello che mi è piaciuto meno in quanto mi è sembrato slegato ed alcuni avvenimenti e comportamenti (azioni che certamente avevano una spiegazione, per quanto discutibile) sono difficili da comprendere a chi sa poco di storia russa e ungherese. Considerato che
Questa poche chiarezza (per i non ungheresi) e qualche indecisione si può anche attribuire al fatto che questo fu il quarto film diretto dal regista e che si riferiva ai tanti sbandati che alla fine della guerra (appena 20 anni prima) vagavano quasi senza meta, certamente senza comando. Pur essendo un buon film, comparato agli altri due visti a distanza di poche ore è senz'altro più "grezzo".
Spero di riuscire a riorganizzare le micro-recensioni degli anni precedenti importandole nel mio sito. Per ora, e finché Google+ rimarrà attivo, vi si può accedere cliccando sui poster inseriti in queste pagine
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