Gruppo non convenzionale, in cui il “genere” ha la sua importanza: tre film sono diretti da donne (due fra le poche indiane cineaste del secolo scorso e uno è di 10 anni fa, diretto dalla prima regista ufficiale dell’Arabia Saudita). Dei rimanenti 2, ancora uno è indiano, diretto da un’icona della locale comunità queer, sempre dichiaratamente dalla parte degli LGBT, e l’altro è un famoso film americano che propose (abbastanza esplicitamente) uno stupro omosessuale maschile.
Wadjda (Haifaa Al-Mansour, SAU, 2012)
Dall’anticipazione è chiaro che si tratta di un esordio, per niente facile … pensate che Haifaa Al-Mansour fu costretta a dirigere le scene esterne con una presenza eccessiva di uomini da un van posizionato nelle vicinanze, avendo accesso alle riprese trasmessele in diretta! Visto che le fu permesso di girare e che il suo film fu la proposta araba per gli Oscar c’è da credere che quando mostrato sia abbastanza vero e forse addirittura edulcorato. Si viene così a conoscenza delle rigide regole di una scuola femminile in merito ad abbigliamento e contatti, di cosa possono (e soprattutto NON possono) fare le donne, di cosa si può parlare e di cosa cambia nel privato. La protagonista è una ragazzina un po’ ribelle che, per ottenere i soldi per il suo ingenuo sogno proibito (La bicicletta verde, titolo italiano) accetta suo malgrado di partecipare ad una gara di recitazione di Corano. L’inusuale rapporto fra i suoi genitori, la frequentazione del suo amichetto, i suoi confronti con le sue compagne di scuola e la rigida preside forniscono una marea di spunti per mostrare (seppur molto vagamente) com’è complicata e limitata la vita delle donne arabe, anche quella che vivono in ambienti apparentemente benestanti e moderni. Fra i vari riconoscimenti, i più prestigiosi furono, la Nomination BAFTA a miglior film e 3 Premi a Venezia.
Deliverance (John Boorman,
USA, 1972)
Il libro di James
Dickey (1970) dal quale è tratta la sceneggiatura fu bandito per le scuole
e le biblioteche, in film (tit. it. Un tranquillo weekend di paura) fu parzialmente
censurato in vari paesi, ma ottenne comunque 3 Nomination Oscar (miglior film,
regia e montaggio). In breve, quattro amici dai caratteri e background molto diversi
si avventurano su due canoe nella discesa di un fiume a loro praticamente
sconosciuto e pieno di rapide, cateratte e, come di vedrà, altri pericoli. Film
molto difficile da girare nel quale i protagonisti si trovarono ad affrontare
notevoli sfide fisiche, in un ambiente ostile, a cominciare dalla temperatura
dell’acqua del fiume nella quale si trovavano spesso a mollo. Buona la prima ora, esagerate le scene di naufragio e scalata (quasi un'americanata, in sostituzione dei soliti inseguimenti ...) e buona anche la parte psicologica degli accesi confronti fra i partecipanti alla spedizione, che inizia nella prima parte e si protrae fino al termine.
Il film ebbe
ulteriore fama per il pezzo musicale inserito nei primi minuti: Dueling Banjos, che incredibilmente rimase in testa alle classifiche per varie
settimane.
Dahan (Rituparno Ghosh, Ind, 1998)
Iconico cineasta
indiano (1963-2013), regista, attore, scrittore e poeta, figlio di Sunil
Ghosh, documentarista, regista e pittore. Storia ambientata oltre 20 anni
fa a Calcutta e tuttavia attualissima che, purtroppo, si ripete con modalità
solo leggermente diverse in molte parti del mondo. Una giovane sposa viene
molestata una sera in pieno centro, nonostante la presenza del marito, fra
l’indifferenza generale. L’unica ad intervenire in sua difesa è un’altrettanto
giovane insegnante che riesce ad evitare il peggio. Seguono denuncia, arresto
dei 5 colpevoli e quasi immediato loro rilascio, essendo rampolli di famiglie
influenti. Questo è solo il preambolo, il seguito è il vero argomento del film;
infatti, questi eventi provocano una crisi coniugale nella coppia, rovinano i
rapporti della ragazza sia con i genitori che con i suoceri (con i quali
convivono) ed hanno conseguenze anche nella famiglia della loro salvatrice
e nei rapporti di questa con il suo fidanzato. Vengono quindi esposti i vari
punti di vista e modi di essere di tre generazioni diverse della società
borghese indiana in quel periodo di transizione, quando dell’indipendenza delle
donne se ne parlava era ancora lontana dall’essere accettata.
Katha (Sai Paranjape,
Ind, 1983)
Ho letto che
questa commedia della regista Sai Paranjape (classe 1938) è una delle
più apprezzate dell’epoca ed in effetti riesce a dare, con una buona dose
d’ironia, un’idea della vita in un chawl, tipico caseggiato a corte
interna di un secolo fa nell’India occidentale, con decine e decine di
miniappartamenti, accessibili tramite le lunghe balconate comuni. Se da un lato
la privacy era molto limitata, i residenti avevano il vantaggio di vivere in una
comunità nella quale (in linea di massima) tutti si aiutavano ed erano
partecipi di gioie e disgrazie dei vicini. In questo ambiente si dipana la
storia di un onesto giovane impiegato innamorato di una vicina. Purtroppo per
lui, all’improvviso si presenta a casa sua (e ci si installa) una sua vecchia
conoscenza che si dimostra essere un truffatore e millantatore senza scrupoli
e, per di più, circuisce la ragazza. La morale viene connessa in modo esplicito
con la favola della lepre e la tartaruga, e commentata da un’anziana che la
narra ad una bambina, all’inizio e alla fine del film. Al lato dei pochi veri
protagonisti, compaiono tanti personaggi singolari fra i quali arricchiti e
poveri, anziani invalidi e bambini, donne intriganti e tuttofare.
Paromitar Ek Din (Aparna Sen, Ind, 2000)
Spaccato dei
problemi conseguenti alla vita delle donne nella famiglia dei suoceri. In
questo caso gli attriti della protagonista, soprattutto con suocera e marito,
vengono accentuati dalla presenza di una nipote maltrattata per i suoi evidenti
limiti psichici e conseguenti alla nascita di un figlio spastico. La svolta si
ha in seguito al divorzio, in quanto il rapporto fra suocera e nuora avrà
ulteriori sviluppi.
Nessun commento:
Posta un commento