Primo film scelto quasi a caso, poi ho seguito per l’ennesima volta la pista noir, avendo trovato su archive.org un’interessante lista di film che contano sulla partecipazione di cineasti di tutto rispetto, sia per la regia (due sono diretti da William Wyler, con complessive 11 Nomination, ma ci sono anche Samuel Fuller e Otto Preminger) che per gli interpreti (Kirk Douglas, Bette Davis, Charles Boyer, …).
Detective Story (William Wyler, USA, 1951)
Praticamente un
turno in una stazione di polizia, dove succede un po’ di tutto e dove arrivano
delinquenti abituali e ladri quasi innocenti, alla prima esperienza. Il
personaggio principale è un detective tormentato e violento (Kirk Douglas),
a stento tenuto a bada dal tenente e dai colleghi. Per il resto è un film che
si potrebbe definire corale, con una svampita ragazza al primo piccolo furto,
una coppia di ladri professionisti (uno dei quali quasi fuori di testa con
ampia gestualità e parlata italoamericana), un ladro per amore e alcuni personaggi
di passaggio fra i quali un’anziana mitomane. Buona anche la caratterizzazione
del personale del precinct, dal sergente al factotum che si occupa anche
delle pulizie. Il dramma personale si alterna a scene quasi da commedia, discorsi
legali a minacce, dichiarazioni d’amore a delazioni. Nel variegato e buon cast,
prevalentemente maschile, si distinguono anche tre brave attrici, due delle
quali ottennero la candidatura per l’Oscar (Eleanor Parker protagonista,
Lee Grant non protagonista), altre due Nomination andarono alla
sceneggiatura e alla regia di William Wyler.
The Letter (William
Wyler, USA, 1940)
Per l’ambientazione
malese (tit. it. Ombre malesi) e sviluppo della storia, ho ipotizzato subito
che fosse l’adattamento di uno dei tanti lavori di Somerset Maugham … e
avevo ragione. In particolare quando si tratta di drammi con risvolti noir nei
posti del mondo cinematograficamente meno frequentati, Maugham è l’unico
che può competere con Graham Greene; ciascuno dei due ha fornito
materiale per oltre 100 film più o meno buoni a seconda di registi e cast ma
sempre affascinanti per soggetti derivanti dai loro lavori teatrali, short
stories e romanzi. Il film si apre con la protagonista che crivella di colpi un
uomo sulla veranda della casa padronale nella piantagione di caucciù. Il suo
avvocato (amico di famiglia) con il suo collaboratore faranno il possibile per
farla assolvere sostenendo la legittima difesa, ma nel corso delle indagini verranno
alla luce vari retroscena, confermati dalla lettera citata nel titolo. Anche
questo film di William Wyler fu pluricandidato agli Oscar, con ben 7
Nomination ma nessuna statuetta (miglior film, regia, Bette Davis
protagonista, James Stephenson non protagonista, fotografia, montaggio e
commento sonoro).
Park Row (Samuel Fuller, USA, 1952)
Il regista,
sceneggiatore, scrittore e giornalista Samuel Fuller, noto per le sue
idee poco convenzionali, in questo film riesce a mettere insieme storia,
finzione e realtà nel mondo del giornalismo, con l’attacco spietato di una
testata storica a un piccolo nuovo giornale indipendente, l’invenzione della
linotype, l’arrivo della statua della Libertà a New York. Inizia quasi come una
commedia piena di buone intenzioni con i buoni ideali che si scontrano con l’arroganza
dei potenti a parole e sui giornali, ma ben presto si assiste ad una escalation
di violenza materiale, anche fisica, con tipici metodi da gangster. Nella
sostanza appare un po’ troppo favoletta, seppur violenta, con tanti discorsi
elogiativi del valore della stampa e della sua indipendenza.
The 13th Letter (Otto
Preminger, USA, 1951)
Remake americano
del classico francese Le corbeau (1943, diretto dall’ottimo Henri-Georges
Clouzot), ma non basta la sapiente direzione di Otto Preminger a
realizzare qualcosa di simile qualità. Una piccola cittadina canadese viene
invasa da lettere anonime che svelano supposte relazioni clandestine fra alcune
ben conosciute persone, ma il solo elemento comune è sempre il dottor Pearson,
da poco giunto da Londra, con un passato misterioso. Sembra che tutto sia teso
a fargli abbandonare il lavoro e la città e i sospetti si concentrano a turno
su colleghi e varie donne. Passabile, mi ha fatto venir voglia di guardare di
nuovo l’originale francese …
Stranger on the Third Floor (Boris
Ingster, USA, 1940)
In questo gruppo
sfigura in modo estremamente evidente, sia per la sceneggiatura che per le
interpretazioni e la regia. Pessima la rappresentazione dell’incubo del
protagonista e perfino Peter Lorre non riesce a convincere nel suo
ridottissimo ruolo. A tal proposito, pare che la sua partecipazione fu quasi
forzata in quanto doveva alcuni giorni di riprese alla RKO, che così ne
approfittò per utilizzare il suo nome a fini pubblicitari; il film fu comunque
un fiasco al botteghino. Con tanti noir dell’epoca, buoni anche se considerati
di serie B rispetto ai classici, questo si piò tranquillamente evitare.
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