Praticamente 5 noir, due dei quali uniti da nome e soggetto e uno di essi è collegato ad un altro per ruolo della cattiva stampa (quella scandalistica) che ad arte accende gli animi diffondendo notizie più o meno distorte e/o voci non confermate.
Fury (Fritz Lang, 1936, USA) tit. it. Furia
Primo film di Lang
oltreoceano, con un tema che qualcuno vuole assimilare a quello di M – il
mostro di Dusseldorf (1931) anche se il delitto in questione è di
differente tipo. Il lingiaggio al quale si assiste non è di quelli visti e
rivisti in tanti film, di stampo razzista, portati a termini per strada o
casomai di notte con tanto di incappucciati e croci in fiamme. Qui sono tutti
bianchi e si tratta semplicemente di feroce vendetta verso un sospettato,
ancora non processato e tantomeno colpevole. Sembra singolare che le immagini
che vengono proposte per descrivere l’assalto alla prigione al centro della
cittadina somiglino tanto a quelle viste in tutto il mondo neanche un anno fa,
con una massa di esagitati (donne comprese) che hanno la meglio su uno sparuto
gruppo di tutori della legge e distruggono tutto ciò che trovano (visto anche
in Italia poche settimane fa). In 85 anni niente è cambiato ed il protagonista
Joe Wilson (Spencer Tracy) ha perfettamente ragione quando afferma: The
mob doesn't think. It has no mind of its own. (La folla non pensa. Non ha
una sua propria mente). Nomination Oscar per la sceneggiatura.
The Sound of Fury (Cy Endfield,
1950, USA) aka Try and Get Me! - it. L'urlo della folla
Il regista fu uno di quelli che a causa del maccartismo decise di venire oltreoceano (in UK) per continuare a lavorare alla luce del sole, mentre altri abbandonarono la professione o operarono sotto falso nome (fra i più famosi il regista Edward Dmytryk e lo sceneggiatore Dalton Trumbo), percorso inverso a quello che effettuarono tanti mitteleuropei (specialmente se di origine ebrea) negli anni ’30 e, per nostra fortuna, migliorarono la qualità media dei prodotti hollywoodiani. Prima di dirigere i suoi primi corti Cy Endfield ebbe occasione di apprendere molto da Orson Welles il quale si era interessato a lui per la sua abilità nella micromagia, arte della quale era appassionato. Questo è il secondo e ultimo lungometraggio USA ed ha in comune il soggetto con l’appena commentato Fury: un linciaggio moderno, con assalto alla prigione del distretto di polizia. In questo caso buona parte della colpa viene attribuita a giornalista che, pur senza elementi certi, aizza i più facinorosi che a loro volta scaldano gli animi della folla.
Scandal Sheet (Phil Karlson, 1952, USA) tit. it. Ultime della notte
Sono sempre
stato affascinato dai tempi della stampa americana, cioè dai quotidiani che in
presenza di notizie fresche e di interesse delle masse (specialmente quelle
scandalistiche) stampavano più edizioni al giorno per poi mandarle subito in vendita
con l’aiuto degli strilloni. Un giornale di questo tipo ha un nuovo redattore
capo privo di scrupoli che mira solo ad aumentare le vendite, contro l’opinione
dei tradizionali proprietari ma appoggiato da aspiranti giornalisti rampanti.
Le cose si complicano quando lui stesso si troverà invischiato per puro caso in
una storia da prima pagina. Buon noir non convenzionale.
Somewhere in the Night (Joseph L.
Mankiewicz, 1946, USA) tit. it. Il bandito senza nome
Soggetto
apparentemente semplice: un militare torna dal Pacifico con una amnesia totale;
ha solo un nome e pochissimi indizi per ricostruire la propria identità. La sceneggiatura
diventa così molto intricata, piena di sorprese e con tanti personaggi che
mentono continuamente e a ragion veduta in quanto sono in ballo 2 milioni di
dollari, scomparsi tre anni prima. Quasi nessuno è certo della vera identità
degli altri e ancor meno sono chiari i loro ruoli. Nel corso del film aumentano
costantemente i misteri e i morti; una buona sceneggiatura originale scritta in
parte dallo stesso regista. Consigliato.
Don't Cry for Salim (Saeed Akhetar
Mirza, 1989, Ind)
Un piccolo delinquente
di basso livello, appoggiato da due compari più scalcagnati di lui, giustifica
le sue attività per aiutare la famiglia, con padre disoccupato e sorella da
sposare. Dopo aver disprezzato in un primo momento il possibile sposo (colto e
musulmano, ma con scarsi mezzi economici) si rende conto che molti dei propri
valori sono sbagliati. Tenterà di uscire dal giro e riabilitarsi con un lavoro
onesto ma, si sa, lasciare tale ambiente non è facile, in nessuna parte del
mondo. Come mostrato in molti altri film dell’epoca, la questione della
divisione fra hindu e musulmani, anche dopo la scissione del Pakistan (di
religione islamica) dall’India (hindu), è stato causa di attriti, ripicche e
anche tanti atti violenti. Nel film glia argomenti divisivi religiosi si uniscono
quindi a quelli della piccola criminalità che taglieggia anche i più poveri.
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