Due film della Nouvelle Vague usciti quasi contemporaneamente, ma agli antipodi fra di loro, e un indie americano diretto da un promettente regista figlio di immigrati iraniani fanno da contorno a uno dei capolavori muti di Fritz Lang: Il dottor Mabuse.
Dr. Mabuse, der Spieler (Dr. Mabuse, il giocatore) (Fritz Lang, 1922, Ger)
- Parte I: Der große Spieler. Ein Bild der Zeit (Il grande giocatore. Un quadro dell'epoca)
- Parte II: INFERNO. Ein Spiel von Menschen unserer Zeit (INFERNO. Un dramma di uomini della nostra epoca).
Un film emblematico dell’espressionismo tedesco degli anni ’20, diretto da Fritz Lang al suo apice artistico, subito dopo Destino (1921) e prima de I Nibelunghi (1924) e Metropolis (1927), una serie incredibile di pietre miliari del cinema. Seppur concepito come unico film, fu per lo più distribuito in due parti a causa delle sue oltre 4 ore di durata. Il personaggio del genio criminale trasformista è interpretato dall’iconico attore Rudolf Klein-Rogge che poi, ancora diretto da Lang, sarebbe stato King Etzel in I Nibelunghi e l’inventore in Metropolis. Il personaggio del Dr. Mabuse era stato creato appena l’anno precedente da Norbert Jacques, lussemburghese di nascita, naturalizzato tedesco. Quello del 1921 ebbe tale successo (mezzo milione di copie vendute) da spingere l’autore a scrivere altri romanzi con lo stesso protagonista. Nonostante la durata, il film risulta scorrevole e avvincete, con molta azione e tanti personaggi. Per lo stile dell’epoca è senz’altro ben interpretato e magistralmente diretto. Se appena sopportate i muti, questo è uno di quelli da non perdere.
Les demoiselles de Rochefort (Jacques Demy, 1967, Fra)
Stile diverso
rispetto al precedente Les parapluies de Cherbourg, stavolta ci
sono i dialoghi non cantati e anche le coreografie, quindi è più vicino ai
musical tradizionali. I numeri di ballo son ben distribuiti durante l’arco
dell’intero film e si svolgono sono soprattutto in esterni. La trama,
divertente, si sviluppa su una quantità di incontri mancati per poco, incontri
casuali, persone che inaspettatamente ricompaiono, persone che non sono chi
sembrano essere. Cast più che buono con una giovane Catherine Deneuve (ancora
23enne) protagonista anche del precedente musical di Demy) che balla
spesso con la sua gemella (ma solo nel film) Françoise Dorléac, con
due divi dei musical americani come Gene Kelly (che tutti conoscono) e George
Chakiris (Oscar in West Side Story) e l’immancabile Michel
Piccoli, sempre bravo. Se è piaciuto a me (e più del precedente) che
non sono amante di questo genere di film penso che possa piacere anche a tanti
altri.
Goodbye Solo (Ramin Bahrani, 2008, USA)
Buon indie
del giovane regista/sceneggiatore/produttore Ramin Bahrani, all’epoca
33enne e già alla sua quarta esperienza; attualmente conta ben 19 Premi e 20
Nomination, fra le quali quella per l’Oscar 2021 per la sceneggiatura (The
White Tiger). Di questo figlio di immigranti iraniani Roger Ebert
affermò "… è il nuovo grande regista americano". Trama molto
originale che vede impiegato un cast estremamente ridotto avendo come
personaggi principali un tassista senegalese chiacchierone e intraprendente e
un suo (inizialmente) cliente abbastanza depresso. Una parte minore, ma
relativamente importante, è affidata alla giovanissima Diana Franco Galindo
la quale, seppur brava, non ha continuato nella carriera artistica preferendo
impegnarsi nel sociale. Intreccio di storie di persone sostanzialmente sole,
non sempre per propria scelta. Premio FIPRESCI a
Venezia
2 ou 3 choses que je sais d'elle (Jean-Luc Godard, 1967, Fra)
Pur preferendo
senza dubbio Godard a Truffaut, devo ammettere che questo film
non è uno dei migliori del regista e certamente fra i meno notevoli dei
prodotti della Nouvelle Vague, movimento del quale i due furono i più
noti rappresentanti. Troppo parlare, con la flebile voce fuori campo quasi
fastidiosa, troppi sguardi in camera a mo’ di documentario. Non si può negare
che alcuni temi affrontati siano interessanti, ma non c’è continuità di storia,
né di concetti, né di personaggi. Certamente trascurabile nell’ambito di un
periodo che comunque è sempre stato, secondo me, sopravvalutato.
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