Dopo la digressione nel genere commedia (seppur western) in questa seconda cinquina Peckinpah affronta temi, epoche (dal 1881 all’epoca contemporanea) e ambientazioni molto diverse, non solo USA e non solo west, ma anche Messico e UK. Fra essi ce n’è addirittura uno nel quale la violenza si limita a qualche pugno e una rissa da bar e c’è anche il mio preferito, e da questo comincio.
Bring Me the Head of Alfredo Garcia (Sam Peckinpah, 1974, USA) aka Voglio la testa di Garcia
Nei primi minuti
sembra un western ambientato in una hacienda messicana a cavallo del secolo, ma
improvvisamente si scopre che è tutt’altra cosa e diventa un road movie
tendente alla commedia grottesca, con tanti personaggi e ancor più sparatorie. “Volere
la testa di qualcuno” è una espressione utilizzata di solito in senso figurato,
ma in questo caso c'è un jefe (Fernández) che la vuole
fisicamente come prova dell’eliminazione definitiva del giovane Alfredo e
quindi il discorso è ben diverso. Ma è solo il titolo italiano a creare
l'equivoco, in inglese è molto più chiaro e significativo traducendosi
letteralmente come "Portatemi la testa di Alfredo Garcìa", e
detta testa farà un lungo e travagliato viaggio per strade polverose e
desolate, in pueblos con fiestas e funerali, fra furti, agguati,
inseguimenti e sparatorie.
Il protagonista di
questa storia originale è il pianista Bennie, interpretato da Warren Oates,
un fedelissimo di Peckinpah che compare di solito in ruoli marginali, ma
qui promosso a primo attore. Il cast misto hollywoodiano/messicano è molto
ricco e fra quelli che hanno brevi ma sostanziali parti, ci sono anche guest
stars come Kris Kristofferson (l’anno prima protagonista con James
Coburn di Pat Garret & Billy The Kid dello stesso Peckinpah,
le star TV Robert Webber e Gig Young (Oscar per Non si
uccidono così anche i cavalli?, 1969) e, fra i messicani, il fedelissimo Emilio
Indio Fernandéz (stimatissimo regista, qui attore) e la sex symbol
dell’epoca Isela Vega oltre a tanti extra e comparse con un’infinità di bambini
messicani.
Non meraviglia
il fatto che, pur essendo stato un quasi fiasco al botteghino e anche poco
apprezzato dalla critica all'uscita, sia poi diventato un cult, definito
l'ultimo vero film di Peckinpah il quale dichiarò che questo fu l'unico
suo film uscito come lui lo aveva immaginato, quindi un director’s cut
senza interventi della produzione. Né meraviglia leggere che, per caratteristiche
e contenuti, Bring me the Head of Alfredo Garcia sia fra i film
preferiti in assoluto di registi come Tarantino, Lynch e Takeshi
Kitano. Da non perdere.
Film di tema
veramente diverso ed ambientato in epoca contemporanea in un paesino sulla
costa meridionale dell’Inghilterra, facendone un quadro per nulla lusinghiero.
L’apparente tranquillità dell’area rurale e del villaggio nel quale tutti si
conoscono, viene presto turbata dall’arrivo di un matematico americano con la
giovane e provocante (in entrambe i sensi) moglie, già residente nel paese.
Segue un crescendo di tensione e violenza, con minacce, stupri, omicidi e
tentativi di linciaggio. Film che fu molto criticato per tanta violenza, anche
perché sembrava più realistica, al contrario delle sparatorie esagerate dei
western precedenti. Inusuale il cast con Dustin Hoffman protagonista e
il resto inglese; Nomination Oscar per il commento sonoro.
Junior Bonner (Sam Peckinpah, 1972, USA) aka L’ultimo
buscadero
Si rimane nel
west e fra gli ultimi cowboy moderni, ma stavolta si tratta di quelli che
partecipano ai grandi rodei. Alla resa dei conti, i tantissimi dettagli, primi
piani, il solito rapido montaggio al quale si aggiungono le brevi scene ralenti,
lo rendono più simili ad un buon documentario che a una fiction. Ace Bonner, il
capofamiglia, sessantenne che ancora partecipa ai rodei, vuole emigrare in
Australia, la moglie (separata) è scettica, il figlio Curly (ricco
imprenditore) non lo aiuta, toccherà a Junior (Steve McQueen) tentare
di procurargli la somma necessaria guadagnandosela in un rodeo. Unico dei 10
film presi in esame a non mostrare armi e non includere morti … in compenso ci
sono una buona quantità di scazzottate.
Pat Garrett & Billy, the Kid (Sam Peckinpah, 1973, USA)
Mi sono sempre
chiesto come e perché Kris Kristofferson sia giunto alla corte di
Peckinpah. Non riesce ad andare oltre il suo sorrisetto insulso stampato sulla
faccia, qualunque sia la situazione. Oltretutto, in questo film è inevitabile (e
impietoso) il confronto non solo con star di Hollywood come James Coburn
e Jason Robards, ma anche con tanti altri usuali co-protagonisti utilizzati
da Peckinpah. Un altro che non fa una gran figura è Bob Dylan, il
quale ebbe una piccola parte nel film ma è ricordato e apprezzato per la
colonna sonora, il motivo portante è il famoso pezzo Knockin' On Heaven's
Door. Western più o meno classico, anche questo sostanzialmente road
movie, che si lascia guardare ma certamente non entusiasma.
The Getaway (Sam Peckinpah, 1972, USA)
Nello stesso anno Steve McQueen fu interprete dei suoi due film diretti da Peckinpah, ma con personaggi quasi del tutto opposti; dopo il cowboy sognatore con problemi famigliari diventa un rapinatore suo malgrado in fuga dai suoi associati. La sceneggiatura si rivela un po’ debole poiché non sarebbe pensabile che uno che passa per essere un professionista del crimine commetta una serie di imperdonabili errori. In quanto a insensatezze è ben coadiuvato da Ali MacGraw (la protagonista di Love Story, 1970, Arthur Hiller), abbastanza incapace sia come compagna che come attrice che infatti conta solo 10 film in carriera fra i quali anche un altro con Peckinpah: Convoy, con Kris Kristofferson (altro attore scadente). Il film si riduce ad un rocambolesco lungo inseguimento della coppia in fuga, portato avanti da vari gruppi di malviventi. Finale relativamente originale, ma anch’esso poco plausibile.
Nessun commento:
Posta un commento