Sull’entusiasmo derivante dalla visione
di Sayat Nova - Il colore del melograno, ho guardato gli altri 3
film imprescindibili di Parajanov, girati nell’arco di una 20ina di
anni. Ho completano questo gruppo con due film di lunghezza ridotta degli inizi
di Tarkovsky (considerandoli un’unica visione) e uno dei tanti
adattamenti dello shakespeariano Re Lear, ma di indiscusso
pregio.
Shadows of Forgotten
Ancestors (Sergei Parajanov, URSS, 1965)
The Legend of Suran
Fortress (Sergei Parajanov, URSS, 1985)
Ashik Kerib (Sergei Parajanov,
URSS, 1988)
Con questi 3 ho guardato quanto c’era
da guardare di Parajanov. Di solito gli sono accreditati 10 film, ma il
regista rinnegò quanto prodotto prima del ’65 (5 film in stile più o meno
tradizionale) definendolo “spazzatura” e l’ultimo non si dovrebbe prendere in
considerazione in quanto riuscì a girare solo parte di esso prima della morte.
Ne restano così 4, in parte simili per stile ambientazione, basati su leggende
e miti, fra il surreale e tableaux vivant, scenografie e location naturali,
coloratissimi costumi tradizionali, tanti animali, uso della luce in modo molto
espressivo colori forti e contrastanti, musica etnica. Per ognuno di essi si
potrebbe scrivere tanto e comunque resterebbero parti non sufficientemente
analizzate e molte altre misteriose o incomprensibili per i non esperti di tali
culture.
Aggiungo solo che il suo ultimo film
portato a termine Ashik Kerib (1988) mi è sembrato meno avvincente dei precedenti forse
perché con trama più comprensibile e lineare. Inoltre, rispetto agli altri c’è
una maggior continuità nella colonna sonora composta da brani musicali musica e
canti tradizionali visto che il protagonista che dà il titolo al film è un
menestrello, girovago per forza. Parajanov lo dedicò al suo amico Andrei
Tarkovsky, deceduto due anni prima a soli 54 anni.
Comunque ribadisco che sono tutti film
da guardare con attenzione, un piacere per gli occhi anche se non si riescono a
carpire tutti i significati e i simbolismi.
Re Lear (Grigoriy Kozintsev,
URSS, 1971)
Dramma shakespeariano molto ben messo
in scena, in affascinanti location. Girato in b/n e in formato 2.35:1, conta su
ottime interpretazioni di tanti attori di chiara origine teatrale. Al di là
dell’ottima tecnica, come è immaginabile risulta un po’ “pesante” non tanto per
la lunga e articolata storia quanto per l’eloquio aulico. Seppur adattato in
modo totalmente diverso, regge più che bene il confronto con la versione
nipponica di Kurosawa: Ran (1985).
Korol Lir, questo il titolo originale, fu l’ultimo dei soli 15
film diretti da Kozintsev in oltre 40 anni; il precedente era stato Gamlet
(Amleto, 1964) ancor più elogiato di questo ed evidentemente basato su
un’altra tragedia del famoso autore inglese. Mi dovrò mettere alla sua ricerca.
The Killers (Andrei Tarkovsky, Aleksandr Gordon, URSS, 1956)
Tarkovsky diresse due delle tre parti di questo corto di poco più
di un quarto d’ora ed interpreta il secondo cliente, suo cognato, il coregista Aleksandr
Gordon, diresse l’altro ed interpreta il barista, non è chiaro quale parte
abbia avuto la terza co-autrice Marika Beiku. Il filmato fu prodotto
mentre erano studenti Film Institute di Mosca e fu uno dei primi casi
dell’epoca in cui fu concesso di utilizzare un soggetto americano; è infatti
tratto da un racconto di Hemingway.
Violin and Roller (Andrei Tarkovsky,
URSS, 1961)
Mediometraggio di circa un quarto d’ora
nel quale già appaiono dei temi cari al regista: tanta acqua, riflessi e
specchio. Tuttavia, manca la pacata lentezza che sarà un marchio di fabbrica
per i successivi capolavori.
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