House of Strangers (Joseph L. Mankiewicz, USA, 1949)
Noir poco conosciuto e non del tutto allineato con i classici schemi di criminali o ingiustamente accusati in fuga, si tratta di un ottimo dramma all’interno di una famiglia di italoamericani a New York. Il capofamiglia (mirabilmente interpretato da Edward G. Robinson) ha creato una propria banca dal nulla, ma al limite dell’usura. I suoi 4 figli sono alle sue dipendenze, ma in posizioni molto diverse e il prediletto finirà in prigione. Gli scontri fra padre e figli, così come fra fratelli sono il tema conduttore di questo film nel quale anche le donne hanno la loro influenza sugli sviluppi del dramma. Chi guarderà la versione originale potrà apprezzare anche la rappresentazione realistica dell’ambiente, sottolineata da vari dialoghi in italiano e dall’accento italoamericano (vedi trailer). Consigliato.
Il grido (Michelangelo
Antonioni, Ita, 1957)
Antonioni (anche soggettista e co-sceneggiatore) presenta
una sequela di personaggi delusi, disillusi, pessimisti e disperati che si
incontrano, si lasciano e si ritrovano nei paesini popolati da braccianti e
operai nelle campagne fra Veneto e Romagna, mostrate quasi sempre sotto cieli
grigi e con tanto fango. Diretto con maestria, e non c’era da aspettarsi altro, descrive molto bene anche quei personaggi che hanno parti più brevi nella storia, ma non per questo meno significativi nel suo contesto.
Si sa bene che Antonioni non è per tutti ed anche in questo caso posso suggerirlo solo a chi lo sa comprendere e apprezzare.
Cronos (Guillermo del Toro, Mex, 1993)
Film d’esordio di Guillermo del Toro che tuttavia aveva già buona esperienza in campo cinematografico nel settore degli effetti speciali e trucco. Ben nota è la sua passione per i temi fantastici, horror e simili, coltivata fin da bambino … a 8 anni già produceva i suoi corti con la Super8 del padre. Non è certo al livello dei film che hanno reso famoso il regista, ma penso che Cronos sia sottovalutato (IMDb 6,7 RT 89%), specialmente se comparato con il suo amigo Cuarón che trovo assolutamente sopravvalutato, a partire dai suoi primi film … secondo me neanche Roma è la meraviglia che molti si ostinano ad osannare. Singolare il cast internazionale e i nomi attribuiti ai 3 protagonisti: l’argentino Federico Luppi è Jesus (Gesù), Claudio Brook (messicano, l’asceta di Simón del desierto di Buñuel, 1965) è il “cattivo” assistito dal nipote Angel De la Guardia (angel de la guarda = angelo custode) interpretato dall’americano Ron Perlman che dopo essersi fatto notare come Salvatore in Il nome della rosa (1986) era apparso in soli altri 2 film). La trama è abbastanza articolata e originale e conta su varie buone sorprese, nonché su una certa dose di humor nero; la direzione e più che buona così come gli effetti e il marchingegno creati dallo stesso Del Toro.
Interessante, certamente da guardare per gli amanti del genere.
Y tu mamá también (Alfonso Cuarón, Mex, 2001)
Come anticipato, non ho gran stima per Alfonso Cuarón, la settimana scorsa ho guardato il suo deludente film d’esordio (Sólo con tu pareja, 1991), ho voluto dare una seconda chance a questo suo quarto film, già guardato una decina di anni fa, prima che vincesse i suoi Oscar con Gravity e Roma. La mia opinione non è cambiata, l’ho trovato di nuovo un insulso soft-porn (forse neanche tanto soft), per gran parte del film i protagonisti (due viziati idioti figli di papà) se non fanno sesso ne parlano, a loro si aggiunge la più esperta e di 10 anni più grande Luisa (Maribel Verdú) e ben presto si trovano in sintonia. Cambia un po' verso la fine e la rivelazione conclusiva salva solo parzialmente la storia. Noiosa anche la voce fuori campo che commenta alcuni eventi e informa su ciò che è avvenuto in passato o avverrà a vari personaggi.
Trovo assolutamente esagerato il 7,6 di IMDb, il 92% di RT e ancor di più la Nomination Oscar per la sceneggiatura … sono sempre più convinto che il regista abbia “santi in paradiso”.
Hang 'em High (Ted Post, USA, 1968)
Poche parole per questo pretenzioso western, probabilmente prodotto pensando che bastasse la presenza di Clint Eastwood in quel momento sulla cresta dell’onda per aver appena concluso la trilogia di Sergio Leone. Senza molto senso, abbastanza mal girato, a metà strada fra western classico e spaghetti western. Molti lo ricorderanno con il titolo italiano Impiccalo più in alto. Da evitare.
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